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Lotta alla camorra, in prima linea la società civile

Di Norma Ferrara il . Campania

«Il punto non è Cosentino e la sua legittima scelta di difendersi,  fa bene a farlo. La questione è generale, strutturale, direi.  E’ normale che un parlamento ritenga compatibile la carica di parlamentare con le accuse di connivenza con i clan, con le mafie?». Così Raffaele Cantone, magistrato, già pm nel maxi processo al clan dei Casalesi e oggi in forza alla  Corte di Cassazione, sottolinea nell’intervista rilasciata a Libera Informazione, alcuni punti di criticità generali e trasversali che caratterizzano uno dei nodi irrisolti fra politica e magistratura. Con il magistrato abbiamo parlato del post – Zagaria in Campania, dei nuovi possibili scenari di assetto del clan dei Casalesi, del fondamentale ruolo svolto dai cittadini nella lotta alla Camorra.

Poche ore dopo l’arresto di Michele Zagaria lei ha detto “il clan dei casalesi così come lo conosciamo cessa di esistere oggi”. Può spiegarci meglio il significato di questa affermazione e quali possibili scenari futuri oggi intravede per questo clan?

Confermo questa chiave di lettura, con alcune precisazioni. Il clan dei Casalesi affondava le radici nel gruppo di Bardellino, sebbene  i vari Schiavone e Bidognetti e in seguito Iovine e Zagaria fossero successivi, si collocavano in continuità con quel passato criminale. In quella storia di camorra avevano il riferimento specifico. Con l’arresto di Zagaria, in questo senso dunque, viene a mancare quel riferimento carismatico e criminale che aveva caratterizzato i componenti del clan sino al suo arresto. Per quanto riguarda il futuro, intravedo uno scenario piuttosto confuso. Ci sono chiaramente grossi interessi di natura imprenditoriale che devono essere ricollocati ma sul versante dell’ala militare non intravedo, al momento, camorristi di quella caratura, piuttosto piccoli gruppi dediti in particolare al traffico di droga, core business delle cosche.

Si plaude all’arresto di Zagaria ma  poi quando la stessa magistratura si occupa di indagare le connivenze o collusioni fra alcuni politici e alcuni boss viene accusata di un uso strumentale dei suoi poteri d’indagine. E’ accaduto in questi mesi per il parlamentare del Pdl, Nicola Cosentino, accusato di essere “il referente politico” dei casalesi e sul quale fra oggi e domani dovrà pronunciarsi il parlamento …

Ho rilevato più volte questa sorta di schizofrenia che caratterizza la classe politica, trasversalmente, e che porta ad esaltare la magistratura se indaga sui boss ma metterla in dubbio se fa la stessa cosa su alcuni esponenti della classe politica. Ma devo aggiungere che questa non è una novità dell’attuale classe dirigente e una insana abitudine che affonda le radici nella cosiddetta prima Repubblica e che rappresenta uno dei nodi irrisolti fra politica e magistratura.

Che messaggio manda alla società civile un parlamentare che rimane al suo posto nonostante sulla sua persona gravino accuse così pesanti?

Vorrei affrontare questa domanda, a prescindere dal singolo caso. Premetto, infatti, che l’onorevole Cosentino fa bene a difendersi, la sua è una scelta legittima. Senza entrare nello specifico caso il discorso, a mio avviso, è di natura generale, strutturale, direi. E riguarda tutto l’ambito della materia legata alle valutazioni sulla correttezza dell’operato dei politici. E’ giusto che non ci sia nessun altro organismo di controllo, non solo in merito a questo tipo di irregolarità ma anche su molte altre, e che gli unici a poter scegliere, e lo fanno giustamente, della correttezza del loro operato siano i parlamentari stessi? Questo è uno dei temi del futuro, cui bisognerebbe guardare con attenzione, nel rispetto della piena autonomia di valutazione dei politici ma anche della necessità di una garanzia per i cittadini. Per quel che riguarda le autorizzazioni a procedere, ad esempio, poche volte ho visto il parlamento discutere, caso per caso, il provvedimento e la sua natura. La sua compatibilità. Ci sono a volte comportamenti di un politico che non sono penalmente rilevanti ma possono diventarlo a livello politico. Il parlamento, dunque, dovrebbe discutere in merito alle accuse di connivenza con le mafie (parlo in generale e non per il caso Cosentino) se siano o meno compatibili con il ruolo di parlamentare. Altrimenti c’è il rischio che la politica sia autoreferenziale.

