Mafie: obiettivo Emilia Romagna
Gomorra è anche qui, in Emilia-Romagna. Non veste i panni di killer senza scrupoli bensì quelli dei boss che si fanno imprenditori. Sono le mafie -‘Ndrangheta, Camorra, Cosa Nostra- che investono fiumi di denaro sporco, frutto dei loro proventi illeciti, per riciclarlo, entrando “nell’economia pulita tramite gli appalti pubblici e la partecipazione a diverse opere di carattere privato”. Sono le mafie dei ‘colletti bianchi’: violenza rara (anche se attentati e intimidazioni gravi non sono mancate negli ultimi anni), affari molti; professionisti, funzionari, piccoli imprenditori ‘conquistati’ con le buone o con le cattive, per estorsioni, usura, operazioni finanziarie e attività commerciali di copertura.
E’ quanto emerge dal rapporto sulle mafie in Emilia-Romagna, voluto dall’Assemblea legislativa regionale e realizzato da Libera Informazione. Dossier che sarà presentato sabato 17 dicembre a Bologna nella sala Polivalente dell’Assemblea legislativa (viale Aldo Moro, 50, dalle 9 alle 13). Interverranno, il presidente dell’Assemblea, Matteo Richetti; don Luigi Ciotti, presidente di Libera, Roberto Alfonso, procuratore della Repubblica di Bologna; Giovanni Tizian, giornalista; Lorenzo Frigerio, coordinatore di Libera Informazione; Santo della Volpe, direttore Libera Informazione; Anna Canepa, magistrato della Direzione nazionale antimafia; Carlo Alberto Roncarati, presidente di Unioncamere regionale.
Nell’ambito del convegno ci sarà la firma del protocollo Libera Emilia-Romagna e Unioncamere regionale. E nei giorni in cui gli investigatori cercano anche in Emilia-Romagna i complici e il tesoro di Michele Zagaria, boss del clan dei Casalesi arrestato pochi giorni fa in Campania, il dossier analizza a fondo le radici piantate dalle mafie nei territori emiliano-romagnoli, soprattutto negli ultimi quattro anni. Le famiglie malavitose insediatesi provincia per provincia, nessuna esclusa. Certo, non si può parlare di “colonizzazione”, avverte lo studio di Libera Informazione, ma attenzione a non favorire lo sviluppo delle condizioni che potrebbero portare al pieno controllo della regione, a partire “dal negare o sottovalutare la presenza delle mafie in Emilia-Romagna”. Mafie degli affari più che del controllo sociale del territorio, così come avviene al Sud.
Basta osservare l’andamento delle segnalazioni di operazioni sospette registrate dall’Unità di informazione finanziaria (Uif) istituita dalla Banca d’Italia (segnalazioni fornite da banche, Poste, intermediari). “Le segnalazioni di operazioni sospette – sancisce la Uif – sono passate da circa 1.000 nel 2008 a più di 3.000 nel 2010, ragguagliandosi all’8,6% del dato nazionale. Per quel che riguarda il primo semestre del 2011 si registrano 1.250 segnalazioni sospette”. E l’andamento delle segnalazioni rispetto alle province di provenienza delle stesse, nel 2010 vede al vertice Bologna (21%), poi Rimini (17%), Modena (15%), Reggio Emilia (14%), Parma (10%), Forlì-Cesena (8%), Ferrara (6%), Ravenna (5%), Piacenza (4%). “Dobbiamo conoscere, riflettere, ma anche agire- scrive il presidente dell’Assemblea legislativa, Richetti, nell’introduzione al dossier- Per garantire la vita civile dei cittadini serve mantenere viva e promuovere una cultura della legalità e della responsabilità, stando al fianco di chi crede che onestà e regole siano valori, sempre”.
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