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Salento: operazione “Black and white”

Antonio Nicola Pezzuto il . Puglia

Il Salento ancora al centro di loschi affari. L’ operazione denominata “Black & White”, nero e bianco, a simboleggiare gli accordi tra etnie differenti, ha portato all’ esecuzione di un’ ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 29 soggetti: otto marocchini, sette albanesi, sei napoletani, cinque brindisini, due leccesi e un tarantino.

L’ operazione è stata condotta dal Gico del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza del comando provinciale di Lecce in collaborazione con lo Scico (il Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata) di Roma. A chiedere le misure restrittive, emesse dal giudice delle indagini preliminari Cinzia Vergine, il procuratore distrettuale antimafia Cataldo Motta e il sostituto procuratore Angela Rotondano. Le indagini hanno permesso di scoprire l’ esistenza di quattro organizzazioni, i cui traffici sono stati ricostruiti tramite intercettazioni telefoniche ed ambientali, esame di tabulati, sequestri di carichi di droga, di armi e di munizioni. Ma anche grazie ad appostamenti e pedinamenti.

Quattro associazioni: una italo-marocchina, tre italo-albanesi. Quest’ ultime dotate di un’ ottima struttura, stabile e in grado di gestire l’ importazione (attraverso gommoni partiti dall’ Albania), e lo smistamento sul mercato di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti. In seguito all’ attività di indagine, gli investigatori hanno maturato la convinzione che, ad avere un ruolo cruciale nelle relazioni con i trafficanti albanesi, sia il brindisino Emanuele Macchia. Sarebbe stato lui ad occuparsi dell’ organizzazione del traffico di droga, non solo verso le province di Lecce e Brindisi, ma avrebbe avuto anche il potere di servire la piazza di Taranto e addirittura anche quella di Napoli grazie ad una collaudata e consolidata ragnatela di rapporti che avrebbe consentito di trasportare marijuana, hashish, cocaina ed eroina.

“Referente dell’ associazione sul territorio italiano, si è occupato di ricevere in consegna le forniture di sostanza stupefacente, di custodirle, occultarle e cederle a terzi, occupandosi di reperire gli acquirenti, svolgendo così il ruolo di intermediario nelle transazioni fra i sodali albanesi e gli acquirenti italiani, provvedendo a recuperare per conto dell’ associazione i crediti di denaro dovuto per le forniture, nonché a procurare i mezzi necessari al trasporto e le basi logistiche per ospitare i corrieri albanesi”. Questo è quanto scrivono gli investigatori a proposito del ruolo ricoperto da Emanuele Macchia all’ interno dell’ organizzazione. Grazie alla collaborazione con gli albanesi, Emanuele Macchia non avrebbe trafficato solo grossi quantitativi di sostanze stupefacenti, ma sarebbe stato capace di far arrivare dall’ Albania anche armi. I finanzieri sono riusciti a documentare la consegna di una pistola, modello 85 calibro MMK-Italy con matricola abrasa, fornita di caricatore e 18 cartucce tipo Gfl 380. Grazie alle intercettazioni, gli investigatori sono riusciti a sequestrare l’ arma e le munizioni, facendosi trovare pronti nel luogo in cui doveva avvenire lo scambio (la periferia di Gioia del Colle). Nelle conversazioni si parlava di macchine, di fiat brava, bmw e mercedes per occultare il traffico di munizioni e armi. Ma l’ uso di questo linguaggio criptico non è bastato ad ingannare gli investigatori che con bravura hanno capito che il riferimento era a ben altra “merce”.

Mentre gli inquirenti erano ormai concentrati sugli affari allargati nel tarantino e nel napoletano, dalle intercettazioni è venuta fuori l’ esistenza di una quarta associazione, stavolta di marocchini, finalizzata allo spaccio di hashish e di marijuana. Sostanze stupefacenti arrivate a Lecce tramite una rete di magrebini che, facendo leva sulla collaborazione di corrieri prezzolati, erano in grado di far giungere in Italia partite di droga all’ interno di vetture munite di doppifondi, caricate a bordo di motonavi con tratta Tangeri-Genova. Ad aspettare l’ arrivo degli stupefacenti nel Salento, sarebbero stati tre marocchini (Hamid Belhachmi, Said Khallady e Abdessamad Ellanani), che lo avrebbero dapprima conservato e successivamente girato ai pusher per rifornire il mercato dei consumatori.

