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Salento: confiscato il tesoro dei fratelli Bruno

Di Antonio Nicola Pezzuto il . Puglia

Supera i 5 milioni di euro il valore dei beni confiscati al clan Bruno di Torre Santa Susanna (Brindisi). A distanza di due anni dal sequestro preventivo avvenuto il 15 giugno del 2009, è stato emesso il provvedimento di confisca, conseguenza diretta dell’operazione denominata “Canali”, che consentì di scoprire gli affari dell’associazione criminale. Il Tribunale ha accettato la richiesta del procuratore distrettuale antimafia di Lecce Cataldo Motta e del pubblico ministero applicato alla Dda Adele Ferraro che, condividendo l’ipotesi investigativa formulata dagli investigatori, firmarono il provvedimento di sequestro. Confermata dal Tribunale anche la stima del patrimonio, che per i consulenti interpellati dal sostituto procuratore Adele Ferraro, ammonta a 5 milioni di euro.

Il provvedimento di confisca è stato eseguito dai carabinieri del reparto operativo di Brindisi, diretti dal colonnello Gennaro Ventriglia. Ma vediamo nel dettaglio quali sono i beni di cui lo Stato si appropria: nove appezzamenti di terreno per un totale di 100 ettari, su uno dei quali sorge Masseria Pezza Viva, costruita nel XVI secolo e completamente ristrutturata, due compendi aziendali (beni immobili, mobili e strumentali) relativi alle cooperative Agrisud e Sant’Andrea, entrambe con sede a Torre Santa Susanna, tre conti correnti bancari, con depositi per 135mila euro, sei trattori, sei rimorchi, due auto di grossa cilindrata e un autocarro. Un vero e proprio tesoro. Si tratta di beni accumulati seminando terrore sul territorio, tutti intestati o, comunque, nelle disponibilità dei due fratelli Bruno, Ciro e Andrea, di altri parenti (soprattutto un nipote) o di prestanome. Secondo la Direzione distrettuale antimafia di Lecce, le principali fonti di guadagno del clan sono state traffico di droga, estorsioni e riciclaggio. Clan che sarebbe stato guidato, dopo l’arresto di Ciro Bruno, dal fratello minore Andrea che ne ereditò il comando e si occupò di organizzare i traffici dell’associazione a delinquere di stampo mafioso.

L’11 luglio scorso, a questo sodalizio criminale, è stata inferta la condanna in primo grado a oltre un secolo di carcere: ben nove le condanne su undici imputati. Ad emettere il provvedimento di confisca, eseguito dai militari dell’Arma, la sezione penale del Tribunale di Brindisi, presieduto dal giudice Gabriele Perna (a latere i giudici Stefania De Angelis e Simona Panzera). Nel marzo del 2008 vi era stata un’operazione dei carabinieri del comando provinciale denominata “Canali”, dal nome della masseria. Dopo poco più di un anno, nel giugno 2009, un’altra operazione dell’Arma chiamata “Canali Money” portò al sequestro preventivo. La confisca dei beni, che si può effettuare grazie alla normativa Antimafia, è scaturita da un’indagine di tipo patrimoniale che ha portato alla luce forti discrepanze tra redditi dichiarati e beni posseduti, tali da convincere gli inquirenti che il patrimonio, o parte di esso, sia stato accumulato grazie ad attività illecite.

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