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Graziella, 16 anni dopo

Di Norma Ferrara il . Recensioni

Storie di trafficanti, imprenditori e giudici nella provincia dove la mafia non esiste: Messina. Questo il titolo di un libro che dice già tutto. Si può morire a 17 anni, in provincia di Messina, dove la mafia non esiste? Si può morire per aver trovato un bigliettino con un nome, dentro la giacca di un cliente e averlo consegnato alla titolare della lavanderia in cui si lavora? La storia di Graziella Campagna, vittima “meno nota” di altre, della criminalità organizzata di stampo mafioso in provincia di Messina, a Villafranca Tirrena, purtroppo porta a rispondere di “si” a queste domande. Si poteva morire anche per questo motivo, in provincia di Messina, negli anni ‘90. L’ultimo libro, che racconta questa storia per molti anni dimenticata, è affidato alla penna della giornalista Rosaria Brancato e si intitola “Con i tuoi occhi”.

A pochi giorni dall’anniversario del suo assassinio, avvenuto il 12 dicembre del 1995 Libera Informazione vuole però scavare nel passato e tornare ad un libro, scritto in tempi ancora lontani, dalla fiction su Graziella Campagna “La vita rubata” , in anni in cui chi parlava della mafia a Messina era “ghettizzato e deriso” e accusato di “parlar male del territorio”. Alcuni cittadini, giornalisti e militanti del fronte antimafia, in quel periodo, hanno raccontato la storia di Graziella. Senza remore, senza omissis, con nomi e cognomi. A distanza di 14 anni dalla sua ripubblicazione con la casa editrice “Armando Siciliano Editore” – “Graziella Campagna, 17 anni, vittima di mafia” scritto “dall’associazione antimafia Rita Atria” e dal Comitato per la Pace e il disarmo unilaterale di Messina, continua ad essere un libro estremamente attuale. Capace di raccontare prima e con lucidità quello che oggi confermano sentenze e indagini della magistratura. «Il processo di primo grado si è concluso l’11 dicembre del 2004 – scrivono sul portale dell’associazione antimafia Rita Atria, gli autori. La Corte di Assise di Messina ha condannato i mafiosi palermitani Gerlando Alberti jr. e Giovanni Sutera per l’esecuzione materiale dell’assassinio. Franca Federico (titolare della lavanderia) e Agata Cannistrà (collega di Graziella) per favoreggiamento. Il processo di appello si è concluso confermando la sentenza di primo grado per Alberti e Sutera mentre alle due donne è stato declassato il reato a favoreggiamento semplice, hanno quindi goduto di prescrizione e quant’altro.

Hanno detto che Graziella ha avuto giustizia. Non siamo d’accordo! – continuano – Non sono mai emersi i mandanti e le complicità istituzionali che hanno coperto i latitanti». Molte delle responsabilità, delle complicità di questo “sistema peloritano” che il libro evidenzia, con un taglio d’inchiesta, sono oggi elementi processuali che consentono di fare luce su molti aspetti di una “rete di coperture” che ha garantito la latitanza di molti boss nella provincia, la mancata giustizia su tanti delitti di mafia della provincia e un cono d’ombra informativo, simile a quello che il procuratore, Giuseppe Pignatone, ha denunciato in Calabria. Qui a Messina si sono incontrati i boss, come conferma anche una informativa della Dia (non solo quelli di Cosa nostra) per decidere le strategie future, programmare attentati (per fortuna sventati) e rinnovare patti economici fra diverse “famiglie” criminali. Qui si poteva morire a soli 17 anni, senza aver mai conosciuto mafiosi. Mentre si lavora, convinti di vivere in un luogo dove la mafia non esiste e se c’è non ti fa del male “perchè si uccidono fra loro”.

Per maggiori informazioni su questo libro http://www.ritaatria. it/LeStorie/Vittimemenonote/GraziellaCampagna. aspx.

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