Il gip, nell’ ordinanza di custodia cautelare di quasi 200 pagine, contenente 38 capi di imputazione, ha illustrato e ritenuto concreti gli indizi raccolti dagli inquirenti ma anche il pericolo di reiterazione del reato. I crimini contestati a vario titolo agli indagati sono: associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, produzione, traffico e detenzione al fine di spaccio di droga, violazione delle leggi sulle armi, sulle munizioni e sugli esplosivi.

A spiegare i dettagli dell’ operazione il procuratore Cataldo Motta, il comandante provinciale della Guardia di Finanza, colonnello Vincenzo Di Rella, il comandante del Nucleo di polizia tributaria, tenente colonnello Vito Pulieri e il tenente colonnello Luca Albertario dello Scico di Roma.
 
L’orgine dell’indagine

Tutto ebbe inizio il 17 agosto 2006. Quel giorno, a bordo di un gommone sequestrato, furono trovati ben 511 chili di marijuana, trenta di hashish e 264 cartucce per kalashnikov. Il carico viaggiava sulla rotta Albania – Salento, trasportato da quattro scafisti incaricati di consegnare la “merce” a Sant’ Andrea. Ma l’ intervento dei dispositivi aerei e navali della Guardia di Finanza bloccò la traversata dei trafficanti che furono arrestati, mentre la droga, le munizioni e il gommone con un motore fuoribordo furono sequestrati. Fondamentale per il prosieguo delle indagini, il sequestro dei telefonini e delle relative sim card che i finanzieri trovarono sul gommone. Le intercettazioni telefoniche, infatti, permisero agli investigatori di ricostruire la ragnatela di contatti instauratasi fra i capi albanesi, i referenti salentini e gli acquirenti.

A tal riguardo spiegano gli inquirenti: “Ciascuno dei componenti dell’ organizzazione ascoltato nelle intercettazioni telefoniche ha avuto apparecchi telefonici poi utilizzati per i contatti con i fornitori al fine di avere la disponibilità dello stupefacente da immettere sul mercato”. Gli indagati avrebbero usato degli stratagemmi per aggirare le intercettazioni effettuate dalle forze dell’ ordine. Avrebbero così usato un liguaggio in codice, ma anche utilizzato molte schede che spesso risultavano provenire da un’ unica intestataria. L’ intuizione degli investigatori, che avevano concentrato le loro attenzioni sulle utenze mobili sequestrate agli scafisti, fu subito premiata. Infatti, l’ 11 novembre 2006, fu intercettato un carico di sostanze stupefacenti che si trovavano in possesso di albanesi e calabresi. Già le prime intercettazioni avevano consentito di scoprire l’ esistenza dell’ organizzazione albanese che aveva referenti leccesi e brindisini. La vicenda, invece, per competenza territoriale, passò nelle mani della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria.

I sequestri

In due anni l’ indagine ha prodotto una serie di sequestri che hanno rappresentato per l’ organizzazione un duro colpo, non solo per la perdita degli ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti che le venivano sottratti, ma anche perché ogni sequestro rappresentava la prova, la conferma, dei traffici illeciti che si svolgevano con l’ ausilio fondamentale dei cellulari. Nell’ arco di tempo che va dall’ agosto 2006 al giugno 2008 (questa la durata degli accertamenti compiuti dai finanzieri del Gico del Nucleo di polizia tributaria) sono stati sequestrati 754 chili di droga. Per l’ esattezza: 684 chili di marijuana, 64 chili di hashish, cinque chili di eroina, un chilo di cocaina. Quattordici le persone arrestate in flagranza di reato.

Ma vediamo
nel dettaglio i sequestri effettuati nel corso delle indagini. Il primo sequestro è avvenuto in data 10 novembre 2006 e ha portato all’ arresto di Adrian Lamj, 45 anni di Valona, 148,7 i chili di marijuana recuperati dagli investigatori. Il 9 gennaio 2007, invece, furono sequestrati 784 grammi di hashish, mentre a finire in cella fu Cosimo Salvio, 63 anni, di Galatone. Il terzo colpo è datato 16 marzo 2007: 102,3 i grammi di hashish sequestrati, a finire in manette Sara Ruberti, 35 anni di San Cesario. Passano quattro mesi e gli investigatori, il 7 luglio 2007, sequestrano 24 chili di marijuana e mettono in carcere Angelo De Caro, 25 anni, di Brindisi.

