Rostagno incontrò un boss massone prima dell’omicidio
Si potrebbe dire, “non è una novità”, ma la vicenda non può essere liquidata in questo modo. Da una parte il perdurante imbarazzante silenzio dell’Arma dei Carabinieri sulle circostanze che vanno emergendo dal processo per il delitto del sociologo Mauro Rostagno, dall’altra parte i pm della Procura di Palermo che per la terza volta consecutiva sono costretti a citare in aula un luogotenente dei Carabinieri, comandante oggi della stazione di Buseto Palizzolo, e a suo tempo indicato come la punta di diamante del nucleo operativo provinciale. E il motivo è sempre lo stesso. Il maresciallo, o meglio, luogotenente Beniamino Cannas, conosce fatti legati alle indagini sul delitto Rostagno che si sarebbe ben guardato dal riferire ai magistrati prima e alla Corte di Assise dopo che l’ha sentito come teste nel processo.
Per riassumere. La scena giudiziaria è questa. Il luogotenente Cannas è tra i primi testi citati nel processo dove sono imputati due conclamati mafiosi, il capo mafia di Trapani, Vincenzo Virga, e il killer Vito Mazzara, il primo presunto mandante, l’altro presunto esecutore del delitto Rostagno (26 settembre 1988). Scontano condanne all’ergastolo definitive, Mazzara non è nemmeno al 41 bis, ha ammazzato decine di persone, ultimo l’agente penitenziario Giuseppe Montalto, ha conosciuto i capi mafia di tutta la Sicilia, ma per lui il carcere duro non serve, nel frattempo però i mafiosi liberi, intercettati, di lui dicono che è un pezzo di storia e quindi bisogna proteggerlo, tutelarlo, non fargli mancare nulla a lui e alla famiglia, ad evitare un dannoso pentimento. Qualche anno addietro pensavano di farlo fuggire via usando un elicottero. Virga per intenderci è il mafioso che in un modo o in un altro intercedeva in Sicilia su alcune faccende pare per conto di Marcello Dell’Utri e prima di darsi latitante partecipava alle convention di Forza Italia. Cannas viene sentito nel processo , alla prima uscita dice quasi che non si è occupato di nulla, che è arrivato tardi sul luogo del delitto, di avere fatto qualche sopralluogo, e che i rapporti con la Procura erano quasi da passacarte. Cannas da Chicca Roveri, compagna di Rostagno, era stato indicato come colui il quale sarebbe stato un amico fidato di Mauro, la sua “fonte”, eppure da testimone a stento dice due cose appena sui rapporti con Rostagno. Finita l’udienza passa qualche giorno e scoppia il giallo di verbali firmati da Cannas e nei quali è indicato come teste Rostagno. Il pm chiede di risentirlo, la Corte concorda. Cannas è quasi risentito di questa convocazione, in quei verbali Rostagno è sentito in merito ad alcuni suoi interventi giornalistici sulla Iside 2, in quella occasione avrebbe spiegato proprio a Cannas che lui i massoni era andato a trovarli, aveva parlato con loro e si era fatto un’ idea del verminaio. Circostanze che forse avrebbe dovuto dire prima, ma si tratta di dimen ticanza pare. Poi ci fu un duro confronto con Chicca Roveri, la donna che sosteneva l’esistenza di precisi rapporti con Cannas, di una convocazione in Procura presente il sottufficiale, dopo il delitto, Cannas ha negato con forza. Sulle indagini vere e proprie lui che era stato indicato come un riferimento del pool investigativo dell’Arma praticamente non disse nulla. Il processo più è andato avanti e più ha fatto emergere l’esistenza di depistaggi, di notizie infondate, di notizie vere finite dentro altri fascicoli, di una indagine che insomma, quella sul delitto Rostagno, che non andava fatta o se andava fatta chissà perché non doveva guardare alla mafia. Oggi c’è stata la deposizione di Carla Rostagno, la sorella di Mauro. Lei nel 1990 rinunciò al posto di lavoro per venire a Trapani ad