In Emilia-Romagna abbiamo tutti gli anticorpi per reagire e ribellarci alle mafie
Non siamo terra di mafia, ma siamoterra da mafia, terra per le mafie. Cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta guardano alle regioni settentrionali come alla nuova frontiera e anche l’Emilia-Romagna è ormai diventata terra di conquista. Qui viene sequestrato il 2,5% del totale degli stupefacenti recuperati a livello nazionale, si registra il 5% delle estorsioni, i commercianti vittime di usura sono 8.500 (8,6% in Italia), i nostri ‘agro-marchi’ più prestigiosi, dal Parmigiano-Reggiano all’Aceto balsamico di Modena, sono puntualmente contraffatti, si affermano lavoro nero e caporalato in alcune province e gli inquirenti, per l’attività di riciclaggio di denaro sporco, parlano di “lavanderia regionale”.
Basta un dato: nel primo semestre 2012, le Segnalazioni di operazioni sospette (Sos) dell’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia sono già state più della metà di quelle del 2011, 2.749 contro le 4.343 dell’intero anno passato, quando l’Emilia-Romagna si piazzò quarta dietro solo a Lombardia, Lazio e Campania. Non a caso, il Dossier che presentiamo, frutto della collaborazione tra l’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna e la Fondazione Libera Informazione, aggiornato a quest’anno, ha un titolo che parla da solo: “Mafie in Emilia-Romagna, i numeri del radicamento”. Perché se ancora dodici mesi fa parlavamo di “allarme che suonava”, oggi parliamo di radicamento.
Le mafie qui non impongono comportamenti sociali, fanno affari. Sparano e uccidono di meno, ma investono e ripuliscono montagne di soldi frutto di ogni tipo di illeciti. Fanno usura a tassi anche del 150% solo per costringere imprenditori, commercianti e artigiani alla resa e poter entrare in aziende che diventano la faccia pulita delle organizzazioni criminali. Radicamento, appunto, poco visibile o eclatante, ma radicamento, quello di mafie che contano su connivenze saldate su ‘colletti bianchi’ e insospettabili, canali istituzionali, mondo dell’impresa e delle professioni. Una criminalità organizzata che va denunciata, smascherata, di cui bisogna parlare senza paura o timori di essere etichettati: in questo caso non ci sono primati da difendere, non ci sono ‘tradizioni’ da tutelare. Ripeto, bisogna denunciare, parlarne. E bisogna agire.
Le indagini delle Procure sulla presenza delle cosche nelle città della nostra regione confermano un quadro preoccupante e, lo ribadisco, bisogna intervenire al primo segnale, al primo allarme, quello che ognuno di noi può ravvisare nella sua quotidianità, per vincere una piovra che attenta alla libertà e alla sicurezza delle persone e delle istituzioni. E questo territorio possiede tutti gli anticorpi per reagire e ribellarsi. In questa legislatura la Regione Emilia-Romagna ha dato segnali precisi. Assemblea legislativa e Giunta regionale hanno voluto la legge sulle “Misure per l’attuazione coordinata delle politiche regionali a favore della prevenzione del crimine organizzato e mafioso, nonché per la promozione della cultura della legalità e della cittadinanza responsabile”.
Una norma che partendo proprio dalla considerazione che l’Emilia-Romagna non è indenne da rischi di infiltrazione del crimine organizzato e mafioso sancisce la cultura della legalità e rafforza il tessuto istituzionale, sociale ed economico regionale. Una legge che prevede misure di monitoraggio e prevenzione, un Osservatorio regionale e un Centro di documentazione – nella sede dell’Assemblea legislativa – sulla legalità, le mafie e i fenomeni criminosi, una struttura che verrà intitolata a Roberto Morrione e che sarà in stretta relazione con associazioni del volontariato, la scuola, il mondo dell’impresa, della cooperazione e della rappresentanza sindacale. Una legge che ha sostenuto e che sostiene azioni finalizzate al recupero dei beni confiscati, con stanziamenti agli Enti locali, che promuove progetti contro l’usura e per la prevenzione di situazioni di disagio e di dipendenza correlati ad attività criminose organizzate. In Emilia-Romagna è poi stata istituita la Dia a livello regionale, così come richiesto anche in una risoluzione approvata dall’Assemblea legislativa.
Sempre l’Assemblea ha votato una legge sulla semplificazione che abbattendo la burocrazia e l’eccessiva regolamentazione punta a favorire trasparenza e legalità. E la Regione Emilia-Romagna, dopo il terribile terremoto del maggio scorso, in ogni atto, norma e regolamento sulla ricostruzione si è data come primo obiettivo la messa in campo di meccanismi di salvaguardia dalle possibili infiltrazioni mafiose e della criminalità organizzata. Fin dall’inizio con Libera Informazione ci siamo posti il problema di conoscere e far conoscere la dimensione e le dinamiche dell’azione delle mafie nelle regioni del Nord del Paese e in Emilia-Romagna. Conoscere il nemico per combatterlo, con le armi della legalità, della trasparenza, della denuncia, della solidarietà, del coraggio.
È un impegno cui non intendiamo rinunciare e questo Dossier ne è la prova, seppur non la sola. Incontro tanti giovani, studenti, imprenditori, amministratori e rappresentanti delle istituzioni. In questa regione, e in questo Paese, siamo una società che quando serve si dimostra coesa e imbattibile: ecco, contro le mafie serve. Continua a servire.
Matteo Richetti è il Presidente dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna
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