Sciolto per mafia il Consiglio comunale di Ventimiglia
«Su proposta del Ministro dell’interno, il Consiglio ha deliberato lo scioglimento del Consiglio comunale di Ventimiglia (Imperia), dove sono state riscontrate forme di condizionamento da parte della criminalità organizzata, nonché la proroga dello scioglimento del consiglio Comunale di Condofuri, in provincia di Reggio Calabria». Questo il testo del comunicato stampa diramato da Palazzo Chigi. Su Ventimiglia si mette la parola fine. Nel peggiore dei modi. Quello di oggi è il secondo Consiglio comunale sciolto per infiltrazioni mafiose in Liguria dopo quello di Bordighera, lo scorso marzo, e il terzo nel nord Italia. Il primo fu quello di Bardonecchia, in Piemonte, nel 1995.
L’altra notizia, invece riguarda la proroga dello scioglimento del Consiglio comunale di Condofuri, nella fascia ionica della provincia reggina. Terra di ‘ndrangheta come lo sta diventando Ventimiglia e molte realtà della regione. Il sindaco, Gaetano Scullino, quota Pdl, dovrà cedere il posto ad un commissario prefettizio. Una notizia, quella dello scioglimento del comune di Ventimiglia, che non ha mancato di suscitare polemiche, ma anche preoccupazioni. Come quella di Libera, che ha scelto proprio la Liguria come luogo dove organizzare la Giornata in ricordo delle vittime innocenti di mafia. Luciano De Vescovi, coordinatore di Libera Imperia, reagisce così alla notizia: «Dopo Bardonecchia (nel 1995 ) non era più successo che la penetrazione mafiosa nel nord venisse così pubblicamente denunciata da provvedimenti governativi e della magistratura amministrativa».
«Qui – aggiunge in una nota stampa – non sono in gioco i fantastici appalti legati all’Expo milanese, qui c’è da costruire un piccolo porto e, forse, ampliarne un altro ancor più piccolo: non ci sono neppure i casinò, di Sanremo o della Costa azzurra. Eppure – continua – le pubbliche amministrazioni, meglio dire la classe politica che qui governa, sembra più debole che altrove, tanto più permeabile all’infiltrazione nemica. Dove non ci dovrebbe essere interesse, per mancanza di grandi opere, e anche di quelle medie, le organizzazioni mafiose trovano comunque un interesse a colonizzare: lo trovano in un testo sociale e politico fragile, nella possibilità di stabilire importanti teste di ponte, locali o cupole, da utilizzare poi per il controllo di un territorio più vasto, Ponente ligure e Riviera francese».
Piccoli affari, rispetto a quelli in gioco nelle regioni vicine, ma comunque importanti per i boss della ‘ndrangheta. Nel caso di Bordighera, ad esempio, la cosca Pellegrino ha esercitato pressioni e minacce a consiglieri e assessori, per l’autorizzazione ad aprire una sala giochi. Auto incendiate, assessori minacciati, ma anche ipotesi di voti di scambio al vaglio della magistratura. Una prassi sempre più diffusa al nord. I boss fanno affari e cercano contatti con la politica locale, che non disdegna i voti della ‘ndrangheta o delle altre organizzazioni criminali.
«Il comune di Bordighera ed oggi il Consiglio Comunale di Ventimiglia – sottolinea Matteo Lupi, coordinatore di Libera Liguria – sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose dopo inascoltate denunce di esponenti delle istituzioni e della società civile. Ventimiglia non avrà dunque elezioni democratiche a maggio, ma dovrà attendere almeno 15 mesi per riavere un sindaco eletto dal popolo».
La presenza della ‘ndrangheta in Liguria è silenziosa, ma opprimente. Secondo gli inquirenti sono quattro le locali di ‘ndrangheta operative in regione: Genova, Sarzana, Lavagna e, per l’appunto, Ventimiglia. Sono numerose le operazione di forze dell’ordine e magistratura che negli ultimi anni hanno scoperchiato gli interessi delle ‘ndrine. Uno spaccato inquietante sulla pervasività della mafia calabrese al nord. In Liguria, come dimostrato dall’operazione Crimine del luglio del 2010, esiste ed è attiva una “Camera di controllo”. Come in Lombardia, e come, probabilmente anche a Torino. Una struttura di coordinamento delle varie locali ‘ndranghetiste che “lavorano” nella stessa regione. «E’ naturale – scrivono i magistrati calabresi e lombardi – considerare che la “Camera di Controllo” abbia, appunto, una funzione di controllo delle dinamiche criminali presenti in Liguria e Lombardia, e, nel caso venisse istituita, anche in Piemonte. Un’attività che, comunque, dovrà rispondere sempre al “Crimine di Polsi”».
Locali autonome ma mai indipendenti dalla struttura centrale, la “Mamma”. Intercettato a Siderno, all’interno della lavanderia di Giuseppe Commisso “u Mastru”, Peppe Catalano, considerato dagli inquirenti capo della locale di Torino, fa espresso riferimento alla situazione ligure, per chiedere di avere anche in Piemonte una “camera di controllo”. «CATALANO: Lui lo ha aperto a San Mauro… ma pure… MASTRO, questo fatto della camera di controllo che hanno sia la Lombardia che il Piemonte perché a Torino non gli spetta?… che ce l’hanno la Lombardia e la Liguria, giusto?… siamo nove locali… sono venuti l’altro giorno… “una camera di controllo, qua ognuno…” no! qua, per queste faccende, noi siamo gli ho detto io…».
Per fare affari serve la pace tra le varie famiglie. Silenzio e soldi, ma anche contatti con i politici. Una sfida alla quale è chiamata a rispondere la società civile della Liguria.
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