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Forze Armate: non c’è nulla da festeggiare

Di Flavio Lotti* il . L'analisi

Oggi è la Festa delle Forze Armate, ma coi tempi che corrono, non c’è proprio nulla da festeggiare. Anzi, è arrivato il tempo di ripensare un’istituzione pubblica che ci costa ventisette miliardi di euro all’anno, che spende male e spreca moltissimo. Domandiamoci: a che ci serve mantenere 178.600 militari in servizio quando ne impieghiamo al massimo trentamila? Perché accettiamo che nel frattempo la polizia continui ad essere gravemente sotto organico? A che ci serve avere un generale ogni 356 soldati e un maresciallo ogni tre militari in servizio (in tutto 500 generali e 57.000 marescialli)?

A cosa ci servono due portaerei, 131 cacciabombardieri, 400 carri armati e centinaia di altre armi che non potranno e dovranno essere mai utilizzate? Perché vogliamo costringere i giovani a pagare il conto delle armi che stiamo ancora costruendo? Perché continuiamo a mantenere quattromila soldati in Afghanistan quando tutti sanno che dieci anni di guerra non hanno risolto alcun problema? E ancora (sono le domande puntuali del Generale Fabio Mini): perché illudiamo i giovani sulle prospettive d’impiego e buttiamo i soldi facendoli giocare alla guerra? Perché arruoliamo volontari per un anno quando abbiamo sempre detto che non basta per addestrare, non basta per mandarli all’estero e uno di loro costa complessivamente come uno in servizio permanente? Perché continuiamo a reclutare ufficiali e sottufficiali e li promuoviamo come se in futuro dovessimo avere dieci corpi d’armata?

Perché diciamo di avere un esubero di marescialli, che comunque sono già addestrati, e una vita operativa futura di pochi anni e li vogliamo rimpiazzare con un ugual numero di sergenti da formare, addestrare e tenere in esubero per i prossimi 40 anni? Perché avevamo uno “scandalo” di comandi centrali e periferici ridondanti e oggi li abbiamo moltiplicati senza migliorarne l’efficienza? Perché dobbiamo lasciare alla speculazione e all’abusivismo gli immobili militari dai quali sappiamo di non ricavare nulla di significativo? Perché facciamo gravare gli oneri della crisi sul personale e non tocchiamo i contratti esterni, gli appalti, le forniture e gli sprechi?  La risposta a tutte queste (e a molte altre) domande è un atto dovuto a tutti i giovani che non riescono a trovare un lavoro, a chi lo sta perdendo, a chi pur lavorando tantissimo non riesce a vivere dignitosamente, a tutti quelli a cui i tagli del governo stanno rendendo la vita impossibile. 

In poche parole: non possiamo tollerare uno spreco così enorme, non ce lo possiamo più permettere. Dobbiamo programmare un taglio radicale delle spese. Dobbiamo ripensare in che modo e con quali strumenti vogliamo garantire la sicurezza del nostro Paese e dell’Europa. E’ un dovere improrogabile!  

PS. Oggi, 4 novembre, ricordiamo le vittime innocenti di tutte le guerre e di tutte le nazionalità, dai seicentocinquantamila italiani che sono stati ammazzati “nell’inutile strage” della Prima Guerra Mondiale ai quarantacinque militari italiani che hanno perso la vita in Afghanistan, i feriti, i mutilati, gli invalidi e tutti i loro familiari. Con questo spirito oggi rinnoviamo il triplice appello di Assisi: Mai più guerra! Mai più terrorismo! Mai più violenza!  

*Coordinatore nazionale della Tavola della pace

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