Tribunale di Palermo: “Berlusconi ha scelto il silenzio”
Era un manager dotato di altissima autonomia e di capacità decisionali, non un qualunque sottoposto al quale non restava altro che eseguire le decisioni del proprietario dell’azienda, in ipotesi impostegli.
È significativo che egli, anziché astenersi dal trattare con la mafia (come la sua autonomia decisionale dal proprietario ed il suo livello culturale avrebbero potuto consentirgli, sempre nell’indimostrata ipotesi che fosse stato lo stesso Berlusconi a chiederglielo), ha scelto, nella piena consapevolezza di tutte le possibili conseguenze, di mediare tra gli interessi di “cosa nostra” e gli interessi imprenditoriali di Berlusconi (un industriale, come si è visto, disposto a pagare pur di stare tranquillo).
Dunque, Marcello Dell’Utri ha non solo oggettivamente consentito a “cosa nostra” di percepire un vantaggio, ma questo risultato si è potuto raggiungere grazie e solo grazie a lui.
Nel corso dell’udienza del 26 novembre 2002, tenutasi nella sede istituzionale di Palazzo Chigi in Roma, l’on.le Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri in carica, sentito nella qualità di indagato in procedimento collegato per il reato di riciclaggio (lo stesso in ordine al quale era stato indagato Marcello Dell’Utri), si è avvalso della facoltà di non rendere interrogatorio.
L’on.le Berlusconi ha esercitato legittimamente un diritto riconosciuto dal codice di rito ma, ad avviso del Tribunale, si è lasciato sfuggire l’imperdibile occasione di fare personalmente, pubblicamente e definitivamente chiarezza sulla delicata tematica in esame, incidente sulla correttezza e trasparenza del suo precedente operato di imprenditore che solo lui, meglio di qualunque consulente o testimone e con ben altra autorevolezza e capacità di convincimento, avrebbe potuto illustrare.
Invece, ha scelto il silenzio.
Tribunale di Palermo, II Sezione Penale
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