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Sos dal Guatemala

Di Gaetano Liardo il . Internazionale

«Molti di noi sono stati uccisi, torturati, stuprati. Non abbiamo casa, accesso all’educazione, alla salute o a un lavoro decente. Alcuni di noi non sono legalmente cittadini, perchè non abbiamo certificati di nascita. Spesso non sappiamo dove siamo nati, o chi sono i nostri genitori. E’ quindi estremamente difficile per noi ottenere un’identità legale. Siamo poveri ed esclusi guatemaltechi che desiderano un paese più giusto e fraterno dove tutti i cittadini sono uniti da legami di amicizia e di solidarietà». Firmato: i ragazzi di strada del Guatemala. Destinatario il presidente della Repubblica Otto Pérez Molina.

Questo è un passaggio di una lettera aperta che l’associazione Mojoca (Movimiento Jovenes de la Calle) ha inviato al nuovo presidente del Guatemala in vista dell’insediamento ufficiale del prossimo 14 gennaio. Una lettera molto dura che descrive la condizione in cui sono costretti a vivere centinaia di ragazzi e ragazze di strada del paese centroamericano. Una seconda lettera è stata inviata alle associazioni latinoamericane ed europee, attive nell’appoggiare il lavoro di recupero dei ragazzi di strada guatemaltechi. Una richiesta di aiuto affinchè non si abbassi la guardia con l’insediamento della nuova presidenza. In Italia a ricevere e divulgare l’appello del Mojoca è stata l’associazione Funima international onlus.

«Cari amici – si legge nella lettera – vi scriviamo perchè siamo preoccupati su ciò che può accadere in Guatemala sotto la presidenza del generale Otto Pérez Molina, il cui governo sarà inaugurato il prossimo 14 gennaio. Non sappiamo cosa il suo sta progettando, speriamo solo che non usi la la violenza per sopprimere i bambini di strada, i movimenti popolari e le organizzazione per la difesa dei diritti umani». Un appello allarmante, una richiesta di aiuto che proviene da uno dei paesi più fragili del continente americano. Il Guatemala non ha mai conosciuto una vera democrazia. Dal 1954, anno del golpe finanziato dagli Usa per rovesciare il governo di Jacobo Arbenz, le forze armate hanno guidato per più di 40 anni il paese. Fino alla catastrofica guerra civile che sconvolse il paese e registrò violenze brutali e inaudite. Gli accordi di pace hanno aperto la strada ad un percorso democratico, difficile e instabile.

Il Guatemala, infatti, non ha conosciuto una reale pacificazione interna. Al suo interno sono presenti enormi diseguaglianze sociali ed economiche. Il paese nell’ultimo decennio ha conosciuto, salvo rare eccezioni, un tasso di crescita consistente. Tuttavia, una larga fetta della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Inoltre, nell’ultimo decennio il Guatemala è diventata una preziosa pedina nel grande gioco del traffico di cocaina dalla Colombia agli Stati Uniti. Trasformandosi, di fatto, nel “retrobottega” dei cartelli messicani. Tra questi i Los Zetas, ex forze speciali dell’esercito Messicano addestrati nel contrastare i narcotrafficanti, entrati in “grande stile” nel traffico di cocaina. I Los Zetas, come segnalato in un recente rapporto dall’International crisis group, hanno esteso le proprie azioni anche in Guatemala, coinvolgendo alcuni reparti dei corpi speciali guatemaltechi, i Kaibiles.

La presenza dei narcos messicani e la ricchezza generata dalla cocaina hanno ulteriormente destabilizzato il Guatemala. La repubblica centroamericana vanta un negativissimo primato condiviso con i confinanti Honduras e El Salvador: il tasso di violenza. Si calcola che la regione sia quella più violenta al mondo, al di fuori dai teatri di guerra. In Guatemala, infatti, negli ultimi cinque anni si contano 6.000 omicidi l’anno. Secondo l’Icg, nel 2010 sono stati calcolati 42 omicidi ogni 100.000 abitanti. Un tasso di gran lunga superiore a quello della Colombia (38 omicidi ogni 100.000 abitanti) e del Messico (16 ogni 100.000 abitanti). A farne le spese, purtroppo, sono le fasce deboli della popolazione. Indifese e abbandonate a se stesse.

Lo slogan che ha consentito al generale Molina di vincere le elezioni è stato “mano dura”. Reazione forte contro delinquenza e criminalità. Il problema, sottolineano dal Mojoca, è  contro chi sarà effettivamente usata la “mano dura”. «Condividiamo – si legge nella lettera inviata alle associazioni europee – la necessità di ocmbattere i gruppi criminali, sicari, narcotrafficanti, le multinazionali e i latifondisti; coloro i quali sfruttano e violano i diritti fondamentali del popolo guatemalteco». Tuttavia, aggiungono: «Siamo preoccupati perchè, se i bambini di strada non sono violenti, spesso sono costretti a commettere piccoli furti per sopravvivere; come risultato, sono spesso associati alla delinquenza. Si tratta solo di gruppi di bambini poveri ed esclusi che aspirano a vivere una vita degna e onesta».

Il lavoro di recupero fatto dal Mojoca e da altre associazioni umanitarie consente ai bambini e ai ragazzi di strada di avere gli strumenti per uscire dalla condizione di povertà. Quella sulla quale puntano le gang criminali o i narcos per avere manovalanza a basso costo. «La nostra preoccupazione e allarme ci fa preparare per il peggio», scrive il Mojoca. Troppo spesso le politiche per la sicurezza colpiscono l’obiettivo sbagliato. Ma anche il più semplice. 

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