Quanto fruttano gli affari
dei boss a livello globale
Soldi, tanti e sporchi. Provate ad immaginare quanto denaro frutto dei traffici più svariati inquina l’economia mondiale. La risposta è sconcertante. Il numero è astronomico, difficile pure da considerare. Duemilacento miliardi di dollari. Una cifra pari al 3,6% del Pil globale del 2009. A fornire i dati l’ufficio delle Nazioni unite che si occupa di droga e crimine organizzato, l’Unodc. Si tratta naturalmente di una stima, difficile da quantificare con assoluta certezza, ma che rende l’idea del problema, offrendo degli spunti di analisi e di riflessione interessanti. Primo fra tutti che la ricchezza generata dal mondo criminale è un pezzo importante dell’economia globale. Non solo mafie, quindi, ma anche comportamenti criminali quali frodi, evasione fiscale, e chi più ne ha più ne metta. La criminalità organizzata, tuttavia, gioca un ruolo importante.
«Se si considerano soltanto i ricavi tipici del crimine organizzato transnazionale – si legge nel documento – risultanti dai traffici di droga, contraffazione, traffico di esseri umani, traffico di petrolio, di animali selvatici, legname, pesce, proprietà culturali e artistiche, oro, organi, e armi piccole e leggere – la stima si aggira intorno all’1,5% del Pil». Circa la metà di questa cifra, inoltre, è collegata al narcotraffico, e in modo principale alla cocaina. Dei duemilacento miliardi di dollari prima citati, quanti vengono ripuliti nel sistema finanziario internazionale? Anche qui il dato è spaventoso: milleseicento miliardi di dollari, pari al 2,7% del Pil mondiale del 2009. Una minaccia reale e concreta che investe il globo intero. Una rete fitta e stringente. Non è vero che il denaro non “puzza”, anzi. Il criminale, in modo particolare il boss mafioso o il narcotrafficante, pur muovendosi nel terreno economico, è spinto da logiche del tutto diverse rispetto a quelle che regolano il mercato.
Scrive l’Unodc: «Le implicazioni dell’investimento di flussi finanziari criminali nell’economia legale sono principalmente correlate alle distorsioni degli investimenti, dei prezzi, del consumo, delle esportazioni e delle statistiche economiche, alla concorrenza sleale e all’indebolimento delle istituzioni ». I soldi sporchi avvelenano l’intero sistema politico, sociale ed economico di un paese. Infatti, il boss che diventa imprenditore – sottolinea l’Unodc – sceglie dove investire sulla base del rischio di essere scoperto, mentre un operatore sano sceglie i propri investimenti sul calcolo del massimo ricavo che può ottenere. C’è di più, l’Ocse in un recente studio ha calcolato la relazione che esiste tra il riciclaggio di denaro sporco e il tasso di crescita di uno Stato. Si calcola che, sempre approssimativamente, un miliardo di dollari “ripulito” e immesso nel tessuto economico sano, provoca la diminuzione della crescita per un valore che oscilla dallo 0,04% allo 0,06%. Di fronte a dati così allarmanti ne va aggiunto uno ulteriore. Si stima che meno dell’1% dei capitali riciclati è sequestrato. Un tasso eccessivamente basso, che evidenzia la necessità di un maggiore coordinamento internazionale sul contrasto al riciclaggio. Alcuni passi, anche se piccoli, sono stati compiuti con la nascita presso numerose Banche centrali delle Unità di informazione finanziarie (Uif ), che svolgono un’analisi di monitoraggio sulle operazioni finanziarie sospette.
Quelle, cioè, che molto probabilmente nascondono attività di ripulitura di denaro sporco. Le Uif, in Italia è attiva presso Bankitalia, collaborano tra loro a livello internazionale. Tuttavia restano ancora grandi lacune che spuntano le armi degli investigatori. Infine, la profonda crisi finanziaria che sta colpendo l’economia mondiale, e in particolar modo quella dei paesi dell’Unione Europea, rischia di rendere appetibile l’enorme massa di capitali illeciti. In mancanza di liquidità il denaro sporco è pur sempre denaro. Business as usual.
Trackback dal tuo sito.