Le donne dei boss
I carabinieri del Ros per mesi le hanno intercettate e pedinate, fornendo alla Dda gli elementi necessari per richiedere l’arresto di alcune di loro e al gip Alcide Maritati quelli per firmare l’ordinanza di custodia cautelare. Parliamo delle donne del clan Rizzo. Signore che, secondo gli investigatori, non sono assolutamente da meno rispetto a mariti e compagni nella gestione di alcune attività criminali, soprattutto dello spaccio di droga.
Destinatarie dell’ordinanza di custodia cautelare sono Federica Ciminiello, Rossana Elia e Gabriella De Leo. La prima, moglie di Nicolino Maci, avrebbe preso il comando del clan dopo l’arresto di Ivan Firenze. Le viene contestata l’appartenenza all’associazione a delinquere di stampo mafioso, nella quale, appunto, avrebbe ricoperto un ruolo di primo piano. Di lei scrive il gip: «La donna forniva un decisivo supporto logistico e di collegamento con i legali e con gli altri affiliati al sodalizio. La Ciminiello oltre ad essere a conoscenza di tutte le vicende criminali in cui era coinvolto il marito, era prodiga di consigli e partecipava attivamente alla quotidianità delle vicende del gruppo, accompagnando Maci in quasi tutti i suoi spostamenti giornalieri».
La Ciminiello, nelle intercettazioni, risulta parte attiva quando si discute di soldi da destinare ai detenuti e soprattutto quando si commentano i messaggi che Ivan Firenze invia dal carcere. Inoltre crea sospetti sulla moglie del capo detenuto, T.D.T., accusandola di esigere troppo denaro e di travisare gli ordini del compagno. Il ruolo di prima donna della moglie di Maci, viene confermato anche da questa intercettazione: «Io sono sempre vicina a lui, sono sempre uscita con lui, mi conoscono quanto conoscono lui… se domani va a scattare qualcosa, mi prendono come prendono lui…».
Anche Gabriella De Leo e Rossana Elia sono coinvolte nella gestione delle attività illecite. La prima, dal gip, viene ritenuta collaboratrice di Roberto Schiavi «nell’occultamento e nella commercializzazione di stupefacenti, che provvede a custodire nella sua abitazione o nelle pertinenze di essa». La seconda, insieme a Roberto Solito, viene considerata referente di un sodalizio non mafioso ma comunque legato al clan e attivo nel traffico di droga. «Durante il periodo di detenzione di Solito la Elia era referente esterno, dava esecuzione alle sue disposizioni, impartiva disposizioni circa l’acquisto della sostanza e la relativa commercializzazione, provvedendo anche alla cessione agli spacciatori al minuto, gestendo la cassa comune e sostenendo i sodali detenuti». Questo è quanto viene riportato nell’ordinanza.