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Carbone e diritti umani

Di Anna Foti il . Calabria, Internazionale, Progetti e iniziative

“They are destroying mother earth”, questa l’accorata denuncia di una tenace e determinata donna colombiana, giunta fino in Calabria per sensibilizzare sui temi dello sfruttamento delle risorse nel suo paese come in altri, e della spirale di violenza e  morte che questo sfruttamento, anche del carbone estratto nella sua terra per mano delle multinazionali e con la compiacenza del governo, produce sulla popolazione. Diritti umani violati e militarizzazione del territorio questo denuncia la leader colombiana della popolazione indigena Wayoo, Karmen Ramirez Boscàn, in Calabria per dire “No” al carbone in occasione della manifestazione nazionale indetta per lo scorso 29 ottobre dal cartello di associazioni ambientaliste. 

Si intrecciano profondamente le storie dei popoli in questa vicenda calabrese, come quella degli indigeni Wayoo della Colombia così duramente provata dallo sfruttamento dei giacimenti, dalle attività di estrazione dei carbone, risorsa attorno alla quale si sviluppa una preoccupante spirale di violenza oltre che un vortice dannoso per la madre Terra e la vita dello stesso popolo.  Intervenire sugli effetti per scardinare le cause. Il carbone che sarebbe bruciato nell’impianto targato Sei di Saline joniche proverrebbe dalla più grandi miniere a cielo aperto al mondo, la Cerrejòn, situata nel Nord della Colombia, e nata dall’accordo di tre multinazionali di settore – BHP Billiton, nata nel 2001 dalla fusione tra la società australiana Broken Hill Proprietary Company e da quella inglese Billiton, l’inglese Anglo American PLC, e la svizzera Glencore International AG, quest’ultima nel 2006, acquistata dalla svizzera Xstrata Plc. Ora anche la Repower, società elvetica di maggioranza del consorzio SEI titolare del progetto di Saline Joniche, estrae lì e quel carbone arriverebbe in Calabria per essere sottoposto a combustione nell’impianto che si vorrebbe costruire a Saline Joniche, frazione del comune di Montebello, in provincia di Reggio Calabria. 

La Colombia è tra i maggiori paesi produttori di cocaina ed è interlocutore privilegiato della ‘ndrangheta che con la droga ha costruito il suo impero criminale. Ebbene La lettura di Karmen del fenomeno è diretta e cruda. I contatti con le organizzazioni criminali sono l’effetto di una complessa situazione interna che non argina il fenomeno del traffico della cocaina, anzi lo alimenta.  I molteplici pezzi corrotti del governo, le forze dell’ordine e gli stessi gruppi paramilitari si contenderebbero dunque anche i contatti per smerciare nel mondo la polvere bianca.   

Si contendono la polvere bianca come la polvere nera.  La produzione stimata della miniera Cerrejòn è pari a 22 milioni di tonnellate di carbone, ha raccontato Karmen Ramirez Boscàn.  Gli effetti di questa estrazione sono stati e sono devastanti.  Distrutti 69’000 ettari di terra, centinaia di comunità costrette ad andarsene, centinaia di Wayuus costrette a vivere nel degrado. Un ambiente “carbonizzato” nel vero senso del termine con acqua inquinata dal carbone e contaminata dall’acido solforico.  Una ricchezza mercificata sul cui controllo, ai fini di garantirne l’estrazione ed il reimpiego alle multinazionali, hanno interesse il governo colombiano, le forze militari governative e non.  Lo sfruttamento delle risorse naturali nel paese sudamericano sta, infatti, impoverendo il territorio, innescando violazioni dei diritti umani ed inasprendo il conflitto per il controllo delle stesse risorse. Ecco la testimonianza diretta della leader colombiana Karmen Ramirez Boscàn, che ha raccontato non solo di una popolazione in pericolo, quella indigena dei Wayoo in Colombia, ma di tutto un sistema economico che minaccia i diritti di intere comunità. In Colombia intanto il carbone estratto in ragione di quel sistema economico produce ricchezza per pochi ed invece per tanti problemi respiratori ed alla pelle perché costretti a respirare carbone ogni giorno. Poi ancora il controllo ‘armato’ delle stesse miniere, intese solo come fonti di profitto da sfruttare senza rispetto alcuno per la terra, l’acqua, la natura, produce tensioni e ed un forte stato di insicurezza per la popolazione. 

Karmen Ramirez Boscàn descrive un territorio afflitto da un acceso conflitto armato tra forze dell’ordine e gruppi paramilitari che anche l’estrazione del carbone alimenta.  Inoltre l’alto livello di corruzione degli stessi rappresentanti del governo delinea una situazione di forte crisi dei diritti umani delle popolazioni costrette a difendersi su più fronti. A rischio non solo le popolazioni indigene ma anche i diritti di attivisti, giornalisti, sindacalisti. Guerriglie interne, corruzione, estrazioni minerarie incontrollate mietono sfollati, sparizioni e omicidi.  Necessario, non più differibile, un capovolgimento delle priorità in cui lo sfruttamento delle risorse, i comportamenti delle multinazionali che estraggono e reimpiegano per produrre il profitto su profitto, arrecando alle comunità danni incalcolabili e irreversibili, lascino tornare al primo posto il rispetto della dignità di persone e luoghi.

Una rivoluzione culturale ‘per modificare, dichiara Karmen Ramirez Boscàn, il punto di vista, tornando ad ascoltare la terra, senza sfruttarla ed esaurirla’. Dalla Colombia in Calabria per rilanciare questo messaggio di riconciliazione con madre Terra.

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