Un ritratto di Pippo Fava
Chissà cosa stava pensando Pippo Fava quando l’hanno ammazzato, la notte del 5 gennaio di 28 anni fa. Forse, andando a teatro dalla sua nipotina, pensava alle strade di Catania che lui viveva ogni giorno, ai vicoli della città etnea e ai palazzi signorili di chi ha voluto la sua morte. Magari stava proprio prendendo in giro uno dei tanti pupi in mano a Santapaola. Storie di tutti i giorni nella terra che ha fatto di tutto per dimenticarlo, ma che lascia in ogni dove qualcosa che Pippo Fava ha raccontato in una vita intera.
L’antieroe per eccellenza. Genio e spregiudicatezza. Un uomo capace di dialogare con un ministro, un cardinale, un operaio o una puttana allo stesso modo e riconoscendo a ciascuno pari dignità, non solo a parole. Nessun orpello a delineare il profilo di un uomo che ha avuto la straordinaria capacità di essere se stesso fino all’ultimo.
Una delle storie che forse meglio lo descrivono me la raccontò Riccardo Orioles, allora giovane giornalista che oggi si autodescrive come un fighetto di poche parole e dedito al suo lavoro certosino da cronista. Riccardo racconta che un giorno nella redazione dei Siciliani rimasero ad aspettare il direttore Fava per più di un’ora. Era una riunione importante, convocata da Pippo Fava stesso per discutere di alcune questioni relative alla cooperativa Radar. Pippo arriva accaldato e con il viso un po’ imbronciato quasi a nascondere un ghigno di imbarazzo per il ritardo. Ma non diede alcuna spiegazione. Qualche tempo dopo scoprirono che si era fermato con dei bambini per strada per una improvvisata partita a pallone.
Un uomo tutto d’un pezzo. Un grande amante della vita. Giornalista prima di tutto, ma anche brillante drammaturgo e scrittore attento che racconta la storia del nostro tempo senza fare sconti. Il Novecento che bisognerebbe imparare a capire e a cui dare un valore proprio come cercò di fare Giuseppe Fava con i suoi articoli, i romanzi, i racconti, le opere teatrali e persino i suoi quadri che descrivono donne bellissime e impossibili, assieme a uomini di potere disegnati con la sproporzione della pesantezza che circonda la loro vita.
Quando tutti a Catania negavano la presenza della mafia, Pippo Fava raccontava dei grandi cavalieri del lavoro che si nascondevano proprio dietro al crimine. La mafia non era solo quella dei morti ammazzati, ma soprattutto quella dei grandi appalti e dell’appoggio politico incondizionato. I cavalieri di allora hanno lasciato il posto a quelli di oggi che si nascondono dietro a fondazioni culturali, nomi altisonanti e imprese create proprio grazie ai soldi guadagnati allora. La mafia che garantiva e garantisce la non concorrenza e la spartizione tra pochi.
Oggi Pippo sarebbe ancora in giro per Catania a raccontare quello che vede. Storie di poesia, dolore, passione incondizionata e spregiudicata violenza, sotto un cielo di stelle che sembrano aver fermato il tempo nonostante siano passati quasi 30 anni. Poche cose ma importanti, prima di accendere l’ennesima sigaretta della giornata e infilarsi tra le braccia di una donna splendida per il fatto che sorride seducente e appagata solo vedendolo arrivare.
* Oggi alla Federazione nazionale della stampa ore 17.30 l’iniziativa in memoria di Pippo Fava nel 28esimo anniversario del suo omicidio
Luigi Politano, giornalista, è autore
insieme a Luca Ferrara della graphic novel “Pippo Fava. Lo spirito di un
giornale” (Round Robin Editrice e daSud). L’articolo è stato pubblicato da “Paese Sera.it”
Trackback dal tuo sito.