“Operazione Cinemastore”, le precisazioni del Procuratore Motta
Torna a parlare il Procuratore Cataldo Motta dopo la conferenza stampa seguita all’ “Operazione Cinemastore”. Troppo forti le polemiche sollevate dopo le prime dichiarazioni che hanno spinto il Siap, sindacato di polizia, a chiedere l’ apertura di un’ inchiesta. Ricordiamo brevemente i fatti.
La Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, in collaborazione con la Polizia di Stato, è riuscita a sgominare un clan emergente della Sacra Corona Unita. Nell’ ambito dell’ inchiesta sono state emesse 49 ordinanze di custodia cautelare firmate dal giudice delle indagini preliminari, Alcide Maritati, su richiesta del sostituto procuratore Guglielmo Cataldi. All’ arresto, però, sono riusciti a sfuggire i vertici del gruppo, circostanza che ha generato lo sfogo del Procuratore Motta che adesso ci tiene a precisare.
«Le mie parole in conferenza stampa sono state male interpretate. Forse sarebbe stato meglio se non avessi fatto alcuna considerazione, considerato che tutto il lavoro della Procura e della Polizia è stato offuscato da questa sterile polemica».
Perché parla di sterile polemica visto che sono sfuggiti tre boss? Lei in conferenza stampa ha parlato di una fuga di notizie mirata, da ambienti giudiziari o investigativi: può chiarire meglio?
«Statisticamente è provato che nelle grandi retate sfugge all’ arresto il dieci per cento degli indagati. Voglio chiarire che parlare di fuga di notizie non significa automaticamente riferirsi ad una possibile violazione del segreto istruttorio. Bisogna considerare che nelle sere precedenti al blitz sono stati impegnati 300 poliziotti e che alcuni, come vuole la prassi, hanno controllato gli indagati nei pressi delle loro abitazioni. Può darsi che, essendo molto scaltri, si siano accorti della presenza di estranei e abbiano deciso di fuggire. Questo è un rischio molto concreto quando si eseguono 49 arresti con un impiego così elevato di poliziotti».
Quindi esclude che i latitanti siano stati avvisati da persone appartenenti agli ambienti giudiziari?
«Escludo che i latitanti siano stati avvisati da qualcuno. Altrimenti non si spiega la fuga di Roberto Nisi senza la moglie Carmela Merlo che invece è stata arrestata. Va tenuto presente che l’ accesso al quinto piano, dove si trova l’ ufficio Gip, è libero. Ci sono imputati coinvolti in processi o in udienze preliminari, come indagati sottoposti agli interrogatori di convalida o di garanzia. Non è escluso che qualcuno abbia captato la notizia dell’ inchiesta e del giorno in cui sarebbero state eseguite le misure».
Condivide la richiesta del Siap che sollecita l’ apertura di un’ inchiesta?
«No. Innanzitutto perché non ci sono gli elementi per avviare un’ indagine. E poi perché non sono abituato ad accettare solleciti. Ha sbagliato il sindacato di polizia a fare certe dichiarazioni. Semmai ci sia stata una talpa, ma è un’ ipotesi puramente astratta, chi dovrebbe dircelo? Pensate che ce lo dirà Nisi quando lo arresteremo? Credete che abbiamo tra le mani la sfera del chiaroveggente? Bisogna tenere presente che le indagini vanno svolte, ed avviate, su indizi concreti. E qui, ve lo posso assicurare, non c’ è nulla».
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