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Falso in atto pubblico e abuso d’ufficio per Scopelliti

Di Gianluca Ursini il . Calabria

Falso in atto pubblico e abuso d’ufficio: giovedì 8 marzo è stato notificato al governatore calabrese Giuseppe Scopelliti avviso di conclusione indagini da parte della procura ordinaria di Reggio Calabria. I reati vengono contestati nell’ambito delle indagini sul cosiddetto “caso Fallara”, ovvero somme erogate indebitamente dall’ex dirigente Ufficio tributi e finanze del Comune dello Stretto.

Orsola Fallara si tolse la vita nel dicembre 2010 dopo delle tempestose dimissioni dall’incarico quando la stampa locale e un quotidiano nazionale diedero conto dei mandati di pagamento con i quali la dirigente si era auto-liquidata compensi superiori al milione di euro in due anni, extra compenso professionale, per rappresentare l’ente locale presso la Commissione tributaria, e per oltre 700mila euro elargiti all’architetto Bruno Labate per consulenze professionali mai svolte nel solo anno 2010. Labate ha in seguito rassegnato le dimissioni dal suo incarico ufficiale rivestito presso la regione Calabria e un mese or sono ha concluso un accordo con la Procua reggina per la restituzione integrale della somma indebitamente percepita, concordando un piano per il pagamento in tempi certi.

L’avviso di conclusione indagini è stato notificato all’allora sindaco reggino Scopelliti, ora presidente regionale, e ai tre componenti del collegio Revisori dei conti del comune, Carmelo Stracuzzi, Domenico D’Amico e Ruggero de Medici. Sul governatore calabrese i magistrati reggini indagano per falso ideologico in atto pubblico ed abuso d’ufficio per aver sottoscritto i mandati di pagamento che la dirigente delle Finanze cittadine si era auto-liquidata e che aveva conferito all’architetto Labate. Nel faldone delle indagini è stato acquisito dal 16 ottobre 2011 la relazione di tre periti della Procura sui conti comunali, gli stessi professionisti che hanno steso altra relazione sulla situazione delle casse reggine per conto del Ministero delle finanze.

Questi consulenti, dopo sei mesi a spulciare gli atti amministrativi hanno accertato, per i soli due anni sui quali dovevano indagare, altre manomissioni ed omissioni dei conti pubblici, per un ammanco totale di oltre 87 milioni di euro; cifre che potrebbero essere oggetto di illecito penale. Nella relazione al ministero economico invece, gli stessi professionisti, hanno svelato irregolarità nella redazione di bilancio per un importo quasi doppio nel periodo 2006 – 2010, il che porta il buco accertato da organi indipendenti, nei conti comunali, a 170 milioni di euro.

Nelle perizie depositate in procura quindi, sono indicate irregolarità contabili per i bilanci 2008, 2009 e 2010, divenute ora contestazioni di reato al governatore, che ne risponderà con i tre revisori dei conti che i bilanci certificarono. Nelle argomentazioni dei pm, vanno chiariti diversi pagamenti, per i quali sarebbe stato utilizzato un capitolo di spesa diverso, rispetto a quanto previsto nel regolamento comunale. Presunti illeciti addebitati alla dirigente defunta Fallara, in concorso con il sindaco. Per chiarire queste contestazioni, Scopelliti era stato convocato il 2 febbraio 2011 dalla procura e si era presentato per essere interrogato il 10 marzo successivo, accompagnato dal difensore Nico D’Ascola; la sua versione dei fatti venne resa ai titolari del procedimento, procuratori Sara Ombra e Francesco Tripodi  in presenza del procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza e del procuratore capo Giuseppe Pignatone.

Il succo della linea difensiva del politico era che per la quantità di atti che doveva visionare, non poteva avere contezza del contenuto di tutto quel che gli si chiedeva di firmare, tanto da aver potuto approvare disposizioni mai avrebbe autorizzato. “In qualità di sindaco ho firmato tantissimi atti e preciso che questi mi venivano sottoposti in notevoli quantità all’interno di faldoni sicchè li sottoscrivevo senza leggerne il contenuto, confidando ovviamente nella responsabilità e professionalità dei funzionari competenti”, le dichiarazioni rese; ossia l’attuale Governatore sarebbe stato buggerato dalla consulente, sua amica d’infanzia e da questi voluta con incarico fiduciario a reggere le redini di un comune da 200mila abitanti. Va precisato che le controparti politiche hanno a lungo vagheggiato che a Scopelliti venisse contestato anche il peculato, ossia un proprio personale lucro, che la Procura non ha invece ritenuto di contestare.

Scopelliti, quindi, non avrebbe approvato per personale profitto, ma sarebbe colpevole di omessa vigilanza sull’operato di una sua dipendente. Il governatore ha ora 20 giorni per presentare altre memorie a difesa, o essere interrogato di nuovo. Al termine di questo periodo, la procura, trapela dall’interno degli uffici giudiziari, ha intenzione di chiedere il rinvio a giudizio del politico. E non appare casuale che questo procedimento abbia questo sbocco circa due settimane dopo che Giuseppe Pignatone avrà già lasciato lo Stretto per guidare la Procura della Capitale; tra i magistrati era opinione corrente che il procuratore capo (che in Sicilia istruì il processo che ha portato dopo la Cassazione, in carcere l’ex governatore Totò “vasa vasa” Cuffaro) sia persona molto equilibrata, che non ama la spettacolarizzazione dei processi né le accuse che non abbiano più che fondate possibilità di reggere per tre gradi di giudizio.

Pignatone non ama che gli uffici giudiziari vengano messi in moto per processi che rischiano di finire su di un binario morto. Sarebbe per questo motivo, che il procedimento arriverà nella fase del rinvio a giudizio, quando l’ex procuratore capo sarà già seduto sulla poltrona più alta della procura di Piazzale Clodio in Prati.

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