Pochi giorni dopo, il 25 luglio 2007, finiscono nella rete degli inquirenti un chilo di cocaina e 3,6 chili di eroina; in carcere, questa volta, Bledjan Kodra, 24 anni, e Shkelgim Isufak, 36 anni, di Valona. Il 24 settembre 2007 vengono eseguiti il sequestro di 1,6 chili di hashish e l’ arresto di Gianluca Manta, 38 anni, di Nardò. A seguire, due mesi dopo, il 20 novembre 2007, finiscono dietro le sbarre Gaetano Ferraiuolo e Giuseppe Clemente, di Napoli; nelle mani dei finanzieri ritornano 9,9 chili di hashish. Finanzieri che non si fermano neanche il giorno dell’ Immacolata del 2007,  sequestrano 1,2 chili di eroina e arrestano Danilo Vecchio, 40 anni, di Brindisi.

La penultima operazione si svolge il 16 giugno 2008, porta all’ arresto di due marocchine, Asma Rafdi e Noura Bya, e al sequestro di 19 chili di hashish. Il 26 giugno 2008 avviene l’ ultimo blitz che porta al sequestro di 978 grammi di hashish e all’ arresto di Sergio Genovasi, 55 anni, di Lecce e Abdessamad Elannani, 44 anni, marocchino.

Gli indagati

Ventinove le ordinanze di custodia cautelare emesse nell’ ambito dell’
operazione “Black and White”. Per il momento, dei destinatari, dieci
risultano non reperibili.

In carcere sono finiti Giuseppe Clemente, 41 anni, di Napoli; Assunta
Vespero, di 20, di Somma Vesuviana; Gennaro Vespero, di 49, di Napoli;
Gaetano Ferraiuolo, di 48, di Napoli (si trovava già agli arresti
domiciliari); Francesco Boccuni, 28 anni, di Taranto; Walter Margherito,
32, di Brindisi; Sebastiano Manni, 34, di Brindisi (pure lui era già ai
domiciliari); Cosimo Palmieri, alias Cocu, 29 anni, di Brindisi; Said
Khallady, marocchino, di 49 anni, residente a Trepuzzi, ma rintracciato a
Novoli; Attilio Salvini, alias Lele Bamp, 27 anni, di Lecce; Arta Meto,
detta Kodra, 51 anni, di Lecce.

Il provvedimento è stato notificato in carcere (in quanto i destinatari
erano già  detenuti) a Tino Figliolia, alias Tonino, 41 anni, di Lecce
(ospite del carcere di Turi); Abdessamad Elannani,44, marocchino,
detenuto nel carcere di Turi; Emanuele Macchia, il brindisino di 34
anni, al quale è assegnato un ruolo di primo piano nei traffici di droga
con l’ Albania (detenuto nel carcere di Taranto); Danilo Vecchio, 40
anni, di Brindisi (rinchiuso nel carcere di Livorno). Sono stati
raggiunti dal provvedimento restrittivo nel carcere di Lecce: Altin
Avduranami, albanese di 38 anni, e Bledjon Kodra, alias Ledi, albanese
originario di Valona, di 24 anni.

Al momento risultano irreperibili i marocchini Abderrahmane Mouhssine,
37 anni, e Hassan Mouhssine, alias Haj, di 39, ( i due, l’ ultima volta,
erano stati “censiti” a Libido San Giacomo, nel Milanese); Ahmed
Benaly, 32 anni, di Torino; Hamid Belhachmi, 48 anni, segnalato a
Monteroni; Abdelhak Benettaib, 48 anni.

Per adesso sono sfuggiti al carcere anche Besnik Bishqemi, 44 anni,
albanese; Enton Cobo, alias Tony, 36 anni, di Valona; Shkelqim Isufaj,
alias Cimi, 36 anni, di Valona; Ilir Meto, alias dottore, 46 anni,
albanese; Elias Rafik, 32 anni, albanese.
 

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