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Un presidente contro la mafia

Di redazione il . Sicilia

Il 6 gennaio 1980, appena entrato in auto insieme  alla moglie e al figlio per andare a messa, un killer si avvicinò al suo finestrino e lo uccise a colpi di pistola. Così veniva ucciso da Cosa nostra 32 anni fa a Palermo, l’allora presidente della Regione Siciliana, Piersanti Mattarella.  Oggi, in via Libertà, luogo del delitto, sono state deposte corone di fiori. E anche a Castellammare del Golfo, sua città natale. Familiari, rappresentanti delle forze dell’ordine e delle istituzioni hanno ricordato con un minuto di silenzio il presidente della Regione Siciliana, politico della democrazia cristiana, che aveva provato a cambiare la Sicilia con atti concreti, imponendo trasparenza e sfidando collusioni e omertà che vigevano nella stessa classe dirigente della Regione.  Per l’omicidio Mattarella sono stati condannati come mandanti tutti i vertici di Cosa nostra dell’epoca: Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco Pippo Calò, Bernardo Brusca, Antonino Geraci e Francesco Madonia. 
Istituzioni. A 32 anni dal suo omicidio, il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, giunto sul luogo dell’agguato per ricordare il presidente Mattarella, ha lanciato l’allarme sulla situazione attuale in Sicilia, affermando: «Cosa Nostra fa sempre il tentativo di riformare la sua struttura principale, la commissione provinciale di Palermo che ha sempre assunto posizione strategica, dando input per tutte le decisioni importanti. Basti pensare a quanti delitti eccellenti sono stati decisi da questa struttura. Il grosso risultato della repressione dello Stato e’ stato quello di destrutturare la commissione e ora bisogna continuare a impedire che si ricostituisca». Con il procuratore Grasso, presenti anche molti uomini delle istituzioni (tra gli altri, il sindaco di Palermo, Diego Cammarata, l’assessore regionale all’Economia, Gaetano Armao, il segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, il capogruppo dei democratici all’Ars, Antonello Cracolici, il senatore Carlo Vizzini e il dimissionario assessore regionale dell’Udc Andrea Piraino). Il presidente della Regione Raffele Lombardo, coinvolto in una prima fase nell’inchiesta “Iblis” a Catania, per rapporti mafia e politica, ha ribadito la necessità di “trasparenza” e “legalità” nell’azione della politica. «La leadership di Piersanti Mattarella rappresentava un’insidia pericolosa per gli equilibri politico-mafiosi in Sicilia – ha ricordato oggi il sentore Giuseppe Lumia, componente della Commissione parlamentare antimafia. La sua apertura al centrosinistra, le sue prese di posizione sulla necessità di combattere le collusioni con Cosa nostra e con il mondo degli affaristi, il lavoro che stava portando avanti per garantire trasparenza e legalità all’interno della macchina regionale … minacciavano gli equilibri consolidati nell’Isola». 
Il contesto. Piersanti Mattarella fece una scelta di campo a favore della trasparenza e della legalità nella sua azione di governo dell’amministrazione pubblica siciliana che, in quegli anni bui della lotta alle mafie, fu interpretata dalla mafia come una chiara dichiarazione di guerra. Sono gli anni in cui veniva ucciso a Palermo, il  capo della Squadra Mobile, Boris Giuliano, il Giudice Terranova e il maresciallo Lenin Mancuso e ogni giorno Palermo faceva i conti con la sfida al cuore dello Stato lanciata dai corleonesi, il gruppo mafioso guidato da Totò Riina. Rigore e determinazione. E poi quella  Conferenza regionale dell’agricoltura che si tenne a Villa Igea, nel febbraio del 1979; rimase storico quello scambio di intenzioni con Pio La Torre, responsabile  nazionale dell’ufficio agrario del Partito Comunista Italiano in quel periodo (anche lui ucciso poi nel 1982 dalla mafia) che aveva denunciato un assessore colluso con la mafia. Il presidente Matterlla, nel suo intervento conclusivo, si distinse perché – concordando con Pio La Torre –  riconobbe la necessità di correttezza e legalità nella gestione dei contributi agricoli regionali. Un business, quello dei contributi pubblici in questo settore, che ingrassò le casse dell’organizzazione per anni. E’ nella  sentenza  della Corte di Appello di Palermo 2 maggio 2003 per il processo di Giulio Andreotti  che si legge in alcuni passaggi una correlazione fra questo omicidio e le successive scelte politiche della Democrazia cristiana in Sicilia. 
Per maggiori informazioni su Piersanti Mattarella:

“Le carte in regola”. Piersanti Mattarella. Un democristiano diverso, con saggio introduttivo di G.C. Marino, Centro Studi ed iniziative culturali Pio La Torre, Palermo 2007.
Saverio Lodato, Trent’anni di mafia, BUR Biblioteca Universale Rizzoli, 2008

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