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Don Ciotti: ci saremo ma indignarsi non basta più

Di redazione il . L'analisi, Progetti e iniziative

Sono andati direttamente davanti all’ingresso della Banca d’Italia dove – dicono –  “si sta decidendo il nostro futuro”. Hanno provato a chiamarli “gli indignati” ma loro hanno rispedito al mittente ogni semplificazione e etichetta. Sono i “draghi ribelli” (così hanno scelto di chiamarsi) e per il secondo giorno consecutivo a Roma, dopo lo sgombero forzato da Palazzo koch, sostano sui gradini del Palazzo delle Esposizioni (chiuso da ieri). Una occupazione pacifica che dura da quasi 48 ore. Hanno tende, computer, cartelloni, giornali. Sono colorati. Sono arrabbiati ma hanno proposte e soprattutto stanno cercando di mettere in comunicazione le diverse “piazze di democrazia” che da qualche anno sono continuamente in movimento nella città e anche nel resto del Paese contro le politiche del Governo ma oggi, ancora di più, contro il sistema economico finanziario che – dichiarano dai gradini durante la consueta assemblea del pomeriggio – “ci ha rubato il futuro”.

Una mobilitazione che dura da mesi, intensificata nelle ultime 48 ore porterà domani  all’appuntamento internazionale contro crisi economica e etica che stiamo attraversando. Anche Libera è accanto ai “draghi ribelli” (come già dichiarato in una intervista a L’Unità dal responsabile internazionale dell’associazione, Tonio Dell’Olio). E oggi ha fatto sentire forte il suo appoggio, il presidente dell’associazione Luigi Ciotti, confermando anche l’adesione del Gruppo Abele.

“Il 15 ottobre non sarà una giornata del no – ha dichiarato Ciotti – ma del noi”, perché “indignarsi non basta più”. “Perché se è vero che alla base della mobilitazione, in Italia e in tanti altri Paesi, c’é l’opposizione a misure che penalizzano i poveri e i popoli, e tutelano i ricchi e i potenti – continua Ciotti – è anche vero che la maggior parte di quelli che scenderanno in piazza lo faranno con spirito propositivo. Con delle alternative in testa, da discutere e condividere, e la determinazione a spendersi in prima persona per il cambiamento. Anche quella del Gruppo Abele non vuole essere una presenza “contro”, ma soprattutto “per”. Perché di lamentarsi sono capaci tutti, di protestare, di indignarsi, ma proprio questa parola, “indignazione”, sta rischiando di diventare un po’ una moda”, è detto in una nota.

“Indignarsi oggi non basta più – afferma Ciotti. Bisogna provare disgusto per le ingiustizie sociali e le disuguaglianze sempre più sfacciate; disgusto per l’illegalità che sottrae miliardi alle casse pubbliche; disgusto per le teorie – e le pratiche – economiche che mettono i profitti davanti ai diritti; disgusto verso ogni tentativo di alimentare quelle “guerre fra poveri” che fanno il gioco dei disonesti e dei privilegiati, contrapponendo chi ha poco a chi non ha più nulla, italiani e stranieri, lavoratori “regolari” e precari. E’ questo disgusto la molla per agire, a partire dai nostri contesti quotidiani. E capire che ai ritardi, alle assenze e alle inadeguatezze della politica non si risponde con l’antipolitica o la rassegnazione, ma con la coerenza fra parole e fatti, aspirazioni e progetti concreti”.

“E’ così che si trasforma il “no” in “noi” – conclude Ciotti –  il rifiuto delle ingiustizie in impegno per costruire, insieme, giustizia, il desiderio di libertà per sé in responsabilità a promuoverla per tutti, la disperazione dei singoli nella speranza dei popoli”.

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