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Il contrasto all’evasione europea

Di Rocco Artifoni il . L'analisi

Ovviamente ha ragione il Presidente del Consiglio Mario Monti, dicendo che “le mani in tasca agli italiani li mette chi evade”. Finora le stime oscillavano tra i 120 e i 160 miliardi di euro: si trattava delle mancate entrate nelle tasche del fisco italiano a causa del PIL “sommerso”, che era stimano tra i 300 e i 400 miliardi di euro. Ma uno studio inglese del Tax Research LLP, presentato alla vigilia del vertice europeo di inizio marzo, confermando che l’Italia detiene il record europeo dell’economia “nera”, ha aggiornato i dati disponibili: 418 miliardi di euro per il sommerso e 180 miliardi di conseguente evasione fiscale, cioè il 27% rispettivamente del PIL e dell’intero gettito fiscale. Da notare che ancora pochi mesi fa molte fonti autorevoli stimavano il “nero” al 18%.  

La ricerca inglese – come riporta “Il Sole 24 Ore” – è particolarmente interessante, al di là dei dati italiani che in fondo non stupiscono, per il possibile confronto con altri Paesi della Ue. Ad esempio, la situazione italiana è davvero paradossale, perché, pur avendo il debito più alto nella Ue, abbiamo anche un’enorme sacca di evasione, che – se svuotata – consentirebbe di appianare il debito più facilmente degli altri Paesi. Recuperando questi soldi, l’Italia potrebbe annullare il debito pubblico in poco più di 10 anni, mentre alla Germania ne occorrerebbero 13, alla Gran Bretagna 18 e all’Irlanda 21.  Sorprende anche il fatto che in Germania il sommerso sia stimato a 400 miliardi di euro, in termini assoluti di poco inferiore al livello italiano.

Anche le casse statali tedesche possono lamentare una mancata entrata di ben 159 miliardi di euro. La Francia segue con 121 miliardi, la Gran Bretagna con 74 e la Spagna con 73. Fatte le somme a livello europeo mancano oltre 1.000 miliardi di euro di entrate, 860 di evasione e 150 di elusione fiscale. “Dimezzare quei 1.000 miliardi entro il 2020, per stabilizzare i mercati finanziari, dare fiato all’economia europea recuperando entrate da destinare agli investimenti pubblici e al più rapido abbattimento dei deficit riducendo la stretta del rigore” è l’obiettivo indicato da Martin Schultz, neopresidente dell’europarlamento. Tornando in Italia, il Presidente del Consiglio Mario Monti ha recentemente reso noto che nel 2011 dalla lotta evasione sono entrate nelle casse del fisco circa 12 miliardi di euro, ma che in futuro si potrà fare di più. In effetti il 50% dei 180 miliardi evasi corrisponde a 90 miliardi di euro: in questa direzione il Governo Monti dovrebbe moltiplicare per 8 otto volte la propria azione di contrasto al sommerso.  Proprio la riunione del Consiglio d’Europa dell’1 e 2 marzo ha stabilito che ogni Paese dell’Ue debba ridurre il proprio debito pubblico per la parte eccedente il 60% del rapporto debito/PIL di un ventesimo all’anno. Per l’Italia, che ha un debito del 120%, significa ridurlo del 3% all’anno, cioè di circa 45 miliardi di euro. Ne consegue che non potremo limitarci al pareggio di bilancio, ma che a PIL invariato sarà necessario accantonarne il 3% da destinare alla riduzione del debito.

Tradotto in termini più concreti, significa approvare un’altra manovra “lacrime e sangue”, a meno che si vada a mettere le mani nelle tasche del vero tesoretto di cui l’Italia dispone e che non ha rivali in Europa: il bottino degli evasori. E 45 miliardi di euro sono esattamente un quarto del totale disponibile, soltanto la metà di quanto indicato da Martin Schultz per poter ridurre la “stretta sul rigore”. Mario Monti conosce così bene la politica economica europea da sapere che si tratta di una strada obbligata.  Resta comunque aperta una questione che riguarda il passato. Se in 10 anni l’Italia potenzialmente potrebbe azzerare il debito eliminando l’evasione fiscale corrente, dato che il debito pubblico si è creato anche a causa dell’evasione, si potrebbe azzerare il debito immediatamente, andando a recuperare i soldi sottratti al fisco negli ultimi 30 anni. Non è impossibile, anzi.

Basterebbe confrontare i redditi degli ultimi decenni di ciascun contribuente (il fisco italiano è già in possesso di questi dati) con il patrimonio attuale al netto delle eredità ricevute, cioè verificare la congruenza tra guadagni dichiarati e ricchezza effettivamente posseduta. In altre parole, fare per tutti (par condicio) un accertamento simile a quello che la Guardia di Finanza applica ai contribuenti controllati nei recenti blitz. Ci sarà sicuramente chi griderà contro il controllo fiscale dello stato verso i liberi cittadini. Ma a costoro occorre ricordare quanto dichiarò già nel 1949 Ezio Vanoni, Ministro delle Finanze del Governo De Gasperi : «Il fenomeno dell’evasione fiscale oggi si verifica su di una scala preoccupante e compromette un’equa ripartizione dei carichi tributari. In una simile situazione la pressione tributaria diviene vessatoria e veramente insopportabile per gli onesti e per le categorie dei contribuenti che non possono sfuggire all’esatta determinazione dell’imposta per motivi tecnici». “Se la parola giustizia fiscale ha un senso, bisognerebbe anzitutto recuperare i soldi dell’evasione pregressa e restituirla agli onesti. Tecnicamente si chiama “imposta patrimoniale” basata su un’aliquota personale congrua. Purtroppo, al momento, non sembra che sia all’ordine del giorno né del Parlamento né del Governo.

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