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Locride, truffe sui finaziamenti europei nel settore agroalimentare

Di Anna Foti il . Calabria

Quattro capi di bestiame diventano 315, piante giovani di ulivo producono quantità di olio come fossero arbusto secolari. Il tutto per ottenere illecitamente finanziamenti comunitari. Nessuna bacchetta magica tra Africo Nuovo e San Luca, in provincia di Reggio Calabria, ma illeciti finanziari comunitari con riferimento agli aiuti all’agricoltura in Calabria, emersi grazie ai riscontri incrociati tra le altre con le attività, invece oneste e preziose per gli inquirenti, di profilassi condotte dai veterinari dell’ASP. Nessuna magia, dunque, ma un’attività parassitaria nel settore agroalimentare, illustrata ieri in conferenza stampa presso il comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio, dove erano presenti tra gli altri procuratore aggiunto della Procura di Reggio, Ottavio Sferlazza, ed il colonnello Maurizio Delli Santi, al comando dei Carabinieri Politiche Agricole Alimentari, il capo del Nucleo Antifrode di Salerno, capitano Vincenzo Ferrara, il tenente colonnello Carlo Pieroni, comandante  del nucleo investigativo dell’Arma.

Una fitta rete intrisa di connivenze tra allevatori che dichiaravano il falso attestando di essere proprietari di ingenti quantità di bestiame o secolari uliveti e pubblici ufficiali compiacenti che omettevano controlli, neppure complessi, o inserivano nel sistema informativo agricolo nazionale dati falsi, la cui mancata veridicità sarebbe stata di elementare individuazione, per agevolare la concessione dei benefici. Tale rete è stata smascherata dal comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria e dal nucleo antifrode  (NAC) del comando dei Carabinieri Politiche Agricole ed Alimentari, con la proficua collaborazione della Procura di Reggio Calabria nell’ambito dell’operazione  che ha condotto all’esecuzione di 11 (destinatari tre pubblici ufficiali e 8 allevatori) misure cautelari corrispondenti ad arresti domiciliari, con 48 indagati ed il sequestro preventivo per equivalente di titolo Agea (strumento di sostegno al reddito agli agricoltori con diritti/titoli all’aiuto determinati, nel numero e nel valore, dallo Stato membro sulla base dell’attività agricola svolta da ciascun agricoltore, agli aiuti comunitari percepiti, in un determinato periodo di riferimento ), somme di denaro, auto, beni immobili, terreni per un valore di un milione di euro.

Un’indagine complessa protrattasi nelle campagne agricole del reggino dal 2004 al 2008 e partita da alcune segnalazioni delle stazioni della Locride, in particolare quelle di Africo e di San Luca.

Nessuna ipotesi di corruzione è  stata profilata per i pubblici ufficiali compiacenti, uno in forza all’Ufficio Provinciale Agricoltura di Brancaleone e gli altri due in forza ai Centri di Assistenza Agricola del litorale jonico e nessuna modalità mafiosa ex art. 416 bis, ma truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art.640 bis c.p.), falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico (art. 483 cp), falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atto pubblico. Un’attività illecita che ha creato un vulnus nella politica agricola comunitaria di un milione di euro. Qui di mafioso non vi sono le modalità ma le contiguità e le parentele con le cosche Morabito-Bruzzaniti-Palamara operanti ad Africo Nuovo, Vottari e Nirta alias  Scalzone-Giorgi alias Cicero operanti a San Luca (RC). La gravità di questa illegalità rimane come il danno agli allevatori onesti e all’Unione Europea.

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