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Bavaglio alla legalità

Di Santo Della Volpe il . L'analisi

Ci sono molti motivi per definire Legge-Bavaglio la proposta di legge sulle intercettazioni del governo. Uno di questi, quello spesso meno sottolineato nei dibattiti pubblici, riguarda non tanto la pubblicazione delle intercettazioni, quanto la possibilità stessa di effettuarle. Il testo uscito dal Senato, infatti, limita fortemente le possibilità di effettuare non solo le intercettazioni telefoniche in senso stretto, ma anche le registrazioni di conversazioni ai fini delle indagini contro la criminalità in luoghi chiusi; limita anche l’uso di quegli strumenti investigativi che la tecnologia ormai ha messo a disposizione delle polizie e dei magistrati di tutto il mondo per carpire conversazioni tra persone che si sospetta possano organizzare illeciti penali oppure rivelare, registrando le loro conversazioni, particolari importanti su fatti criminosi. Intercettazioni ovviamente autorizzate dalla magistratura dopo attento vaglio delle loro necessità ai fini delle indagini, là dove si pensa quindi che per impedire o scoprire un reato si possa entrare nella privacy di un cittadino.

La limitazione della libertà di informare i cittadini, sancita dall’Articolo 21 della Costituzione, se questa legge venisse approvata definitivamente, avverrebbe non solo al momento della pubblicazione sui giornali delle intercettazioni, ma a monte, al momento cioè della decisione di effettuare le intercettazioni stesse. Il rischio è lo stesso messo in luce da altre leggi ad personam degli ultimi anni: per  salvare dalla pubblicazione e dai magistrati i comportamenti  più o meno leciti (moralmente e penalmente) di una persona, si mette a rischio la sicurezza di tanti cittadini, siano essi persone comuni che vedrebbero azzoppato il sistema di prevenzione dei reati; siano essi magistrati e uomini dello Stato, come ha dichiarato recentemente il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia: «L’ho scampata per un pelo» ha detto; «Non fosse stato per una telecamera piazzata su un casolare di Calatafimi e per alcune intercettazioni ambientali la polizia non avrebbe mai trovato il rifugio di Mimmo Raccuglia, il capomafia che progettava un attentato nei miei confronti».

Ed aggiunge poi Ingroia: «Se questo disegno di legge dovesse essere approvato, saremmo di fronte a un pericoloso passo indietro per gli apparati investigativi, che all’improvviso resterebbero disarmati. Anzi, resterebbero sordi e ciechi e ci troveremmo nella condizione di non poter più prevenire i pericolosi programmi di riorganizzazione delle mafie». Per questo dedichiamo la Newletter di questa settimana alla Legge Bavaglio: per offrire strumenti di riflessione  a chi crede che  “in fondo si vedrebbero solo meno telefonate  trascritte sui giornali”, come dichiarato da autorevoli persone della politica nazionale. Ma soprattutto per affermare i diritti di tutti i cittadini, sanciti dalla Costituzione Italiana. Quelli ad essere informati sui fatti rilevanti che toccano personaggi pubblici, perché se i comportanti pubblici e privati di chi ci governa devono essere limpidi e trasparenti non si può limitare la loro conoscenza.

Ma anche perché sia rispettato il diritto  delle persone oneste a vivere in un paese dove il malaffare venga colpito, dove le mafie vengano combattute e debellate con tutti gli strumenti utili per  bloccare e condannare la criminalità. In una parola; per affermare con la coscienza collettiva di tutti noi, che la legalità sia un valore nei fatti, nei comportamenti, nella politica e nell’economia. E non esiste legalità senza trasparenza e senza conoscenza.

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