Amministratori sotto tiro
Bombe, colpi di pistola, fucilate. E ancora sassi sui vetri, lettere di minacce, bossoli. «Oggi anche i blog» dice a conclusione dei lavori Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale di Avviso Pubblico. Sono queste le forme attraverso le quali sindaci, assessori, rappresentanti delle istituzioni in generale, sono fatti vittima di azioni di intimidazione e attentati da parte di terzi soggetti, spesso da parte della criminalità organizzata, affinché svolgano il loro lavoro nell’interesse di questi ultimi o a questi non precludano determinate attività. Un “incentivo” insomma perché gli uomini pubblici perseguano il fine del malgoverno, sacrificando la collettività o l’istituzione che rappresentano. Palazzo Valentini, Roma, sede della Provincia.
Siamo alla presentazione del primo rapporto dedicato alla memoria di Angelo Vassallo “Amministratori sotto tiro”, con il quale Avviso Pubblico, l’associazione che si occupa di promuovere la cultura della legalità democratica nelle amministrazioni pubbliche, vuole tracciare il punto sulla situazione degli amministratori che nell’ultimo biennio hanno subito una qualsiasi forma di intimidazione o attentato, se non, nei casi più gravi, la morte. Non poteva ovviamente mancare il Presidente della Provincia Nicola Zingaretti, il quale ci tiene a sottolineare come l’adesione dell’ente da lui governato non sia dettato da motivi di “opportunità-necessità del momento”, quali le ormai accertate presenze mafiose nel Lazio, quanto da una presa di coscienza. Dice infatti Zingaretti: «Non possiamo sempre delegare agli altri, magari anche in buona fede perché non ci riteniamo adeguati, la lotta alla criminalità organizzata. Questo problema non è solo un tema che ricade sotto competenza delle forze dell’ordine e della magistratura, anche perché la loro funzione è tipicamente repressiva. Questo è un problema che investe anche noi, anche coloro che, come amministratori, non hanno mai dovuto tastare personalmente o nel proprio territorio questo tipo di piaga. Oltre al compito di reprimere infatti ce n’è un altro, che è quello di prevenire. A questo noi siamo chiamati, cercando di educare i cittadini che rappresentiamo alla cultura della legalità».
Delle stesse idee il sindaco di Niscemi Giovanni Di Martino, che inizia il suo intervento evidenziando come spesso siano le condizioni socio-economiche di una realtà, anche se relativamente piccola come la sua, a costituire il terreno fertile attraverso le quali l’ambiente criminale attecchisce. Molte volte, continua il primo cittadino del comune nisseno, ci si mettono anche le istituzioni, che attraverso l’emanazione di nuove norme o la disapplicazione di altre facilitano il lavoro alla criminalità organizzata. Ma un sindaco, un assessore, un semplice vigile urbano, da soli, “non valgono nulla”. «Per questo è nato Avviso Pubblico» rimarca Andrea Campinoti, presidente della stessa associazione, «proprio per non lasciare soli tutti gli amministratori, di qualunque parte d’Italia essi siano, che per un motivo o per un altro si trovano a dover fronteggiare pericoli che paradossalmente purtroppo, e sempre con maggiore frequenza, comportano il servizio che prestano alle loro popolazioni». Un compito che spetta dunque a tutte le parti della società, purché sane, e a tutti i livelli. Ben poco perciò si può fare o si può pretendere che venga fatto da istituzioni poco sensibili o peggio ancora infiltrate.
Francesco Forgione, ex Presidente della Commissione Antimafia ripropone quanto ha suggerito il magistrato milanese Ilda Boccassini, quando in una recente dichiarazione pubblica si auspicava che la lotta contro la mafia non venisse fatto solo dalle autorità di polizia, ma anche dalle istituzioni civili, prime fra tutte i partiti, di qualunque area siano. «È necessario che il filtro a certi personaggi sia posto prima che questi possano ricoprire una qualsiasi carica pubblica e non dopo, quando il danno ormai c’è, assieme al rischio che taluni fatti vengano politicizzati e trasformati in argomentazioni che della nobile arte possiedono ben poco» pronuncia con veemenza Forgione. Lotta alla mafia a tutto campo dunque, ivi compreso il fattore della comunicazione che, come indicano alcuni dei sindaci partecipi alla mattinata, a proposito delle ultime vicende sull’asse Milano-Reggio Calabria, non deve fermarsi alla prima pagina da scoop che viene riservata a caldo, per poi, nei giorni quasi immediatamente successivi, raffreddare l’attenzione su quei fatti. Anzi, ha il dovere di battere il ferro quando è caldo e continuare a batterlo per mantenerlo tale, perché questa è cosa buona. Perché, come ha suggerito nel suo intervento Agnese Moro, citando il figlio di un’altra vittima illustre, Umberto Ambrosoli, «Fare cose buone non è eroico: è eroico farle da soli».
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