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Mafie, crisi economica e decreto “Salva Italia”

Di Rocco Artifoni il . L'analisi, Lombardia

È del tutto evidente che il governo Monti è composto da persone serie e competenti. Però per realizzare un buon governo, serietà e competenza sono soltanto la “conditio sine qua non”.  Occorre poi valutare le scelte effettuate, le decisioni attuate, le prospettive che si aprono. E da questo punto di vista la recente manovra governativa sembra un’occasione mancata. Le parole d’ordine preannunciate erano tre: rigore, crescita ed equità. Su tutte e tre abbiamo molti dubbi.  L’Italia ha un debito pubblico di 1.909 miliardi di euro (al 31/10/2011). Gli interessi sul debito negli ultimi anni non raggiungevano la soglia del 5%. Con il rialzo dei tassi sui titoli di Stato il 5% è stato ampiamente superato.

È vero che la durata media dei titoli che garantiscono il debito italiano è alta (quasi 8 anni), ma è altrettanto vero che il rialzo dei tassi comincia a far sentire i suoi effetti quando chi ha comprato i BOT con scadenza a 3 mesi va a riscuoterli con gli interessi. In altre parole, il 5% progressivamente non basterà più. E tutti i sacrifici previsti rischiano di essere “mangiati” soltanto dagli interessi sul debito. Anche nella migliore delle ipotesi, che è il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013, qualcuno ci dovrebbe spiegare cosa si intende fare per pagare il debito pregresso, che appunto è di 1.909 miliardi di euro, cioè 32.000 euro pro capite in media per ogni cittadino italiano. Insomma, rispetto al governo precedente c’è un maggior rigore, ma con i circa 32 miliardi di euro della manovra del governo Monti non si va molto lontano. In una situazione di rialzo dei tassi e quindi di aumento del costo del denaro, sarà più difficile per ottenere credito dalle banche. Per la criminalità che pratica l’usura si aprono – purtroppo – ampi spazi di manovra.

E veniamo alla crescita. Nella conferenza stampa in cui Monti e alcuni suoi ministri hanno illustrato la manovra, è stato detto che per il 2012 si prevede una crescita del PIL di -0,4%. Il Centro Studi della Confindustria ha stimato addirittura una perdita del -1,6% nel prossimo anno. Da un lato si può prendere atto che l’attuale governo faccia previsioni più prudenti e credibili rispetto al governo precedente che aveva stimato una crescita dello 0,6%. D’altra parte, se si prevede una crescita negativa, bisogna parlare di decrescita. Che può non essere una prospettiva del tutto negativa, ma certo è difficile che sia coerente con la preannunciata parola d’ordine della crescita. E una situazione di crescita negativa metterà in ulteriore affanno molte imprese e famiglie. L’aumento della povertà è una facile previsione, con costi sociali difficili da calcolare.

Arrivando al terzo punto, quello dell’equità, i dubbi si ingigantiscono. È vero che si prevede una maggiore tassazione di alcuni beni di lusso (auto di grande cilindrata, barche ed elicotteri) e un supplemento d’imposta per chi aveva aderito all’ultimo condono fiscale per il rientro dei capitali dall’estero. Però alcune misure lineari, come ad esempio il previsto aumento dell’IVA del 2% e la tassazione dello 0,1% dei patrimoni mobiliari, indipendentemente dalla quantità posseduta, non possono certamente essere ritenute eque. Non c’è bisogno di richiamare il criterio di progressività (art. 53 Costituzione) per capire che un’imposta proporzionale su chi ha 10.000 euro di risparmi in titoli di stato e chi ne ha 1.000.000 è ridicola e ingiusta. Si è tanto parlato di imposta patrimoniale e alla fine Monti ha partorito un topolino, che ai grandi capitali fa il solletico. Basti pensare che il provvedimento si applica ad una platea di contribuenti che in tutto possiede un patrimonio in titoli che corrisponde ai 1.909 miliardi di debito pubblico. Più circa altri 1.700 miliardi che stanno sui conti correnti e in altri depositi o attività finanziarie. Più quasi 6.000 miliardi di patrimonio immobiliare: e anche l’introduzione dell’IMU oltre la prima casa è sostanzialmente lineare, perché non distingue tra chi possiede una seconda casa e chi ne ha un centinaio. Insomma, si fanno parti uguali tra diseguali, scelta sicuramente iniqua.

Apprezzabile la riduzione della soglia del pagamento in contanti a 1.000 euro, ma per stroncare i pagamenti “in nero” ci vuole ben altro, visto che i contanti circolano spesso in un proprio circuito parallelo a quello legale. È del tutto evidente che l’evasione fiscale si combatte molto più efficacemente con il contrasto di interessi tra cliente e fornitore. Quindi con l’aumento della deducibilità delle spese, soprattutto quelle per il sostentamento di una famiglia. Ma su questo punto Monti non ha detto una parola. Va sottolineato che il presidente del consiglio dei ministri ha promesso che non verranno effettuati condoni, ma anche questa può essere considerata una misura necessaria, ma non sufficiente.

L’Italia ha un grande debito che va al più presto assolutamente ridotto, ma proprio per questa ragione non si può far finta di non vedere che gli italiani possiedono oltre 9.000 miliardi di euro, cioè oltre il quadruplo del debito. Se vogliamo continuare a farci del male, sommando interessi ad interessi da pagare, siamo liberi di farlo, come finora abbiamo fatto. Ma il governo Monti poteva essere l’occasione per una svolta, adottando come priorità la lotta all’evasione fiscale come via maestra per risanare i conti dello stato e la riduzione delle disuguaglianze come premessa ad un rilancio dell’economia. Invece, tassando un po’ tutti indistintamente, si rischia di aumentare ulteriormente i divari, poiché ai meno abbienti verrà meno anche la residua capacità di spesa. In questo modo si rischia la recessione, che significa anche meno entrate per lo stato e conseguente impossibilità di raggiungere il pareggio di bilancio. Così potrebbe ripartire il circolo vizioso dell’aumento del debito e degli interessi da pagare. Di conseguenza a breve servirà un’altra manovra e si continuerà ad aumentare la pressione fiscale (nel 2013 si prevede già il record del 44,5%).

In questo contesto negativo le mafie potranno fare molti affari, approfittando della crisi. Il modo per uscire da questa spirale probabilmente ci sarebbe, ma finora Monti non sembra averlo trovato. Peccato.

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