Fuorigioco per la mafia, un giornalista racconta
«Cancello divelto. Spogliatoi devastati. Porte e finestre strappate via. Recinzione abbattuta. Era un campo di calcetto. Costruito appena tre anni fa su un terreno confiscato alla ’ndrangheta. Voleva e poteva essere un simbolo di riscatto, rivolto soprattutto ai giovani». Con queste parole, Toni Mira, inviato di “Avvenire” in Calabria dava inizio alla sua cronaca da Rizziconi, nel febbraio del 2007, quando le ‘ndrine avevano portato devastazione e violenza ai danni del campo sportivo sul quale giocherà domani la Nazionale. Il giornalista ha seguito in quegli anni la vicenda di Rizziconi, in parte aiutando la società civile e le istituzioni a prendere coscienza di quello che stava accadendo sul quel campo da calcio sul quale i giovani segnano in questi anni un bel risultato: il riutilizzo sociale.
In allegato i tre articoli che raccontano questa storia: dal tentativo della mafia di impedire alla società civile di prendere possesso di questo bene confiscato, sino alle prime vittorie e le prime partite di calcio. Compresa quella che vide giocare sul campo sportivo anche don Luigi Ciotti e l’allora presidente della Commissione parlamentare antimafia, Francesco Forgione.
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* per gentile concessione del giornalista Toni Mira
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