Il Procuratore Motta: «Non bastano i blitz, bisogna modificare i comportamenti culturali»
liberainformazione.org/news.php?newsid=16447″>Con l’ operazione “Animal House” gli inquirenti hanno sgominato un clan dedito allo spaccio di sostanze stupefacenti nelle province di Lecce e Brindisi. In seguito al blitz dei carabinieri, al termine di un’ inchiesta coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, sono state arrestate tredici persone. Nella conferenza stampa, oltre al Procuratore Cataldo Motta, hanno preso parte anche il Pubblico Ministero Giuseppe Capoccia con il Colonnello Maurizio Ferla ed il Capitano Biagio Marro (a capo, rispettivamente, del Comando Provinciale dei Carabinieri e del Nucleo Investigativo).
Il Procuratore Motta si sofferma subito sull’ utilità delle operazioni di contrasto e sul messaggio che grazie a queste viene trasmesso alla gente comune. «Certamente servono a tranquillizzare la gente. C’ è una particolare attenzione sulla droga perché è diventato il principale canale di sostentamento delle organizzazioni criminali ma anche perché c’ è il timore che faccia finire nel tunnel persone normali, i nostri figli prima di tutto».
Sono sufficienti i blitz per arginare questo fenomeno?
«No. È evidente che ci vogliono delle politiche per cambiare radicalmente l’ atteggiamento verso le droghe. Politiche di informazione che mirino alla modifica dei comportamenti culturali. Senza di queste, la repressione continuerà a rivelarsi insufficiente».
Per quanto riguarda il mercato della droga nel Salento, la domanda di stupefacenti è sempre elevata?
«Sì. E le organizzazioni criminali ne sono perfettamente al corrente tant’ è che incentrano i loro guadagni sull’ importazione e lo spaccio di stupefacenti. Con i consumi di oggi è difficile pensare di sconfiggere i signori della droga solo con le nostre retate. Ma esiste anche un problema di natura geografica».
Qual è?
«La vicinanza con l’ Albania. Tanta gente arriva da fuori per comprare qui da noi la marijuana arrivata attraverso il Canale d’ Otranto perché viene pagata la metà rispetto al mercato nazionale. Del resto in qualsiasi indagine sugli stupefacenti basta mettere sotto controllo un telefono che si arriva a qualche fornitore albanese. Gran parte della droga, infatti, arriva dal paese delle Aquile».
Il ruolo dei consumatori è quindi determinante per lo sviluppo di queste organizzazioni criminali?
«Se non ci fosse la domanda non ci sarebbe l’ offerta, dicono le regole del mercato. Per questo è necessario un cambiamento nell’ approccio verso l’ uso degli stupefacenti, ma è un problema di portata vasta perché non tocca solo il Salento ma l’ intero mondo occidentale».
Per quanto riguarda l’ operazione “Animal House”, possiamo parlare di criminalità organizzata?
«Sì. Primo per come erano strutturati i gruppi di Merine e quello di Ostuni. Secondo perché ancora una volta Mirko De Matteis ha imposto la sua egemonia a Merine di Lizzanello facendo forza sul potere di intimidazione del padre Bruno ergastolano».
Interessanti anche le dichiarazioni del Colonnello Maurizio Ferla.
«Nel Salento c’ è un mercato attivo. Ma è di derivazione. Ci sono molti indicatori che lo confermano. Cioè sulle nostre coste avvengono sbarchi di marijuana e di altre sostanze che, però, non sono destinate ad un’ organizzazione locale capace di importare».
Quindi, Colonnello, il Salento sarebbe solo crocevia dei traffici?
«Esatto. Poi ci sono personaggi che riescono ad addentrarsi nelle piazze più importanti (Brindisi per la presenza del porto, ma poi anche la Lombardia e, soprattutto la Calabria) che garantiscono una quota parte. Qui da noi ci sono alcuni personaggi che hanno stretto legami con i calabresi».
Quanto sono solidi questi legami?
«Ci risultano rapporti fra venditore ed acquirenti. Non abbiamo conferme di partecipazioni azionarie. I trafficanti salentini, insomma, non sono capaci di effettuare un’ importazione diretta di stupefacente».
Cosa ci dice, Colonnello, riguardo alla figura dell’ imprenditore incensurato. Nel Salento, è un caso isolato?
«A livello nazionale, soprattutto in questo periodo, c’ è tanta gente che cerca di prendere le scorciatoie. A livello di organicità ai gruppi criminali abbiamo poco. Di intese sì. Cioè a causa della crisi economica qualche imprenditore sta perdendo alcuni punti deontologici».
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