Le dichiarazioni del collaboratore Manna, l’ex affiliato alla Scu
Nell’ordinanza di custodia cautelare destinata a 49 persone sono contenute anche le dichiarazioni di Giuseppe Manna, evaso dal carcere di Taranto insieme ad Alessandro Verardi durante le festività natalizie dell’anno scorso, nuovamente arrestato prima di diventare collaboratore della Dda a cui ha confidato particolari importanti delle attività di Totò Rizzo e dei suoi compari. Manna, dapprima negli interrogatori condotti dal pm Guglielmo Cataldi e in un lungo memoriale poi, parla della sua esperienza di affiliato alla Scu, componente del clan Lezzi, quando fu arrestato per la prima volta nel 1992.
«L’affiliazione mi venne fatta da Andrea Candido e Nicola Greco – afferma il Manna – sono diventato santista e poi evangelista. Solo nel 2005 sono diventato tre quartini, a carico di Ivan Firenze». In seguito all’omicidio di Lezzi molti componenti del suo gruppo si unirono a Filippo Cerfeda, mentre Manna restò indeciso, almeno così dice, fino a quando non conobbe in carcere quel Massimiliano Zilli che lo fece entrare in contatto con Firenze. «La cerimonia per il mio passaggio a tre quartini è stata effettuata a Borgo San Nicola da Zilli e un ragazzo di Mesagne – racconta Manna – e, uscito dal carcere, ho fatto a pieno titolo parte del gruppo di Firenze, non mi sono mai interessato di droga e mi sono interessato alle estorsioni». Proprio a causa di una tentata estorsione, Manna, finisce di nuovo in carcere dove si sente abbandonato dai suoi compagni. Così esprime quelle che erano le sue sensazioni: «Mantenni la consegna del silenzio ma venni abbandonato e quando incontrai Ivan Firenze, nel carcere di Taranto, mi lamentai con lui e mi assicurò che mi avrebbero dato qualcosa. Per due volte hanno consegnato duecento euro a mia moglie, glieli ha portati Nicolino Maci, poi non si sono fatti più vedere». E probabilmente sono proprio questi fatti a spingere Manna, dopo essere ritornato dietro le sbarre insieme ad Alessandro Verardi in seguito all’evasione di Natale, a collaborare. Le sue dichiarazioni fanno luce sulle attività del gruppo di Firenze e sulla fondazione del nuovo “locale”.
«Verardi, che è di Merine, intendeva creare un nuovo locale – racconta il collaboratore – . L’occasione giunse quando transitò nel carcere di Taranto Totò Rizzo, con il quale avevamo modo di parlare quando ci recavamo alla doccia. Fu così che è sorto l’accordo tra Verardi e Rizzo di creare un nuovo “locale”, che comprendesse Castromediano, Cavallino, Lizzanello, Merine, Vernole, Melendugno, Caprarica, Calimera, Martano e tutti quei paesi della zona fino a Pisignano». I nomi citati da Manna nel suo memoriale sono stati tutti raggiunti dall’ordinanza di custodia cautelare.
Da segnalare che il fratello di Manna, Pietro, attraverso una telefonata a un quotidiano locale prende le distanze dal suo germano e dalla sua decisione di collaborare. Inoltre, annuncia, a nome della madre e delle sorelle, di non riconoscere più il fratello con il quale, ormai da tempo, non aveva più contatti.
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