occuparsi del delitto, non poteva restare in attesa di nessuno, le indagini battevano il passo. E incontrò il maresciallo Cannas. Come incontrò tante altre persone. Chiedeva, voleva capire, cercare di scoprire chi e perché aveva ucciso suo fratello. Inoontrò Cannas e lo riempì di domande, il maresciallo nel frattempo fece un verbale raccogliendo le informazioni della donna. Lei ha detto di essere stata incalzante tanto che ad un certo punto il presidente della Corte di Assise Pellino le ha detto che forse era successo che lei, Carla Rostagno, aveva interrogato Cannas, e non viceversa. Nel corso di questo colloquio, così quasi alla fine, quasi che fosse un inciso, Cannas avrebbe a lei riferito che Mauro Rostagno parlando con lui gli disse che aveva incontrato a Campobello di Mazara, cuore della Valle del Belice, il capo mafia Natale L’Ala, morto ammazzato poco tempo dopo (dopo essere sfuggito a tre agguati), e in quell’occasione con L’Ala Rostagno parlò della massoneria segreta trapanese, l’Iside 2. In effetti il nome di L’Ala figura negli elenchi massonici, la sua vicenda è legata allo scandalo del rilascio della patente che lui ottenne dalla prefettura nonostante fosse un sorvegliato speciale. Secondo quanto ha detto in aula Carla Rostagno, suo fratello Mauro uscì sconvolto da quel colloquio e questo suo sentimento lo svelò al maresciallo Cannas. Non è una circostanza di poco conto ma nel processo entra adesso, Cannas sentito già due volte non ne ha parlato, adesso i giudici torneranno a sentirlo. Oramai questo è il processo dei depistaggi, dei brogliacci delle intercettazioni spariti, degli intrighi e delle dimenticanze.
Ma non c’è solo questo. Sempre in quella occasione il maresciallo Cannas avrebbe riferito a Carla Rostagno che Francesco Cardella, l’ex guru della Saman, scomparso di recente, il cui nome continua ad aleggiare su questo processo, e non con ruoli secondari, ma parrebbero di grande responsabilità, era in possesso di una tessera che gli permetteva di salire su un qualsiasi aereo senza bisogno di prenotazioni. La sera del delitto Rostagno i conti (orari) non tornerebbero del tutto sulla presenza in aeroporto, a Milano, di Cardella, pronto a volare d’urgenza su Palermo, forse prima ancora di sapere dell’omicidio, eppure per lui Rostagno era stato già ucciso, lo avrebbe confidato all’on. Bartolo Pellegrino, incontrato in aeroporto. Anche su questa tessera il maresciallo Cannas nulla ha mai detto a pm e giudici. E poi: sentito in aula ha riferito di non avere fatto alcuna perquisizione, a Carla Rostagno disse invece che aveva perquisito subito la stanza di Rostagno a Saman. E inoltre di avere fatto il guanto di paraffina ad un soggetto che era stato oggetto di attenzione giornalistica da parte di Rostagno, un certo Salvatore Barbera di Paceco arrestato, e poi rilasciato, per un omicidio. Ma di questo guanto di paraffina non ci sarebbe traccia, una bugia, ha detto in aula Carla Rostagno. Insomma su tante cose il luogotenente Cannas dovrà venire a rispondere in aula. Molto presto.
Carla Rostagno ha risposto alle domande dei pm Ingroia e Del Bene. Ha parlato dei rapporti tra suo fratello e Cardella, per quello che ne era a conoscenza. Rapporti buoni ma che poi seppe guastatisi a ridosso del delitto. Rostagno aveva scoperto la sua nuova vita, ha detto, occuparsi di giornalismo, scuotere la società civile di Trapani, denunciando mafia, malaffare, malcostumi vari, affrontò il tema di uno scandalo a Marsala sulla gestione di un ente teatro, la città era all’epoca in mano ai socialisti, e Cardella, vicinissimo al psi, gli avrebbe mandato a dire di “rientrare nei ranghi”. Rostagno non lo avrebbe ascoltato, “i rapporti tra loro erano buoni, ma Mauro con lui non è mai stato ossequioso”.