Nel suo libro “I Gattopardi”, fra l’altro ritrovato anche nel covo di Zagaria, lei racconta di una mafia sempre meno coppola e lupara e sempre più “service”. Quali al momento i settori in cui la camorra opera come “service”?

Continua ad essere quello del “mattone” il settore in cui la camorra è maggiormente presente, storicamente: dall’edilizia all’immobiliare. Ma c’è una grande novità che deve far alzare il livello di allerta, ed è quello dei servizi (dalla vigilanza, alle pulizie e comunque collegati ad appalti pubblici) e della distribuzione. Le ultime indagini hanno dimostrato, in maniera netta, che i clan controllano dalla produzione alla vendita tutta la filiera del mercato. Questo meccanismo altera direttamente la libertà d’impresa, comprime il mercato e elimina la concorrenza, con danni immediati sull’economia e sui consumatori.

Quest’anno si è parlato a lungo della presenza della ‘ndrangheta al nord. Come si muove la camorra in queste regioni?

Pregio e difetto di questa organizzazione criminale è il suo essere orizzontale, molto poco strutturata,  poco visibile agli occhi esterni ma per questo molto insidiosa. E’ in grado di inserirsi, al centro nord, in svariati settori e quasi sempre dove c’è camorra diventa distinguere come si sia inserita e cos’è camorra da cosa non lo è. Ha una alta capacità di mimetizzarsi nel tessuto socio -economico che è parimenti la sua forza e pericolosità ma questo modo di procedere la rende meno rintracciabile delle altre mafie. E per anni se n’è parlato molto meno.

A tal proposito è possibile riassumere il cambiamento di atteggiamento dell’opinione pubblica verso questo tema sostenendo che c’è “un prima e un dopo Gomorra” (il libro di Roberto Saviano, ndr) ?

Si, a mio avviso c’è un prima  e un dopo “Gomorra”. Per anni, storicamente, il problema della camorra è stato tenuto sotto traccia, spesso proprio dalla politica che, a volte in persino in buona fede, non l’ha fatto emergere, né ha lanciato l’allarme sulla sua pericolosità. Questo libro, intenso come un racconto che è riuscito a parlare a molti, è stato in grado di farlo. Di accendere i riflettori su questo argomento troppo a lungo sottotraccia. Adesso però i cittadini devono essere in grado di far si che, quando si spegneranno inevitabilmente i riflettori sul tema, il loro impegno quotidiano, la loro costanza  e i loro comportamenti siano in grado di tenerlo illuminato. E non farlo cadere nel silenzio. Non è importante avere Gomorra sul comodino e esaurire così, in un gesto simbolico, il proprio pezzo di impegno sociale su questo tema. E’ importante praticare un’antimafia sociale ogni giorno ed evitare il rischio di banalizzare e semplificare la lotta alle mafie. Uscire da un’antimafia autoreferenziale e fare quello che questo libro è riuscito a fare: coinvolgere. Ci servono meno tifosi della legalità ma più cittadini impegnati per questo, concretamente.

A tal proposito, pochi giorni fa il magistrato Cafiero De Raho ha detto di “essersi sentito forte davanti alla porta del covo di Zagaria perchè sentiva la società civile che li sostenev
a”
. Quanto è centrale il loro sostegno, adesso?

E’ tutto. Credo che il ruolo della società civile in questa battaglia, oltre il lavoro delle forze dell’ordine, sia davvero tutto. Per dirla citando Antonino Caponnetto: “in alcune aree lo Stato dovrebbe mandare un esercito, si, ma di insegnanti”. E’ ancora l’aspetto educativo e culturale ad essere centrale per mettere fine a queste presenze criminali. Senza questo le forze dell’ordine possono fare arresti ma questo porta solo al ricambio e non alla fine del “sistema”.

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