Cosa nostra Resort, a breve la sentenza del processo
Siamo a Trapani, c’è un imprenditore che è in cella dal 2005, arrestato e condannato per avere fatto parte della “cupola” di imprenditori che per conto del boss latitante Matteo Messina Denaro si occupava degli “affari” della città. Questo imprenditore si chiama Tommaso Coppola. Non è sposato, non ha figli, in famiglia vive con la sorella e i nipoti. Il nipote maschio è per così dire il prediletto, nel senso è quello che deve fare da “maggiordomo” allo zio, è Onofrio Fiordimondo. Non si tira indietro, si sente parte del “bel mondo” dello zio, un po’ spavaldo, un po’ arruffone. Tommaso “Masino” Coppola è di Valderice, paese collinare, ai piedi di Erice dove le tradizioni socialista e comunista nel tempo sono state tanto forti e altrettanto autentiche da rappresentare un “laboratorio politico”.“Don” Masino non è lontano da questa tradizione politica di sinistra.
I suoi uffici sono una sorta di passaggio obbligato. Fa anche da pontiere tra la sinistra e la Dc. Forse nasce nel suo studio l’epoca delle giunte bicolore Dc-Psi che mettono fine all’alleanza di governo tra Pci, Psi e forze laiche che avevano per la massima parte governato quel paese. Coppola coglie per tempo i segni del cambiamento. Con l’arrivo della seconda Repubblica a Valderice, come altrove, le cose cambiano, il “laboratorio” viene spazzato via in nome della nuova politica, molti socialisti armi e bagagli passano dentro Forza Italia, le imprese, come quella di Coppola, cominciano a conoscere nuove regole per potere lavorare. Non che prima gli “accordi” non ci fossero ma quantomeno molte velleità imprenditoriali venivano tenute a bada e una certa responsabilità in fin dei conti riusciva a prevalere. Certo l’essere di sinistra spesso non comportava automaticamente essere dalla parte della legalità, e l’approccio della prima repubblica ai temi della lotta alla mafia è tristemente ben conosciuto. Insomma la mafia ha anche tempo per mettere in piedi la sua nuova stagione in previsione della “nuova” politica, anche perché, è cosa nota le spinte verso nuovi soggetti politici portano l’impronta mafiosa, non è un segreto che l’ordine di votare Forza Italia partì anche dalla provincia di Trapani come ha raccontato il pentito di mafia, Vincenzo Sinacori.
Con la seconda Repubblica l’organizzazione mafiosa che si fa sentire maggiormente, c’è non solo da raschiare il barile, a fronte della risposta forte dello Stato dopo le stragi del ’92 e del ’93, e quindi nessuna impresa è più intoccabile, ma c’è da stendere una rete sull’intero sistema dei lavori pubblici. Anni dopo si scoprirà che la mafia non è arretrata di un millimetro nonostante arresti e condanne di boss, gregari, complici.
Non più interesse esclusivo solo per i grandi appalti, ma anche il semplice cottimo fiduciario attirano l’attenzione delle famiglie mafiose. Tutto serve loro a fare cassa e a fare adepti. La mafia ha cambiato pelle, è diventata maggiormente imprenditoriale, non può quindi permettersi battitori liberi, il mercato resta libero in apparenza, di fatto il sistema illegale diventa così praticato che diventa “la norma”. Il sistema è quello di applicare maggiormente il racket estorsivo. Ma siccome la nuova politica ha portato nuovi uomini a disposizione della mafia, il “pizzo” non è più “pizzo” ma diventa la quota associativa che le imprese debbono pagare a Cosa nostra, perché la nuova Cosa nostra è quella che, grazie a quei politici, sa aprire alle imprese le porte degli uffici pubblici, delle stanze dei bottoni, delle stanze dove si veicolano enormi capitali e finanziamenti pubblici.
