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Delitto Cimminiello, emessa la sentenza

Di Tiziana Apicella il . Campania

Ergastolo e sei mesi di isolamento diurno. Questa la condanna stabilita ieri dal Giudice della II Corte di Assise di Appello del Tribunale di Napoli  nella   sentenza nei confronti di Vincenzo Russo, l’assassino di Gianluca Cimminiello, il giovane tatuatore ucciso per una foto pubblicata su Facebook.   Lì in aula, in un’atmosfera sospesa, durante la lettura della sentenza da parte del giudice, c’è la famiglia di Gianluca, la Fondazione Pol.is, i referenti regionali di Libera, l’associazione Giugliano contro le mafie e una rappresentanza del coordinamento campano dei familiari delle vittime innocenti di criminalità. Accanto alla madre di Gianluca ci sono altre due madri: Maria Rosaria Evangelista e Enza Pettirossi.  

Maria Rosaria è la madre di Gigi Sequino, un ragazzo di 20 anni ucciso il 10 agosto del 2000 a Pianura  insieme al suo amico Paolo Castaldi di 21 anni, perchè entrambi scambiati per guardaspalle del clan della zona. Loro invece erano in macchina a immaginare e organizzare le vacanze estive. Volevano andare in Grecia. Sognavano il mare.   Enza Pettirossi è la madre del giovane Dario Scherillo, ucciso il 6 dicembre 2004 durante la faida di Scampia perchè scambiato per un appartenente al clan degli scissionisti. Lui era in sella alla sua Honda. Faceva un giro, tornava a casa. Era un ragazzo di 26 anni.   La signora Nunzia Rizzo è la mamma di Gianluca, ucciso il 2 febbraio 2010. Gianluca era un artista bello, veramente bello e bravo, perché faceva bene e con passione il suo lavoro.   La dignità  di queste tre donne lascia senza parole. Hanno vissuto in tempi diversi la stessa tragica perdita. Lo stesso straziante dolore. Tre madri che sono lì con grande forza, con grande dignità. Con amore. Sono lì per i “figli”, per l’ingiustizia subita, per un ideale di giustizia, per un mondo diverso.  

Madri che hanno fatto una scelta. Hanno deciso di raccontare la propria storia, di essere testimoni dell’accaduto, di impegnarsi affinchè la memoria dei propri figli non precipiti nell’oblio Affinchè queste storie possano aiutare la comunità a non rivivere gli stessi lutti. Affinchè ci sia un cambiamento. Una scelta di vita orientata alla corresponsabilità, alla solidarietà, alla comunanza, alla compassione e alla ricerca di “verità e giustizia”.     

Arriva la sentenza. Tutti in piedi ad ascoltare la decisione della Corte. Il processo è terminato. L’imputato è stato condannato. Finalmente la verità giudiziaria.   Eppure la sentenza lascia tutti sospesi. Sembra che qualcosa ancora manchi.    Una storia assurda. Gianluca è stato ammazzato da un giovane come lui. Un giovane che ha fatto altre scelte, un giovane che nel momento in cui ha sparato, ha deciso di togliere la vita a un altro essere umano condannandosi  ad una vita senza libertà. Una vita intera dietro le sbarre,  L’uomo che sta per sparare, per uccidere, per delinquere dovrebbe arrestarsi e ammetere a se stesso e a chi lo accompagna che questa non è vita. Non può esserlo. Questa è morte che si autoalimenta.      

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