I prodotti di Libera Terra al Café de Paris
Dove prima c’erano i soldi del narcotraffico, quelli della prostituzione, dell’usura e del racket oggi c’è un’attività di ristorazione ritornata all’economia legale. Accade a Roma, nella nota via Veneto e la location è quella del Café de Paris, il famoso locale della Dolce Vita, che tra i suoi tavolini ha ospitato fra gli altri, Federico Fellini, Frank Sinatra e Domenico Modugno. Dopo quegli anni d’oro, incorniciati da fama internazionale, il Cafè ritorna alla ribalta per una inchiesta giudiziaria il 22 luglio del 2009 che porta al sequestro del locale da parte dei carabinieri del Ros e dalla Guardia di Finanza, per infiltrazioni mafiose. Tanto si erano spinte le ‘ndrine di Cosoleto, piccolo paesino calabrese, in particolare la cosca degli Alvaro. Sequestrato prima e poi passato a confisca di primo grado, oggi il Café è sottoposto ad amministrazione giudiziaria. E da gennaio, all’interno del locale storico di via Veneto, si scriverà una pagina nuova, con l’arrivo dei prodotti a marchio Libera Terra, realizzati dalle cooperative che in tutta Italia producono beni su terreni confiscati alle mafie e riutilizzati a fini sociali e istituzionali.
L’annuncio di questa collaborazione con le cooperative, nate dopo la legge del 1996 sui beni confiscati, è stato lanciato stamani in una iniziativa che si è tenuta proprio nel locale di via Veneto, insieme al presidente di Libera, don Luigi Ciotti, al prefetto Giacomo Barbato dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati, al prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro e agli amministratori giudiziari del Cafè de Paris, Antonino Dattola e Maurizio Occhiuto. Il vice direttore dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati ha sottolineato nel suo intervento il potere simbolico ma anche la forza economica, che le cooperative nate sui beni confiscati alle mafie, rappresentano, facendo una panoramica della situazione nel Paese. Ricordando, inoltre, che «non si tratta più di un fenomeno che riguarda il sud Italia ma che è sempre più a carattere nazionale». «Non è un caso – ha concluso – che questi prodotti arrivino da quasi tutta Italia, simbolo del riscatto dalle mafie ma anche segnale che le infiltrazioni mafiose si sono spinte ben oltre il sud Italia».
«Questo locale – ha detto Don Luigi Ciotti, presidente di Libera – ha arricchito per anni, in modo illecito le cosche ma oggi è tornato a produrre ricchezza per tutti, con lavoro pulito, profitti leciti e pietanze buone. Con i prodotti di Libera il “gusto ed il giusto” si salderanno. Quelli prodotti sui beni confiscati alle mafie sono beni che “graffiano le coscienze di chi li assaggia” e ricordano l’impegno e la corresponsabilità che tutti dobbiamo sentire nostre in questa battaglia. «Oggi si e’ realizzato un momento di democrazia ed è necessario dare visibilità a questo cambiamento – ha continuato il presidente di Libera – che vuol dire restituire pulizia e splendore ad un luogo che è stato sporcato, infangato da traffici loschi. Un brindisi alla speranza – ha concluso Don Luigi Ciotti – perche’ la speranza si nutre di cose concrete, di un impegno quotdiano che da’ buoni frutti e tocca a tutti noi alimentarla».
I prodotti di Libera Terra. Una attività commerciale, sottratta ai mafiosi grazie all’efficiente lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura, sarà in grado di contrapporre il potere dei segni contro il potere dei segni mafiosi. Nel bar storico, infatti, arriveranno l’olio calabrese coltivato sui terreni confiscati alla ndrangheta nella Piana di Gioia Tauro, il vino Centopassi di Corleone, i paccheri di Don Peppe Diana del casertano pomodorini, pate’ di carciofi, tarallini e friselline provenienti dai terreni tolti alla Sacra Corona Unita. Prodotti buoni, puliti e giusti che rappresentano il segno del riscatto perche’ la confisca significa restituire alla collettivita’ i beni confiscati.
La storia del Cafe’ de Paris. Questa storia parte dal soggiorno obbligato di un boss della ‘ndrangheta qui nella capitale. Si trattava di Vincenzo Alvaro, figlio di Nicola che aveva ereditato il bastone del comando a Cosoleto (Reggio Calabria). L’uomo si era fatto assumere come aiuto cuoco da un cugino al “Bar California” di via Bissolati, a pochi metri da via Veneto. Terminato i guai giudiziari Alvaro nel 2001 era venuto a vivere a Roma, risiedeva in zona Eur con la famiglia e intratteneva rapporti con amici e collaboratori al seguito. In pochi anni Vincenzo Alvaro era tornato a fare affari, a controllare ben sei bar e tre ristoranti. Non solo gli Alvaro, ma anche altri “amici” del boss avevano messo le mani sulla filiera della ristorazione, in pieno centro a Roma. In sette anni Vincenzo Alvaro ha chiuso accordi che gli garantivano il controllo di sei bar e tre ristoranti. Grazie a prestanomi e l’acquisto di locali a prezzi stracciati, compreso quello del Café di Paris, stessa sorte per il ben noto Cafè Chigi, vicino alla Camera e al senato. Locali simbolo dell’economia capitolina nelle mani delle cosche della ‘ndrangheta che li usavano per riciclare denaro sporco, proveniente da attività illecite, fra tutte, il narcotraffico. «Sono 5.000 il numero dei locali nelle mani della criminalità, fra ristoranti, pizzerie, bar, intestati perlopiù a prestanome e usati come gigantesche lavanderie intestati perlopiù a prestanome e usati come copertura per riciclare i soldi sporchi – dichiara Libera». Numerose le inchieste che hanno rintracciato la presenza, costante, di mafia, camorra e ‘ndrangheta nella filiera alimentare, nei mercati ortofrutticoli, nei ristoranti più prestigiosi, in alberghi importanti, sino a numerose attività commerciali, alcune di proprietà, altre taglieggiate.
La sfida che attende il Café de Paris – hanno ricordato i tanti presenti all’iniziativa – non riguarda solo l’Agenzia nazionale, le cooperative di Libera, le forze dell’ordine o l’attuale amministrazione giudiziaria. Ma riguarda soprattutto noi. “Quel noi che – ha ricordato Luigi Ciotti – deve farci venire qui, oggi, consapevoli di contribuire a sostenere questo locale, che ritorna a servizio di tutti, di una economia pulita, di una società libera dalle mafie. Ma per farlo ha bisogno dell’impegno di ciascuno di noi”.
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