A Valderice “Masino” Coppola piano piano aumenta il proprio “impero”. La società madre sforna altre società, Coppola da palazzinaro diventa appaltatore di opere pubbliche, realizza residence turistici, produce inerti per il ciclo dell’edilizia, si occupa di asfalti, cemento, bitume. Anche lui subisce l’estorsione, ma come fanno altri imprenditori la richiesta di pizzo non solo è la “quota” associativa a Cosa nostra ma diventa il mezzo per portare imprenditore e impresa sotto l’ala dei mafiosi. Coppola diventa uomo di riferimento così di un altro imprenditore, Francesco Pace, di Paceco, il reggente della cosca di Trapani per volere del sanguinario, latitante, Matteo Messina Denaro. Il ruolo di Coppola preso cresce, finendo condannato in via definitiva per l’appartenenza a Cosa nostra e per avere maneggiato e fatto da regista agli appalti banditi dalla Provincia regionale. Il suo ruolo, criminale, diventa noto nel 2005, quando fu arrestato. Ma l’elenco delle malefatte finite sui giornali non è stato sufficiente perché i “nuovi” politici con i quali lui era nel frattempo entrato in contatto prendessero le distanze da lui. Tanto che a Valderice la voce ricorrente è quella che presto o tardi Coppola ritornerà libero, e nuovamente messo a capo dell’impero di imprese da lui creato.
Tommaso Coppola non perde nemmeno la qualità che aveva nel periodo della prima repubblica. Non lascia da parte il contatto con la politica e i politici. Frequenta le segreterie. Parla con i parlamentari. E’ insomma uno che conta anche se non lo dà a vedere. E però quando lui chiama nessuno si permette di tirarsi indietro. Questo è successo quando era libero, questo è continuato ad accadere quando era in carcere. E veniamo così ai temi di oggi.
Dopo l’arresto per mafia e appalti pilotati, Tommaso Coppola in carcere è stato raggiunto da un nuovo ordine di arresto.
La Dda a conclusione di una indagine sulla nuova economia mafiosa condotta da Polizia e Guardia di Finanza ottenne dal gip nuovo ordine di arresto per intestazione fittizia di beni, per avere ottenuto in modo fraudolento finanziamenti pubblici, molte cose “pilotate” addirittura dall’interno del carcere, usando come passa parola anche il nipote, Onofrio Fiordimondo, dalla cella avrebbe scelto le persone cui intestare i beni per evitare sequestri e confische, dalla cella avrebbe cercato di mantenere i contatti con la politica. Uomo “coraggioso” Coppola che così per rammentare a qualcuno che lui aveva saputo mantenere alto l’onore della onorata società, un giorno incaricò il nipote di andare a dire ad un altro imprenditore, Francesco Morici, anche lui pezzo da 90 dell’imprenditoria locale, di origini socialiste, come Coppola, sostenitore di Forza Italia nella seconda repubblica, che lui (Coppola) “si stava facendo il carcere anche per lui”. E probabilmente è in questo contesto che Morici contraccambia, ed i mezzi delle imprese di Coppola finiscono con l’essere adoperati in un grosso appalto pubblico di Trapani, il risanamento della litoranea cittadina. Appalto super vigilato, ma nessuno trova nulla da dire che gli automezzi dell’imprenditore arrestato per mafia operano dentro quel cantiere. Ma Coppola fa anche altro. Durante i colloqui con il nipote lo incarica di avvicinare i maggiorenti della politica. Parla dapprima di un certo senatore e di un certo Camillo, poi poco a poco queste figure prendono corpo, secondo chi indaga si tratta del senatore Antonio D’Alì, all’epoca sottosegretario all’Interno, e del dirigente di Forza Italia Camillo Iovino, anche lui di origine socialiste, che di lì a poco sarebbe stato eletto sindaco di Valderice. Perentorio Tommaso Coppola dà incarico al nipote di ricordare tramite “Camillo” che c’erano impegni presi per le sue aziende: impegni per la fornitura di pietre e blocchi di cemento per le barriere frangiflutti del nuovo porto di Castellammare del Golfo, impegni per fare proseguire la fornitura di inerti all’azienda confiscata dalla mafia “Calcestruzzi Ericina”. Fiordimondo raccoglie la direttiva e si attiva, riferisce in più occasioni allo zio che con Camillo ha parlato e che questi in risposta (e quindi avendo parlato col senatore D’Alì) gli ha detto che biso
gnava aspettare che la “bufera” giudiziaria si calmasse un poco e di stare tranquillo.
