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Il Paese del gioco d’azzardo dove a vincere sono solo le mafie

Di Norma Ferrara il . Lazio, Progetti e iniziative

«Sale Bingo, scommesse clandestine, videopoker, slot machine. Il mondo del gioco d’azzardo è interesse della criminalità organizzata. Piu’ di un interesse. Un vero e proprio affare. Spesso gestito in regime di monopolio. Con un giro d’affari sottostimato di dieci miliardi di euro all’anno. E che non conosce confini. Da Chivasso a Caltanisetta, attraversando la via Emilia e la Capitale, sono 41 i clan nel Belpaese che gestiscono la “grande roulette”». Così la rete di associazioni di Libera racconta in un passaggio del dossier “Azzardopoli” la costante e penetrante presenza delle mafie e del malaffare in quella che le cifre testimoniano essere la “terza impresa” del paese con un giro di affari di 86mld di euro: il gioco d’azzardo. Un settore che per la criminalità organizzata rappresenta, da solo, un guadagno di dieci miliardi di euro.

Il una ampia ricerca curata dal giornalista Daniele Poto l’analisi della situazione nel Paese che – dichiara alla conferenza stampa alla Fnsi, Poto – è  il primo Paese in Europa per numero di giocatori e il terzo nel mondo. L’analisi di Libera affronta il tema  a partire da tutti gli aspetti che lo caratterizzano: la dipendenza dal gioco e del gioco d’azzardo in particolare, il controllo da parte della criminalità organizzata di stampo mafioso di questo settore ma anche il disagio sociale e l’impoverimento delle famiglie che spesso finisco per diventare vittime di questo business sempre più gestito dai clan. Secondo il rapporto gli italiani spendono circa 1260 euro procapite per tentare la fortuna, per raddoppiare i soldi e si stimano 800mila persone dipendenti da gioco d’azzardo e quasi due milioni di giocatori a rischio. Un dossier – quello di Libera – che si avvale dei dati istituzionali, quelli delle forze dell’ordine ma anche di molte ricerche già effettuate in questi anni da associazioni, gruppi di cittadini, psicologi e operatori del sociale.

Gioco d’azzardo, corruzione della speranza. «Da più di 15 anni – dichiara il presidente di Libera e Gruppo Abele, Luigi Ciotti – abbiamo denunciato il rischio, oggi certezza, che il gioco d’azzardo, così come è stato per le sostanze stupefacenti, diventasse una dipendenza, un disagio sociale e un luogo di malaffare criminale. Oggi ci troviamo in ritardo, a dover prendere atto che nulla è stato fatto e invece c’è urgenza di fare e fare bene al più presto sotto l’aspetto legislativo ma anche delle politiche sociali». Il presidente di Libera sottolinea i tanti aspetti sociali in cui incide, profondamente, l’abuso del gioco d’azzardo così come oggi si è diffuso nella società, trasformandosi in un businessa appetibile da numerosi clan e sottolinea: «quella del gioco d’azzardo è una forma di corruzione della speranza, nei dati che emergono dal rapporto che Libera presenta oggi, emerge soprattutto un problema di natura etica, culturale, morale e politica. E’ stato dimostrato in questi anni – continua Ciotti – che il danno sociale e individuale che questi giochi d’azzardo arrecano alla società sono di gran lunga maggiori dei guadagni che lo Stato riesce a trarre da essi». Dipendenza e indebitamento sono i due problemi sociali che maggiormente sono collegati all’abuso nell’uso di videopoker, slot machine, gratta e vinci,  bingo. E a questo “costo sociale” elevato e ancora oggi sottovalutato si passa all’inquinamento ormai conclamato di questo business da parte delle mafie, presenti in tutta la “filiera” che gestisce buona parte del gioco d’azzardo.

