Dai boss agli studenti antimafia
Una festa di popolo. Pacifica, in nome della legalità. Come l’occupazione dei feudi, quando la legge invocata era quella per l’assegnazione delle terre incolte. Anche se qui il popolo ha un’età media bassa e spensierata, e la legge è già arrivata. Anche se invece del classico sole siciliano c’è una pioggia inclemente, come sempre accade quando si festeggia la “prima volta”. Ma è sempre un rapporto fisico gioioso. La domanda di giustizia sotto le forme di un collettivo umano in movimento, un terreno o un immobile che cambiano padrone. Per legge. Milano, 5 novembre 2011. Una data storica. La capitale morale dove “la mafia non esiste” apre alle scolaresche e ai cittadini i beni confiscati alle cosche mafiose e destinati a finalità sociali. Il capoluogo e poi Corsico, Paderno Dugnano, Garbagnate, Sesto San Giovanni. Diciassette immobili in tutto.
E dentro ombrelli, impermeabili e gruppi di ragazzi e ragazzini tra i dodici e i diciotto anni. Arrivano dai licei “Maxwell” e “Vittorini” o dal “Lagrange” di Milano ma anche dall’Itis e dal “Montale di Cinisello”, trenta scuole in tutto, più di seicento studenti. Insegnanti che da anni lavorano con passione sulla legalità guidano i propri allievi per renderli consapevoli della eccezionalità della visita. Il loro sembra un ripasso ad alta voce: la Lombardia è la quinta regione d’Italia per immobili confiscati e addirittura la terza per le aziende. I comuni interessati sono quasi centottanta… Mica male per una mafia “inesistente”. Poche volte la retorica istituzionale ha osato sfidare tanto la realtà. Ora è tutto aperto, squadernato. Le associazioni o le persone che hanno i beni in gestione sono state pazientemente sensibilizzate da Libera, che ha ispirato questa giornata speciale, perché diano giusta accoglienza anche al visitatore più sprovveduto. All’Opera San Francesco in via Oxilia lo fa perfino una famiglia bisognosa, assegnataria di un appartamento. Marito e moglie si mettono a disposizione dei giovanissimi ospiti mentre si aggiungono altre famiglie dalle case di ringhiera intorno e ascoltano il racconto: chi c’era prima, il sequestro deciso dal giudice, il nuovo uso. Non ne sapevano nulla, i vicini, vogliono altri particolari: la legge e come funziona, ma caspita, che idea giusta. I più piccoli sono colpiti dalla vicinanza dei “posti di mafia” alle loro scuole. Lo dice un ragazzino a Sesto: “Non avevo capito che la mafia fosse così vicino a noi”. Spesso le scuole sono state scelte esattamente con questo criterio: aprire gli occhi sul proprio quartiere. Un sedicenne in via Jean Jaures all’associazione Arché, confessa la sua scoperta: “allora se compriamo l’orologio e i cd taroccati risparmiamo qualcosa ma lo paghiamo di più dopo arricchendo la mafia”. Ovunque corre la domanda su che cosa si può fare oltre a informarsi, ma anche la constatazione che insieme (l’avverbio torna e ritorna) la mafia la si può sconfiggere.
Stavolta il Comune non guarda altrove. Pierfrancesco Majorino, l’assessore al welfare che appena nominato si è trovato il progetto già in pista grazie ad alcuni comuni dell’hinterland , non ci ha messo dieci minuti a sposarlo. Si gusta gli ospiti che entrano nella sede dell’associazione “Sonora”, musica e cultura giovanile, dopo che venerdì ha visitato l’immobile in cui ha preso sede “l’altro sport”, associazione per l’integrazione, una squadra di calcio multietnica e corsi di italiano. “E’ solo la prima volta”, promette. “Ma il progetto è di rendere periodici questi appuntamenti, di trasformare i beni confiscati in luoghi aperti. Di tenerli sotto i riflettori. Anzi, per assegnarli dovrà essere fissata come condizione che chi ci entra sia sempre pronto a ricevere e a spiegare. I cittadini devono avere chiara la natura di quel che viene messo loro a disposizione. Sconfitta della mafia uguale benessere collettivo, pensi un po’…Metteremo fuori manifesti, segni, targhe, per dirlo. Non può più succedere quel che accadde a Corsico, quando i condomini votarono contro l’apposizione di una targa dedicata a Silvia Ruotolo sull’esterno del palazzo che ospitava i locali confiscati”. E proprio a Corsico ieri si è chiuso tutto in allegria con una degustazione di massa dei prodotti di LiberaTerra.
Sono diciassette i beni aperti ieri ai cittadini. Con le destinazioni più svariate: cultura, assistenza agli anziani, sport, promozione sociale, cooperative di lavoro. E’ felice Nicolas, il giovane mingherlino di ferro che ha curato per mesi questo giorno di festa. Felici Ilaria e Lorenzo, passati da un posto all’altro in frenesia, e Giuseppe e Jole e Susanna e i tanti cittadini impegnati a rovesciare l’indifferenza delle istituzioni in questi anni. Felice a distanza don Luigi Ciotti, che nel ‘95 guidò la raccolta di più di un milione di firme perché una legge consentisse l’uso sociale dei beni dei clan. Ma i protagonisti veri sono stati loro, i ragazzini e gli adolescenti della Milano che cambia, che hanno capito d’incanto che i mafiosi non sono imbattibili. Chissà se qualcuno ha raccontato loro con amore la storia di Pio, quell’amico dei contadini siciliani che arrivò in parlamento ed ebbe l’idea di fare una legge per il sequestro e la confisca dei patrimoni mafiosi. E che per questo finì la sua vita in quella posa sgraziata, un piede fuori dal finestrino della sua auto, in un mattino di aprile. Lui e il suo amico fidato che lo proteggeva.
Chissà se qualcuno ha ricordato che tutto questo lo si deve a lui. Nessuno lo ha visto ieri, alla festa. Eppure c’era.
*Per gentile concessione de “Il Fatto Quotidiano” – Milano 6 novembre 2011
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