Lo scenario che investigativamente è possibile costruire è quello che nonostante sia in carcere Masino Coppola resta l’”interfaccia pulita” della organizzazione mafiosa trapanese. Ufficialmente estromesso dalle sue società, o per dimissioni, o per espulsione da parte dei nuovi soci, con il nipote continua a parlare degli affari delle sue imprese. Quale è il merito che viene riconosciuto a don Masino? Quello che le sue ammissioni, i suoi racconti sugli appalti pilotati, perché con l’autorità giudiziaria non è rimasto in silenzio, si sono fermate sull’uscio della stanza dove imprenditori, mafiosi e politici si incontravano. E quando a lui gli sono state rivolte le contestazioni a proposito delle intercettazioni in carcere e dei messaggi mandati a destra e sinistra attraverso il nipote che nel frattempo anche lui arrestato ha deciso di confessare ogni cosa, ha risposto al magistrato dicendo che tutto quello che diceva al nipote lui lo diceva per scherzo.
Fiordimondo ha però continuato a confermare, dicendo anche che lui con Camillo Iovino ha parlato come aveva chiesto di fare lo zio in carcere. Iovino nega e però finisce sotto processo per favoreggiamento a Coppola. Secondo la sua difesa però le procedure seguite dalla magistratura sono quasi da complotto. L’accusa tira fuori un riscontro. Mancano le intercettazioni e le prove di un contatto tra Iovino e D’Alì, quest’ultimo è un parlamentare e non può essere intercettato, Iovino lo è ma sulle utenze controllate non si trova nulla. Il riscontro, uno dei tanti secondo il pm Andrea Tarondo, è quello che dalla cella Coppola si preoccupa di mantenere le forniture di inerti per la Calcestruzzi Ericina, e qualche settimana dopo il prefetto dell’epoca, Giovanni Finazzo, che notoriamente non è distante dal senatore D’Alì, convoca gli amministratori giudiziari della Calcestruzzi Ericina per dire loro di valutare se continuare a rifornirsi presso le aziende di Coppola. Finazzo per altre vicende dove di mezzo c’erano imprenditori in contatto con la mafia aveva assunto comportamenti molto più rigidi e non aveva certo mai lasciato campi di azione ad altri. In questo caso si. Fiordimondo continua nelle sue confessioni: “una prima volta Camillo Iovino mi riferisce che le imprese di Coppola verranno tenute in considerazione”, allo zio viene sentito dire “mi ha chiamato Camillo per quel fatto”. Per l’accusa i diversi momenti confermano che Iovino si è attivato per come chiesto da Coppola. Il senatore D’Alì sentito in aula durante il processo ha negato ogni cosa (quasi facendo apparire Iovino uno che potrebbe agire anche di testa sua), Coppola ha detto di non conoscerlo, Iovino invece aveva detto che l’unico contatto con Coppola (quando era libero) riguardava una direzione di lavori, Coppola voleva conoscere chi fosse il direttore di un cantiere di un appalto pubblico e per saperlo invece di seguire la via di rivolgersi all’ente appaltante, aveva scelto di parlare con Camillo Iovino per potere arrivare alla segreteria del senatore D’Alì che gli avrebbe dovuto dare la notizia che cercava.
Oggi il processo è alla fase finale. Il pm Andrea Tarondo ha chiesto 5 anni per Tommaso Coppola, “dominus” di tante cose, condanne sono state chieste per alcuni dei suoi ritenuti prestanome, condanna anche per l’attuale sindaco di Valderice, Camillo Iovino, il pm per lui ha chiesto due anni e 4 mesi. La difesa tra le cose dette a discolpa ha ricordato al Tribunale che la Giunta di Valderice, su proposta dello stesso sindaco indagato, si è costituita parte civile nel processo (ai tempi della retata era stato anche arrestato il vice sindaco, Francesco Maggio per il quale è stata chiesta la condanna a 1 anno e 4 mesi pena sospesa per le intestazioni fittizie) contro lo stesso primo cittadino. Per il pm davanti a quell’imprenditore mafioso forse nemmeno ancora oggi ci sono le giuste reazioni e il passa parola della società civile è quello che uno scherzava e il sindaco è incolpevole vittima. Come succede peraltro in tutte le storie di mafia importanti. Tra qualche settimana la sentenza.
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