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Processo Garofalo, la Corte punta a emettere la sentenza nei tempi stabiliti

Di Marika Demaria il . Calabria, Lombardia

Davanti alla prima Corte d’Assise del tribunale di Milano continuano a sfilare i teste convocati dagli imputati difensori degli imputati per il processo Lea Garofalo. Calendario alla mano, e al netto di eventuali imprevisti, la Presidente Anna Introini ha espresso la volontà di voler terminare con le deposizioni dei testimoni entro la fine di febbraio; sarà successivamente la volta della requisitoria, in una data che sarà resa nota nel corso dell’udienza di lunedì prossimo, 20 febbraio. Emerge dunque la volontà di emettere la sentenza di primo grado rispettando i tempi, nonostante lo stop obbligato dovuto al cambio del Presidente della Corte (la dottoressa Introini è infatti succeduta al giudice Filippo Grisolia a processo in corsa, a fine novembre) e considerati i tempi di scadenza della custodia cautelare dei sei imputati, fissati per luglio.

Ieri, lunedì 13, l’avvocato Francesco Garofalo, difensore di Vito Cosco, ha convocato il consulente tecnico Giovanni Pirinori, il quale ha riferito circa l’esattezza dei tabulati telefonici diffusamente prodotti e spiegati dai Carabinieri Persuich e Buttarelli, testimoni dell’accusa. Pirinori ha di fatto confutato alcuni aspetti dell’operato dei militari, specificando che «diversi errori possono essere generati dalla sovrapposizione delle celle; il segnale inoltre permette di conoscere la posizione del telefono, ma non è detto che là si trovi anche il proprietario dell’apparecchio». Dichiarazioni che in alcuni passaggi risultano come una sorta di “gioco delle parti”. La deposizione successiva è atta a far emergere gli spostamenti di Vito Cosco la sera del 24 novembre 2009, quando Lea Garofalo scomparve e del cui omicidio (e scioglimento nell’acido del cadavere) è accusato anche l’uomo.

Secondo Alessandro Santopietro, responsabile della società “Fondazioni Speciali Spa” operante presso un cantiere della metropolitana a Milano, quel giorno Vito Cosco lavorava, poiché inserito nel turno 14-22. Il teste ha poi specificato che «gli operai ruotano su tre turni: 6-14; 14-22 e 22-6. Io mi occupo personalmente della stesura dei turni, che rendo ufficiali circa quindici giorni prima e che possono essere soggetti a cambi tra colleghi, dei quali io di norma sono messo al corrente ma che non sempre vado a modificare sul foglio». Un documento che gli è stato sottoposto dall’avvocato Garofalo e dal quale il teste ha estrapolato un altro dato: il 5 maggio 2009 Vito Cosco non andò a lavorare dalle 20 alle 7 come previsto, in quanto chiese un permesso. Quella data corrisponde al giorno in cui Lea Garofalo subì l’aggressione a Campobasso.

Le domande dell’accusa si sono infine concentrate sullo smaltimento delle scorie del cantiere. Il pm Tatangelo ha chiesto se per effettuare queste operazioni sia utilizzato dell’acido e dove lo stesso sia riposto all’interno del cantiere. Alessandro Santopietro ha riferito di non conoscere queste pratiche in quanto non sono di competenza della ditta per la quale lavora, ma che esclude che si siano registrati ammanchi di materiale di questo genere. La mattinata si è conclusa con la deposizione di Mario Amoroso, collega per un breve periodo di Vito Cosco, il quale ha, non senza sforzi di memoria, confermato il turno 14-22 di fine novembre 2009. Alla luce di dette deposizioni, il Presidente Introini ha ritenuto opportuno revocare altri due testi convocati dall’avvocato Garofalo (assenti ieri a causa del maltempo che ha impedito loro di viaggiare) in quanto “dovrebbero riferire circa fatti già descritti dai testimoni ascoltati questa mattina, risultando sovrabbondanti”.

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