Le reti usuraie in Umbria
«L’usura è sempre più un reato associativo. Non è un reato fatto da
singoli ma sempre più da gruppi di persone che, fra l’altro, commettono
più di un reato finanziario: dalle truffe, alle assicurazioni, o
attraverso aste giudiziarie. Si tratta di un mondo parallelo che non
assomiglia a quello che ci immaginiamo “con coppola e lupara” ma sempre
più a quello di “persone per bene”. Anche il settore del gioco illecito,
le agenzie di scommesse: questi sono terreni in cui girano tanti
contanti, liquidità. A raccontarci il fenomeno, Lino Busà, presidente di
Sos impresa.
Chi sono gli usurai in Umbria?
Conosciamo le reti usuraie.
L’usura è un reato sommerso ma gli usurai sono persone note: alle
autorità giudiziarie, al cittadino, alle forze di polizia. Sono note al
sistema bancario. Un impiegato di banca di quarto livello è in grado di
riconoscerle, in funzione dei movimenti bancari. Sulla base di questo
abbiamo descritto il fenomeno usuraio nell’Umbria nel documento “Umbria
non è isola felice”.
Se si tratta di un reato sommerso com’è possibile
individuarlo o prevenirlo?
Uno dei problemi che incontriamo in questa
regione è che questo fenomeno è trattato in maniera superficiale. Le
vittime di usura, per esempio, sono tenute a distanza, mentre loro
potrebbero essere invece una fonte importante per capire come funziona
il sistema e il fenomeno. L’usura è sempre più un reato associativo: non
è un reato fatto da singoli ma sempre più da gruppi di persone che, fra
l’altro, commettono più di un reato finanziario: dalle truffe, alle
assicurazioni, o attraverso aste giudiziarie. Si tratta di un mondo
parallelo che non assomiglia a quello che ci immaginiamo “con coppola e
lupara” ma sempre più a quello di “persone per bene”. Anche il settore
del gioco illecito, alle agenzie di scommesse: questi sono terreni in
cui girano tanti contanti, liquidità (bene prezioso al momento in
possesso delle mafie).
Come fanno le mafie a penetrare il sistema
economico umbro?
La penetrazione avviene attraverso soggetti prestanome,
che intervengono in determinati settori, uno di questi è l’edilizia. Si
radicano all’interno del tessuto e poi, gradualmente con modalità
insospettabili, investono in varie attività: bar, ristoranti, negozi. I
primi prestanome sono persone di assoluta fiducia. Successivamente
quando l’usuraio o il mafioso diventa stanziale trova sul posto
prestanome. L’Umbria diventa terra appetibile per queste operazioni
perché ha sempre avuto una scarsa attenzione al fenomeno. Solo da
due/tre anni – in particolare devo sottolineare con il lavoro fatto da
Libera – è cambiato il modo di porsi rispetto a questi dati. C’è stata
una diversa attenzione al pericolo delle infiltrazioni mafiose nella
Regione.
Quanto il fenomeno dell’usura è collegato ad altri, come la
prostituzione e il traffico della droga. C’è un collegamento fra loro?
Questo è il grande tema del presente e del futuro. Riguarda l’Umbria ma
anche la Capitale e il rapporto di “Sos impresa” dedica proprio ampio
spazio a questa “relazione” fra diversi fenomeni. Noi oggi abbiamo, per
una serie di ragioni, questa situazione. Il traffico di cocaina e
l’attività usuraia è nelle stesse mani. Questo cosa significa?
Attraverso il commercio di cocaina queste reti entrano in contatto con
attività aziendali importanti, con professionisti importanti e a loro
sono in grado di fornire la cocaina ma anche di prestarti i soldi,
inizialmente per comprarla, successivamente si possono appropriare della
tua attività commerciale/finanziaria.
C’è sempre la mafia dietro la
rete di usurai?
Accanto a questa rete malavitosa, rimangono commercianti
facoltosi. Ma ci sono anche reti “professionalizzate” fatte da notai,
avvocati, commercialisti. Persone che hanno agganci dentro il sistema
bancario, della finanza, delle aste giudiziarie Che ruolo hanno
all’interno del fenomeno? Questi ultimi gestiscono un pezzo importante
di usura. E spesso quella rivolta verso persone benestanti, che
gestivano patrimoni consistenti. Questi sono soggetti difficili da
denunciare e quindi si tratta di indagini difficili da portare avanti.
Spesso si pensa che l’usura sia un reato fatto da marginali verso
marginali. Invece non ci si rende conto che si tratta anche di un
fenomeno diffuso e realizzato da personaggi “insospettabili”.
Non c’è
ancora quindi percezione del fenomeno?
Non c’è consapevolezza, reale, di
cosa rappresenti in termini di sicurezza per i cittadini, la presenza
di reti usuraie importate dentro un territorio. Quindi non essendoci
questa percezione non parte un indirizzo a contrastarla con forza.
Spesso si tratta, lo ricordo nuovamente, di indagini complesse, che
hanno costi più alti, anche per chi deve condurle. * L’intervista è
tratta dal dossier a cura di Libera Informazione “Il covo freddo. Mafie e
antimafia in Umbria”
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