Profilo dell’ allievo di “Bullone” divenuto capo
Emanuele Macchia viene considerato trait d’ union fra la criminalità organizzata brindisina e quella albanese. Figura emergente della malavita del rione Perrino di Brindisi e già membro del clan targato Scu guidato da Vito Di Emidio detto “Bullone”. Le accuse della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, a carico del brindisino Emanuele Macchia, 35 anni, si aggiungono a quelle formulate tre anni fa dai magistrati della Dda di Bari. La procura antimafia salentina lo accusa di traffico internazionale di stupefacenti, reato per cui già nel 2009 fu condannato a otto anni e quattro mesi di reclusione, buona parte dei quali devono essere ancora scontati. Macchia viene considerato ai vertici di un’ organizzazione di livello internazionale operante fra le due sponde dell’ Adriatico e punto di raccordo fra i tre sottogruppi affiliati al sodalizio. Il primo di stanza nelle province di Lecce-Brindisi, il secondo fra Brindisi-Napoli, il terzo sull’ asse Brindisi-Taranto. Secondo gli investigatori, Macchia, era circondato da una serie di personaggi brindisini di secondo piano, sottoposti ai suoi ordini, a servizio del capo, considerato in grado di intrattenere rapporti alla pari con i compari-fornitori del paese delle aquile. Parliamo del 35enne Sebastiano Manni, del 32enne Walter Margherito, del 30enne Cosimo Almieri detto “Cocu” e del 40enne Danilo Vecchio.
“Referente dell’ associazione sul territorio italiano, si è occupato di ricevere in consegna le forniture di sostanza stupefacente, di custodirle, occultarle e cederle a terzi, occupandosi di transazioni tra i sodali albanesi e gli acquirenti italiani, provvedendo altresì a recuperare per conto dell’ associazione i crediti di denaro dovuto per le forniture, nonché a procurare i mezzi necessari al trasporto e le basi logistiche per ospitare i corrieri albanesi”. Questo si legge nell’ ordinanza di custodia cautelare notificata nel carcere di Taranto ad Emanuele Macchia.
Secondo gli inquirenti, avrebbe fatto il salto da piccolo pusher di periferia cresciuto all’ ombra di “Bullone”, a trafficante di livello internazionale che riesce a ritagliarsi un ruolo di primo piano nel prolifico mercato del narcotraffico, importatore di notevoli quantitativi di stupefacenti dall’ Albania, capace di una minuziosa distribuzione della droga sul territorio. Questa l’ irresistibile ascesa nel panorama criminale di Emanuele Macchia. Tanto emerge dall’ ordinanza di custodia cautelare stilata dal gip del tribunale leccese. Profilo che si accosta a quello disegnato dalla procura barese solo due anni fa, di soggetto ritenuto di “estrema pericolosità”, “spiccata propensione a delinquere” e di eccezionale abilità nei “collegamenti internazionali”.
Su Macchia oltre alla condanna a otto anni e quattro mesi del tribunale barese, ultima in ordine di tempo, gravano anche una sentenza della Corte d’ Appello di Bari nel 1999, seguita dal pronunciamento datato 2006 della Corte d’ Appello di Bologna, per porto illegale di armi, rapina in concorso, violenza privata e detenzione di sostanze stupefacenti. A queste condanne si aggiunge un arresto in flagranza avvenuto il 4 agosto 2004 quando fu fermato con due chili di eroina sul lungomare di Bari ed arrestato insieme ai complici albanesi.
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