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Sdisonorate, le mafie uccidono le donne

Di redazione* il . Calabria, Lazio

La prima assassinata è del 1896, le ultime di pochi mesi fa. Sono le donne ammazzate dalle mafie. Le abbiamo volute raccogliere tutte dentro questa pubblicazione “Sdisonorate”. È la prima volta che accade. Una ricerca, certamente parziale, che tuttavia vuole essere uno stimolo per una discussione pubblica e una mappa conoscitiva su un tema difficile e contraddittorio come quello del rapporto tra donne e mafia.
Che diventa sempre più centrale, che troppo poco finora è stato indagato. Che in questi mesi comincia a trovare spazi. Finalmente. Un dossier che serve innanzitutto a sfatare un’assurda credenza: che i clan in virtù di un presunto codice d’onore non uccidono le donne. La storia dimostra il contrario: le donne – innocenti o dissidenti o senza la forza di uscire dal giogo mafioso – uccise dalle mafie sono più di 150.Sono morte per l’impegno politico, sono rimaste vittime di delitti d’onore, sono state suicidate, sono state oggetto di vendette trasversali, sono morte per un accidente, sono rimaste incastrate dentro una situazione familiare e mafiosa da cui non sono riuscite a uscire. Le abbiamo tenute insieme perché sono tutte morti riconducibili ad una causa originaria: il sistema criminale e socio-culturale delle mafie.
Nel racconto delle storie – di poche righe – s’è è deciso di adottare il criterio cronologico. Un modo per mettere al centro l’aspetto del “genere” rispetto alla provenienza geografica della vittima o alla specificità del contesto culturale delle diverse organizzazioni mafiose. La ricerca è stata fatta a partire dall’elenco delle vittime stilato da Libera e dal libro “Dimenticati” di Danilo Chirico e Alessio Magro. Si è poi arricchita incrociando diverse fonti, tra cui gli archivi multimediali e gli archivi web dei giornali. L’approfondimento è stato realizzato consultando siti e libri, elencati nella bibliografia. Molte storie certamente ci saranno sfuggite: per tutti quindi l’invito a completare il lavoro iniziato, che non ha certo la pretesa di essere esaustivo.
“Sdisonorate” ha anche una seconda parte e un’appendice. Sono state fatte delle interviste a Rita Borsellino e Angela Napoli, politiche impegnate sul fronte antimafia, e alla giornalista Amalia De Simone. A Viviana Matrangola, giovane donna impegnata nell’associazionismo antimafia, è stato chiesto un ricordo di sua madre: Renata Fonte, uccisa nel 1984.
Ci sono inoltre nel dossier alcuni contributi, tratti da articoli di giornali: storie di donne che hanno avuto e continuano ad avere un ruolo importante dentro le mafie o nell’antimafia. Un saggio su “Madri e figlie” ci è stato invece inviato da Anna Puglisi e Umberto Santino del centro di documentazione Peppino Impastato, tra i primissimi a lavorare su Donne e mafia. Spiega le motivazioni profonde di questo lavoro la prefazione di Celeste Costantino. La postfazione è invece di Ombretta Ingrascì, scrittrice e studiosa della presenza delle donne nei clan, che ha scritto un testo di grande interesse scientifico.L’appendice è invece un elenco dei centri antiviolenza in Italia. Un fondamentale strumento di consultazione. Come leggerete, se alcune vittime avessero potuto parlare con un centro, forse si sarebbero potute salvare.
*Le ricerche di “Sdisonorate” sono di Irene Cortese, la cura è stata di Cortese, Sara Di Bella e Cinzia Paolillo.
Ai testi hanno collaborato Angela Ammirati, Danila Cotroneo e Laura Triumbari.
Il dossier sarà presentato il 24 febbraio alle 20,30 presso lo Spazio daSud (in via Gentile da Mogliano 170, zone Pigneto, Roma)

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