Gela, l’Istituto superiore di sanità e Greenpeace puntano il dito contro Eni
E’ l’apparato respiratorio quello che più risente della presenza industriale in città: i dati vengono confermati da uno studio epidemiologico condotto dall’Istituto Superiore di Sanità che ha analizzato tutti i siti di interesse nazionale sparsi per la penisola, fra i quali Gela. Sono luoghi che convivono con l’industria pesante: dove, denuncia in un altro rapporto l’associazione Greenpeace, le bonifiche rimangono al palo. Uno studio, pubblicato anche sulla rivista scientifica britannica Enviromental Health, ha fissato in 127 milioni di euro l’ammontare fino ad oggi speso da Eni per la fase di bonifica del sito industriale di contrada Piana del Signore.
Cifre esigue se, ad esempio, confrontate con i quasi 800 milioni di euro già stanziati per l’area industriale di Priolo. Gli esperti dell’Istituto Superiore hanno lavorato nel tentativo di ricostruire l’incidenza di molte patologie sulla popolazione gelese in un arco temporale di sette anni, dal 1995 al 2002. E, così, hanno accertato tassi preoccupanti di tumori alla trachea, ai bronchi e ai polmoni che si affiancano ad un’alta percentuale, in generale, di malattie all’apparato respiratorio. Alti, inoltre, sono i dati relativi alle malattie ischemiche del cuore e ai disturbi cardiocircolatori dell’encefalo.
A preoccupare i ricercatori, comunque, è anche la frequenza, nel periodo esaminato, dei tumori: con un tasso grezzo che raggiunge, quasi, quota 200. Ancora più diffuse le malattie del sistema cardiocircolatorio: che superano anche quella fatidica quota. Numeri che vengono confermati da Loredana Musumeci, direttore del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell’Istituto superiore di sanità. Dati che sforano, e di molto, le medie registrate in centri che nulla hanno da spartire con l’attività industriale. Un’industria, quella della multinazionale Eni a Gela, che, stando al rapporto realizzato dai ricercatori di Greenpeace, cerca di disimpegnarsi dal fronte bonifiche.
“Eni punta a chiudere con una transazione – si legge nel report – il contenzioso aperto con il ministero dell’Ambiente per la bonifica di nove siti industriali, compreso quello di Gela”. Per questa ragione, i vertici nazionali della società, nel preconsuntivo del 2010 hanno posto 1 miliardo e 109 milioni di euro nel fondo rischi ambientali, generando una riduzione dell’utile di 783 milioni. Cifre e statistiche che, purtroppo, parlano di morti e famiglie private dei loro affetti.
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