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Don Ciotti: “Al Nord la mafia esiste da 50 anni e non è più infiltrata ma insediata”

Di Giulia Fresca* il . Calabria

«Che si parli meno di me e più di noi» ha detto ieri mattina don
Luigi Ciotti alla chiusura del corso “A scuola di antimafia – Il
riutilizzo sociale dei beni confiscati” tenutosi all’Università della
Calabria e voluto dal responsabile scientifico Ercole Giap Parini e che
ha visto la partecipazione attiva da tutte le province calabresi. Ma
le parole pronunciate dal presidente nazionale di “Libera” non potevano
rimanere sottaciute soprattutto in un momento critico per la società
italiana.

«Occorre muoversi nel tempo e non contro il tempo – ha detto
don Luigi Ciotti- viviamo sotto la dittatura del presente fatta di qui,
ora subito, dimenticando che il presente è vivo solo in rapporto alla
memoria di un passato e di un futuro che deve essere costruito. Se si
rincorre il presente si pretende dal nostro agire, risposte immediate.
Dimentichiamo così i valori come quello della democrazia. Essa si fonda
su due doni- ha continuato – giustizia e dignità umana ma non starà mai
in piedi senza la spina dorsale che è rappresentata dalla
responsabilità. Occorre dunque educarci alla responsabilità nel senso di
colui che risponde, e pertanto siamo chiamati a rispondere al bisogno
del “nostro esserci” affinché diventiamo la spina dorsale della
democrazia e della Costituzione».

Nessuna filosofia si nasconde
dietro le parole del presidente di Libera, ma estrema consapevolezza
della realtà e concretezza nell’agire ed i riferimenti ai recenti fatti
di cronaca non potevano mancare. «La legalità è una bandiera che viene
spesso agitata anche da chi la calpesta ogni giorno. È necessario
abbattere quella “zona grigia” che è di legalità malleabile: un luogo
interiore più che un luogo fisico. La vera forza della mafia sta fuori
dalla mafia e spesso ha il volto di un incensurato. In questo senso – ha
aggiunto  don Luigi Ciotti- le responsabilità della politica sono
enormi. Serve determinazione e coerenza. Lotta alla mafia significa,
lavoro, scuola, cultura e sostegno ai territori più fragili. Non si
ottengono grandi risultati se cresce lo stato penale e diminuisce quello
sociale. La speranza, in alcune parti d’Italia, si chiama giustizia
sociale ed ha il volto delle opportunità e dei progetti concreti. In
Italia però abbiamo un problema di democrazia e le sue malattie mortali
prendono il nome di “delega” e “rassegnazione”».

Facendo
riferimento al rapporto del vicedirettore generale della banca d’Italia,
Anna Maria Tarantola, ha richiamato l’attenzione su come il
«riciclaggio è un ponte tra la criminalità e la società. Ed i criminali
che dovrebbero essere “banditi” dalla società si ritrovano sempre più
spesso seduti ai posti di comando delle pubbliche amministrazioni. C’è
un po’ di smarrimento – ha poi sostenuto facendo riferimento alla
recente azione milanese – di fatica. Abbiamo sempre saputo della
capacità delle mafie di rigenerarsi, di trovare nuovi canali, sostegni,
alleanze, ed occorre esprimere gratitudine al lavoro della magistratura
che lo ha scoperto. Ma chissà quanto altro c’è. Ciò che è inquietante è
l’omertà esistente al Nord dove la mafia esiste da 50 anni e non è più
infiltrata ma insediata. Sono anni che lo ripeto nonostante qualche
Ministro del precedente Governo abbia continuato a sostenere che erano
solo illazioni per demonizzare il Nord. Bisogna cambiare anche nella
Chiesa dove ci sono ancora molte zone grigie fatte di interferenze e
compromessi».

Don Ciotti ha poi aggiunto: «La mafia si nutre
anche di simboli e tra i beni confiscati c’è il Cafè de Paris di Roma,
un simbolo storico dove la prossima settimana entreranno i prodotti
frutto del lavoro dei giovani sulle cooperative confiscate ai mafiosi.
Quindi chi andrà a prendere il caffè troverà il segno del riscatto,
delle positività, in contrasto con le negatività. La confisca è una
realtà positiva, ma c’è un 55% dei beni confiscati che non può essere
destinato a causa delle ipoteche bancarie che gravano su di essi. Questo
è inaccettabile e la politica anche nei confronti delle banche deve
essere molto chiara. A volte – ha concluso – ci sono delle battute
d’arresto che lasciano amarezza dentro. Scoprire che chi si occupava di
queste cose era al servizio di qualcun altro. Questo non deve impedire
di guardare oltre e di essere capace di unire di più le forze perché è
il noi che vince. Ognuno con la propria competenza e professionalità. In
questo l’informazione deve fare la sua parte. Ci sono testate che fanno
gravi peccati di omissione e ci sono segmenti di informazione che non è
libera anche per la presenza mafiosa. L’informazione o è libera o non è
informazione. Per fortuna in Italia, Articolo21 continua con le sue
azioni martellanti a richiamare i principi di legalità e di libertà».

Apprezzamenti
a don Luigi Ciotti ed all’iniziativa del corso “A scuola di antimafia”
sono giunti dal Prefetto di Cosenza, Raffaele Cannizzaro, dal presidente
della Commissione antimafia della Regione Calabria, Salvatore Magarò e
dai relatori Pietro Fantozzi, Donatella Loprieno, Maria Annunziata
Longo, Sabrina Garofano e Fabio Regolo.

* Articolo21

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