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Confisca Bruno: il monito del procuratore Motta

Di Antonio Nicola Pezzuto il . Puglia

«La forza di un’associazione a delinquere è basata anche e soprattutto sulle proprie risorse, ecco perché i sequestri e le confische sono strumenti molto efficaci nella lotta alla malavita organizzata. Anche perché i mafiosi mettono in conto che possono, prima o poi, finire in carcere, ma non accetteranno mai con lo stesso spirito fatalista la perdita dei loro beni». Con queste affermazioni , il colonnello Gennaro Ventriglia, a capo del reparto operativo del comando provinciale dei carabinieri di Brindisi, ha esordito nella conferenza stampa organizzata per comunicare la decisione del Tribunale di Brindisi e l’esecuzione del provvedimento di confisca di beni che superano i 5 milioni di euro.

«La confisca dei beni in questione, resa possibile grazie alla normativa Antimafia – ha commentato il capitano del nucleo operativo Gianbruno Ruello – è scaturita da un’indagine di tipo patrimoniale, finalizzata a stabilire se la consistenza dei beni, mobili e immobili, nella disponibilità della famiglia Bruno, risultasse proporzionata ai redditi dichiarati ai fini dell’imposta, oppure derivante da proventi di attività illecite. Dopo accurati confronti è risultato palese che fosse frutto dei traffici di droga e di estorsioni, gestite da Andrea Bruno, fratello del boss Ciro».

Significative e pungenti le affermazioni di Cataldo Motta, Procuratore Capo della Direzione distrettuale antimafia: «La confisca dei beni della criminalità è uno dei frutti più evidenti di una indagine, e, di certo, è un segnale molto forte per la comunità intera. Parlo in questo caso, di Torre Santa Susanna, dove sono stati confiscati molti beni, ma anche più in generale, perché in questo modo i cittadini hanno il sentore di cosa si sta facendo concretamente contro la malavita organizzata. Sottrarre a un clan le sue risorse finanziarie è il modo più efficace per indebolirlo».

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