L’ultima telefonata avuta col fratello ha detto che fu ai primi di settembre del 1988, non era il solito, era giù di tono, ma non mi disse specificatamente per che cosa. Tornando ai contrasti con Cardella si è poi ricordata che non era stata ben vista l’intenzione di Mauro di ospitare in comunità l’ex Br Renato Curcio. Può essere riferito a qjuesto il fax che Cardella inviò a Rostagno, “cacciandolo” dal Gabbiano, la residenza dei dirigen
ti della Saman, mandandolo a dormire nelle stanze occupate dagli ospiti tossicodipendenti?. Intanto parlando di questo fax, Carla Rostagno ha smentito un altro giallo. Si era saputo che l’originale del fax dove Cardella dava dell’ingeneroso e del pericoloso a Mauro, era stato da lei trovato nel sottofondo di una sorta di scrigno, apposta ben nascosto, e inbece lei ha spiegato che prendendo in mano questo contenitore un giorno tra il 1991 e il 1992 che era andata a Saman, sempre per occuparsi del delitto, dal fondo venne fuori questo foglio. Ne fece copia e lo rimise a posto. Chicca Roveri già prima le aveva detto della decisione di Cardella di mettere fuori dal Gabbiano Mauro Rostagno. Si ritiene che la decisione scaturiva da una intervista rilasciata al mensile King, al giornalista Claudio Fava, ma Carla Rostagno ieri in aula ha ripetuto che lei non pensa che la causa era quella intervista. Come poteva esere pericoloso mio fratello per le cose dette in quella intervista? Pericoloso per altro allora. E per che cosa? Intanto Mauro Rostagno pensava a lasciare la comunità, così Carla seppe sentendo diverse persone, voleva andare a vivere fuori, occuparsi della televisione, “all’epoca credo che c’era già una sorta di sganciamento psicologico ed economico da Cardella, poi si era messo in testa di fare una sorta di mappa ella mafia trapanese. E poi ha aggiunto: Cardella scrive di ritenere Mauro pericoloso e cosa fa?, lo mette fuori dalla comunità, come dire lo isola? Argomenti che però non ha avuto mai modo di parlare con Cardella. Uno dei pochi ai quali non è riuscita a fare domande quando veniva a Trapani per capire cosa accadeva ed era costretta a schierarsi alle ripetute richieste di archiviazione delle indagini. Tra le persone con le quali ha parlato ci fu Monica Serra, la ragazza che la sera del 26 settembre 1988 era in auto con Rostagno e restò miracolosamente indenne , uscì senza graffi dall’agguato. Mi parlò senza riuscire ad essere più chiara del fatto che la macchina dei killer era arrivata poco prima sul liuogo dell’agguato, “quel poco prima non mi disse come mai riusciva a dirlo, quali certezze avesse per dirlo”, poi le aprlò di una telefonata partita da Rtc dopo che Mauro era con lei andato via, sollecitata dalle sue domande ad un certo punto le avrebbe detto di non guardare la cornice ma il quadro. E su Mauro le aveva detto che oramai era come una variabile impazzita e che Saman era oramai un bel paravento dietro il quale giravano un mare di soldi
La difesa ha puntato con le sue domande alla cosidetta pista interna, ha rispolverato la vecchia indagine (Codice Rosso), cercato di richiamare l’attenzione della teste anche su determinate cose da lei riferite durante alcuni interrogatori, su ruoli poco chiari di appartenenti alla comunità. Carla Rostagno ha spiegato quelle sue dichiarazioni, spesso troppo frettolosamente messe insieme da chi la interrogava.
Nella parte finale Carla Rostagno ha fatto riferimento al lavoro giornalistico del fratello per come aveva appreso dopo e per come aveva avuto modo di vedere dalle registrazioni da lei acquisite (la sua parte civile con l’avv. Fabio Lanfranca ha prodotto 17 dvd contenenti gloi interventi giornalistici di Rostagno più importanti), non era retorico, non aveva riguardi, scuoteva le coscienze, mi colpì il modo con il quale li raccontava. UN modo che non colpì solo lei, ma tanti anni prima aveva colpito la mafia che aveva deciso di entrare in azione ed eliminare quello scomodo giornalista.
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