Azzardo, nuova frontiera del business criminale. A parlarne durante la conferenza stampa di presentazione di “Azzardopoli” è il magistrato della Direzione nazionale antimafia, Diana De Martino. «Sono circa 41 i clan coinvolti in operazioni direttamente o indirettamente collegati a questo business in diverse città italiane a dimostrazione che il gioco d’azzardo è oggi la nuova frontiera per le mafie, il nuovo business che unisce bassi rischi e massimo rendimento». Sono dieci le direzioni distrettuali antimafia che nell’ultimo anno hanno effettuato indagini: Bologna, Caltanissetta, Catania, Firenze, Lecce, Napoli, Palermo, Potenza, Reggio Calabria e Roma.  Nel 2010 sono state 6.295 le violazioni riscontrate dalla Guardia di finanza: oltre 8mila le persone denunciate, 3.746 i videogiochi irregolari sequestrati (alla media di 312 al mese) e 1.918 i punti di raccolta di scommesse non autorizzate o clandestine scoperti, il 165% in piu’ rispetto all’anno precedente. «Sono tante, svariate e di vera fantasia criminale i modi e le tipologie con le quali le mafie si infiltrano in queste imprese che si occupano della “macchina del gioco”. Dalle infiltrazioni delle società di gestione di punti scommesse, alle Sale Bingo, che si prestano in modo “legale” per diventare invee “lavanderie” per riciclaggio di soldi sporchi, all’imposizione di noleggio di apparecchi di videogiochi, alla gestione di bische clandestine, sino al toto nero e clandestino». E poi ancora «..il grande mondo del calcio scommesse, un mercato che da solo vale oltre 2,5 miliardi di euro. La grande giostra intorno alle scommesse delle corse clandestine dei cavalli e del mondo dell’ippica. Sale giochi utilizzate per adescare le persone in difficoltà, bisognose di soldi, che diventano vittime dell’usura. Il racket delle slotmachine. E non ultimo quello dell’acquisto da parte dei clan dei biglietti vincenti di Lotto, Superenalotto, Gratta e vinci. I clan sono pronto infatti a comprare da normali giocatori i biglietti vincenti, pagando un sovrapprezzo che va dal cinque al dieci per cento: una una maniera “pulita” per riciclare il denaro sporco. Esibendo alle forze di polizia i tagliandi vincenti di giochi e lotterie possono infatti giustificare l´acquisto di beni e attività commerciali. Eludendo così i sequestri».

I clan coinvolti. Tante le operazioni attraverso le quali Libera racconta questo business che assume tratti criminali e coinvolge clan del calibro dei Casalesi, dei Bidognetti, dei Mallardo, dei Santapaola e dei Condello, dei Mancuso, dei Lo Piccolo. Dati illustrati, con precisione dal giornalista Daniele Poto che con Libera ha curato il rapporto includendo anche il lavoro di ricerca fatto dall’associazione Giovanni XXIII del novembre del 2011   – si legge nel rapporto – «ha realizzato una ricerca sulle abitudini al gioco d’azzardo stimando circa un 1 milione e 720 mila giocatori a rischio e ben 708.225 giocatori adulti patologici, ai quali occorre sommare l’11% dei giocatori patologici minorenni e quelli a rischio. Il che significa che vi sono circa 800 mila dipendenti da gioco d’azzardo all’interno di un’area di quasi due milioni digiocatori a rischio. I giocatori patologici dichiarano di giocare oltre tre volte alla settimana, per più di tre ore alla settimana e di spendere ogni mese dai 600 euro in su, con i due terzi di costoro che addirittura spendono oltre 1.200 euro al mese». Tutti dati che hanno un impatto sulla vita di tutti i giorni, sulle persone. Come sottolinea lo psicologo, Mauro Croce, oggi il gioco d’azzardo è diventato un fenomeno di massa che niente ha a che vedere con quel rito “culturale e di tradizione” che era un tempo. E ancora oggi non viene riconosciuta come una patologia da curare ed è ancora largamente negato il diritto a curarsi gratuitamente come per altre dipendenze.

Una legge sul gioco d’azzardo. Numeri, storie e cifre di un fenomeno complesso, quelle contenute nel dossier di Libera (scarica qui il dossier “Azzardopoli) che affrontano il problema e den
unciano i casi più eclatanti in cui le mafie hanno preso la gestione delle slot machine, di biglietti gratta e vinci del “mercato nero” e di altre attività che si rivelano, alla luce di queste cifre, un affare sicuro e redditizio. «Questa è la situazione oggi – conclude Luigi Ciotti – ma questa analisi deve servire soprattutto per agire, per mettere sul tavolo proposte, che abbiamo elaborato con le tante realtà che lavorano su questo tema da anni – e che adesso vanno applicate al più presto». Una proposta articolata in dieci punti, fra gli altri la necessità di una legge quadro che si occupi di inasprire le pene (al momento irrisorie) e prevenire il diffondersi di questa dipendenza dal gioco, una maggiore attenzione a politiche che siano in grado di intervenire prevenendo il fenomeno e i suoi effetti sociali  e una più efficace comunicazione e informazione fondamentale per comprendere il fenomeno. (leggi qui le proposte di Libera)

Un approfondimento su dossier, domani,  nel supplemento di informazione “Verità e giustizia” a cura di Libera Informazione

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