NEWS

Anche due calabresi tra le vittime dell’attentato

Di Anna Foti* il . Calabria, Internazionale

«Laura ti voglio tanto bene, rimarrai sempre nei nostri cuori». Tra le voci che spezzano il dolore del silenzio, che infrangono l’oblio di una morte atroce, c’è anche quella italiana di Dorotes Scali, originaria di Grotteria in provincia di Reggio Calabria, che commemora la figlia Laura, nel giorno del ricordo dell’attentato alle torri gemelle dell’11 settembre 2001. In quell’Occidente brutalmente ferito, anche un pezzo di questa Terra. Una voce addolorata della Calabria emigrata negli anni Settanta, riecheggia lì dove oggi l’America si è fermata per rendere omaggio alle quasi 3 mila vittime degli attacchi terroristici che capovolsero ogni cosa.

Travolto ogni ordine internazionale, qualora ci fosse stato, sacrificato ogni diritto degli “stranieri” – equiparati pressoché indistintamente a “nemici”- sull’altare della sicurezza, sconvolta la vita di migliaia di famiglie e tra queste anche quella di Dorotes che ha voluto ricordare Laura, al Ground Zero di New York, al cospetto del presidente Barack Obama e di George W. Bush, il presidente all’epoca dell’attentato e che dichiarò guerra al terrorismo, vicini a Ground Zero per la prima volta in questa occasiona. Una circostanza di grande partecipazione emotiva, adombrata dalle minacce, fortunatamente infondate, di nuovi attentati terroristici che l’intelligence aveva definito specifiche e credibili.

Una ferita che non smette di sanguinare e quasi 3.000 vite barbaramente spezzate. Tra queste anche Giovanni detto “Joe” nato a Satriano nel catanzarese e Laura figlia dei calabresi Antonio Angilletta di Mammola e Dorotes Scali della frazione Aspalmo di Grotteria in provincia di Reggio Calabria. Nell’attacco terroristico alle Torri gemelle dell’11 settembre di dieci anni fa morirono infatti 2.752 persone, oltre trecento vigili del fuoco e 60 poliziotti. Oltre duecento furono le vittime degli altri due dirottamenti a Pentagono e a Shanksville, in Pennsylvania.

La maggior parte delle vittime erano civili inermi che si apprestavano a vivere una giornata di lavoro che non sarebbe stata come tutte le altre; che sarebbe stata l’ultima. 70 diverse nazionalità, tra queste anche quella italo- americana. E tra loro la poco più che ventenne Laura Angilletta, nata negli Stati Uniti come i fratelli Maria e Alberto. Aveva 23 anni quando la sua vita venne stroncata. Una delle oltre 2700 vittime del World Trade Center, lavorava come ragioniera in un’agenzia di assicurazione al 100esimo piano di una delle due Torri gemelle, tornava spesso in Calabria dai nonni materni, l’ultima volta nel 2000, l’anno prima della tragedia.

Quella mattina, con lei si sarebbe dovuta trovare anche sua sorella Maria, impiegata nello stesso ufficio che però rimase a casa per un malore. Così in questa giornata di lutto per gli Stati Uniti e per il mondo, ad incarnare il dolore che chi in quel maledetto giorno di 10 anni fa ha perso un congiunto vi è la voce della madre calabrese, Dorotes, ed l’affettuoso ricordo, non ultimo, di Laura. Ma quel giorno altro sangue calabrese è stato versato. Si chiamava Giuseppe, per gli americani Joe, figlio di Domenico Riverso e Teresina Zangari originari di Satriano in provincia di Catanzaro. In Calabria tornava spesso. Come tutte le mattine, anche quella di dieci anni fa, si era recato nel suo ufficio al centoquattresimo piano di una delle due Torri a Manhattan quando l’impatto ebbe fatalmente luogo. Aveva 34 anni e ha lasciato una figlia, allora, di sette anni.

Quattro attacchi suicidi da parte di terroristi di al-Qāida, guidati dal leader Osama Bin Laden, che nell’immediatezza della tragedia rivendicò l’ignobile operato contro obiettivi civili e militari nel territorio degli Stati Uniti d’America. Vittime sopra e sotto quelle ceneri che soffocarono i newyorchesi per molto, molto tempo. Dirottati quattro voli civili commerciali. Due si abbatterono sulle torri del World Trade Center di New York, e quelle immagini rimangono ancora oggi indimenticabili e quel grattacielo è ancora il simbolo di terrore e odio cui il mondo rispose con la ricerca di una vendetta mascherata da Giustizia ad ogni costo. Un collasso implacabile degli edifici, che creò danni ingentissimi anche nelle zone limitrofe, al punto tale da avere anche generato l’ipotesi che vi fosse dell’esplosivo già dentro le torri al momento dell’impatto. Ma la ricerca al nemico era già scattata, non vi era spazio, forse, per altre ipotesi alternative al cieco e folle attacco del fanatico più osannato del Medioriente. Così il volto del leader fondamentalista Bin Laden divenne la personificazione di tutte le contraddizione con cui il terzo millennio si era aperto, raccogliendo in eredità un mondo spaccato e molto lontano dalla pace e dal benessere effettivamente comune.

Vi erano anche altri due aerei nel piano di attacco. Il terzo di linea fu fatto schiantare dai dirottatori contro il Pentagono. Il quarto, diretto verso la Casa Bianca a Washington, si schiantò in un campo vicino Shanksville, nella Contea di Somerset (Pennsylvania).Vi furono altre duecento vittime.

Il mondo oggi ricorda le vittime e, macabramente, ha festeggiato la morte di Osama Bin Laden lo scorso maggio quando, tra non poche polemiche, il suo corpo venne gettato in mare.

Così gli Stati Uniti passavano dalla “guerra del Vietnam” a Bin Laden, il cattivo, il nemico, che avrebbe voluto distruggere l’America. In questi dieci anni a quelle vittime innocenti se ne sono aggiunte altre, quelle di quanti hanno subito abusi e violazioni di diritti umani durante la ricerca estenuante di una giustizia per la quale altri innocenti hanno pagato e continueranno a pagare. Dunque un dato è certo mentre la memoria consola ma non restituisce, il numero di chi paga un tributo, pur essendo innocente, sale.

* da www.reggiotv.it

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link