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La Dda di Reggio Calabria chiede quasi 300 anni di carcere dopo indagine Meta

Di Anna Foti il . Calabria

Processo Meta. Diciotto condanne a pene di reclusioni dai 28 ai 6 anni, quelle chieste dal pm della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo nel processo, celebrato con rito abbreviato, nei confronti di altrettanti presunti affiliati alle cosche reggine. Il pm ha chiesto la condanna a 28 anni per Pasquale Buda e Santo Le Pera; a 27 anni per Demetrio Condello; a 24 anni per Giuseppe Greco; a 22 anni per Domenico Barbieri; a 20 anni per Francesco Rodà; a 19 anni per Vitaliano Grillo Brancati; a 18 anni per Rocco Zito, Rocco Creazzo e Domenico Cambareri; a 10 anni per Antonino Cianci, Domenico Corsaro, Francesco Priore, Francesco Condello e Giandomenico Condello; a 6 anni per Domenico Francesco Condello, Salvatore Mazzitelli e Giovanni Canale.

Quasi 300 anni di carcere e multe per un importo pari a 235 mila euro.

L’inchiesta da cui scaturisce il processo assume notevole rilievo nel panorama investigativo e giudiziario per aver messo in luce e documentato nuovi equilibri tra le famiglie di ‘ndrangheta a seguito della sanguinaria parentesi degli anni ’80. La seconda guerra di ndrangheta che ha mietuto 700 vittime a Reggio si scatenò a seguito dal tentato omicidio di Antonio Imerti cui seguì l’uccisione del boss Paolo De Stefano. Negli anni Novanta, fatta la pace, i Condello-Imerti-Tegano-Serraino, da una parte, e i De Stefano-Tegano-Libri, dall’altra, trovarono un accordo per dividersi il territorio per accaparrarsi i proventi delle attività illecite (estorsioni, usura e appalti pubblici).

L’operazione Meta scattò nel giugno del 2010 quando I Carabinieri del ROS e del Comando Provinciale di Reggio Calabria eseguirono in Calabria (nel reggino), Lombardia Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna, un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del capoluogo, su richiesta della locale Procura Distrettuale Antimafia, nei confronti di 42 affiliati alle più importanti cosche ‘ndranghetiste del capoluogo e dei comuni limitrofi, indagati per associazione mafiosa, procurata inosservanza della pena, favoreggiamento personale, turbata libertà degli incanti, trasferimento fraudolento di valori, estorsione ed altri delitti. Altre 30 persone erano indagate.

Il rilievo investigativo e giudiziario di questo processo si arricchisce anche di un altro elemento. Il gup di Reggio Calabria ha, infatti, ammesso la costituzione di parte civile di Libera. Lo ha reso noto la stessa associazione in un comunicato. “Per Reggio e l’intera Calabria – è scritto nella nota – il riconoscimento della presenza dell’Associazione nelle aule di giustizia in cui si processano i principali responsabili del sistema di violenza e intimidazione che condiziona la vita civile e democratica di tutti i cittadini, è anche la naturale prosecuzione delle iniziative che Libera promuove nel territorio, in speciale modo accanto ai familiari delle vittime, nelle scuole e nelle università, con le chiese, con le associazioni”.

Reggio Calabria segue Trapani, dove nel processo per la morte del Giornalista e sociologo torinese Mauro Rostagno, ucciso il 26 settembre del 1988 nel trapanese, Libera chiese e ottenne all’inizio di quest’anno di costituirsi parte civile.

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