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Processo Garofalo, Denise non dovrà tornare a deporre

Di Marika Demaria il . Lombardia

Era novembre 2011 quando la notizia arrivò come un fulmine a ciel sereno: il processo Lea Garofalo deve essere azzerato. La nomina del Presidente Grisolia a capo di Gabinetto del ministro della Giustizia aveva di fatto portato a nominare un suo sostituto, che sarebbe stato individuato in Anna Introini. Le difese allora non acconsentirono all’utilizzo delle deposizioni già rese dai vari teste. Il pensiero era immancabilmente subito andato a Denise Cosco, che con determinazione e forza leonina aveva deposto in un interrogatorio fiume il 29 settembre al pubblico ministero e il 13 ottobre alle difese, e che si sarebbe trovata nuovamente nella medesima condizione. Altri mesi difficili, trascorsi a pensare che avrebbe rivissuto quei giorni, quando, nascosta dietro un paravento, era a pochi metri di distanza da suo padre, dai suoi zii, dal ragazzo per il quale nutriva una simpatia e da due conoscenti, a raccontare la sua vita e quella della madre, spezzata secondo l’accusa proprio da quelle persone presenti in aula.
Venerdì  27 c’è stato però un colpo di scena: le parti hanno prestato il consenso all’utilizzo delle deposizioni fatte dalla ragazza, procedendo ad un esame caratterizzato da domande di chiarimento. L’accordo tra le parti non cancellerà i mesi in cui Denise ha vissuto pensando che avrebbe nuovamente dovuto testimoniare, ma sicuramente l’ha resa più serena. Tanto che Enza Rando, responsabile dell’ufficio legale di Libera e avvocato della ragazza che si è costituita parte civile al processo, ha dichiarato: “Denise è serena e vi ringrazia. La sua vera forza siete voi!”. Quel voi è indirizzato a tutti i ragazzi che spesso hanno consegnato a lei e Ilaria Ramoni, referente di Libera Milano che sta affiancando l’avvocato Rando in questo delicato percorso giudiziario, delle lettere per Denise; che hanno presenziato dentro l’aula e fuori dal Tribunale di Milano durante le sue deposizioni e che erano presenti anche venerdì, ricordando che luglio (mese in cui scadranno i termini di custodia cautelare degli imputati, i quali torneranno in libertà nel caso in cui non sarà emessa la sentenza di primo grado) è sempre più vicino.
Denise ha dunque deposto per circa un’ora, nel corso della quale ha ribadito che suo padre «più volte mi chiedeva di riferirgli cosa mi aveva detto mia mamma, cosa lei stessa avesse raccontato durante gli anni in cui eravamo nel programma di protezione, ma io non ho mai saputo nulla». Incalzante l’avvocato Sussman Steinberg, difensore di Carlo Cosco. «Sua mamma e sua nonna litigavano spesso? E sua mamma e sua zia?».  La ragazza ha risposto con convinzione: «Sì certo, ma è normale», la stessa che poco dopo la porterà a raccontare che, quando suo padre e lei si rividero nel maggio 2009 in Calabria, non si abbracciarono, ma l’uomo le disse solamente che era cresciuta e che aveva stentato a riconoscerla. L’avvocato poco prima aveva espressamente chiesto se si ricordava di quell’incontro e del fatto che lei avesse abbracciato il padre, «sa, alcune domande le pongo io ma altri sono chiarimenti che mi chiede suo padre».
Le difese hanno molto insistito anche sull’aspetto relativo ai documenti di copertura delle due donne, ma la ragazza ha spiegato che di fatto non disponeva della propria carta d’identità «perché mia mamma la teneva insieme alla sua. Per un periodo, per la mia sicurezza, mi ha chiesto di far finta che mi chiamassi Sara De Rossi, soprattutto quando andavo a scuola. Ma io quel nome non lo sentivo mio. Così come mia mamma a Campobasso si faceva chiamare Alessandra». Secondo gli avvocati, questo è un passaggio “rilevante che va chiarito con il Nop”, il Nucleo operativo di protezione che fa capo al pertinente Sistema.
Gli avvocati degli imputati hanno inoltre chiesto altri chiarimenti, alla luce della deposizione del maresciallo dei Carabinieri Persuich, che ha testimoniato nel corso delle due ultime udienze e che tornerà in aula martedì 31 proprio per rispondere a tutta una serie di delucidazioni richieste dai legali: come mai le dichiarazioni rese da Lea Garofalo non sono mai state utilizzate a fini processuali e chi ha provveduto ad inviare delle somme di denaro alla donna nel periodo in cui lei e la figlia si trovavano sotto il programma di protezione. Roberto D’Ippolito, avvocato di Marisa Garofalo e Santina Diletto (sorella e madre di Lea Garofalo), ha invece chiesto e ottenuto – nonostante l’opposizione da parte del pm Marcello Tatangelo – l’acquisizione dell’incartamento amministrativo del Nop relativo alle posizioni della giovane donna scomparsa nel novembre 2009 e di sua figlia.
Aspra infine la considerazione degli avvocati difensori, i quali chiedono contezza di un’espressione utilizzata dal maresciallo Persuich, il quale in entrambe le deposizioni ha dichiarato di aver chiesto a Denise se si fidasse, subito dopo aver deposto la sera del 25 novembre 2009, ad andare via con il padre e «la ragazza mi ha risposto che era tranquilla perché sapeva che l’unico obiettivo era la madre». L’avvocato Sussman ha fatto notare che «di questa dichiarazione nel verbale non c’è traccia» ma il militare ha risposto che erano dichiarazioni informali rese al di fuori del verbale. «Allora chiedo alla Corte – ha concluso il difensore di Carlo Cosco – che questa frase non sia verbalizzata, ne contesto l’utilizzabilità».
Martedì  31 gennaio la prima Corte d’Assise si riunirà nuovamente. In quell’occasione sarà sciolta la riserva relativa a tutte le richieste formulate dalle parti e si procederà nuovamente all’interrogatorio del maresciallo dei Carabinieri Christian Fabio Persuich, che a giudizio delle difese ha rilasciato delle dichiarazioni “controverse”, mentre ad altre domande, non avendo con sé la documentazione necessaria, si è riservato di rispondere nel corso della prossima udienza proprio per avere la possibilità di reperire gli incartamenti necessari. Martedì sarà anche la volta del teste Pasquale Amodio, già convocato a testimoniare in diverse udienze ma che di fatto non si è mai presentato per motivi di salute. Si dovrebbero così concludere le deposizioni dei teste chiamati dal pubblico ministero, iniziando con quelli chiamati dalle difese.

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