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Libertà, scuola e informazione

Di Santo Della Volpe il . L'analisi

“La libertà cresce a scuola” afferma  il Pd nella festa dedicata alla scuola che si sta svolgendo a Modena: parole sacrosante ma proprio per questo  la giornata del 1° settembre è stata dedicata, a Modena, alla libertà di informazione. Perché non esiste  una scuola libera , che fa crescere i giovani, se l’informazione  non è libera veramente; e se la televisione, principale veicolo di informazione per gli italiani, non è strumento di democrazia, di dibattito, di conoscenza, di cultura. Significativo, per questo, che la serata di Festa Democratica modenese sia stata dedicata a Roberto Morrione, con il video  proiettato all’inizio e le parole della moglie Mara. Perché se c’è stato un giornalista che ha lavorato, da cronista a direttore, parlando sempre ai giovani in nome della libertà di informazione, è stato proprio Roberto Morrione.

Al microfono di Modena si sono così avvicendati giornalisti ed esponenti della società civile, in nome dell’insegnamento di Roberto, per  discutere delle notizie che mancano, che non arrivano in pagina sui giornali e nei telegiornali: molte legate ai territori, alla vita di tutti i giorni dei cittadini, quelle notizie che sono di cronaca, ma che, se legate solo alla cronaca nera, se non approfondite e spiegate, rischiano di ottenere l’effetto opposto a quello che l’informazione dovrebbe creare; dare cioè assuefazione invece che suscitare indignazione civile, creare interesse morboso invece che  aprire la conoscenza per evitare che situazioni sociali e personali possano portare a manifestazioni di crisi o delitti. Notizie che invece dovrebbero servire a discutere di legalità da affermare, di provvedimenti da prendere perché la giustizia sia affermata nella società come nei tribunali; perché dall’energia giovanile, dalle risposte alle domande che provengono dalla società, dai movimenti che si formano sul territorio, si possano affermare valori e democrazia.

Non a caso Libera nasce con questi propositi, non a caso Libera Informazione fa rete e costruisce occasioni di dare notizie partendo dai territori; non a caso è il dialogo con la scuola quello che costantemente,  e non solo il 21 marzo di ogni anno, si costruisce giornalmente. Ma dal dibattito di Modena è arrivata, innanzitutto all’auditorio e poi tra gli stessi oratori presenti ( da inviati storici come Pino Scaccia e Silvia Resta, da Piero Badaloni a Francesco Cavalli del Premio Alpi sino a Maria Antonietta Farina Coscioni, parlamentare radicale e Giovanni Belfiori del settore Scuola del PD ed a chi scrive come conduttore) la consapevolezza che nella attuale fase di smarrimento che contraddistingue la società italiana ed il mondo politico, sia fondamentale aprire spazi di informazione che facciano capire; che argomentino le diverse posizioni su come uscire da questa crisi economica e sociale, senza nascondere alcuna “ricetta” per affrontarne le conseguenze; e soprattutto sul pericolo che una scuola vista solo come “serbatoio sociale” ed una informazione “censurata ed autocensurata” creino, in un micidiale “combinato disposto”, disorientamento e regressione culturale, politica, facendo diventare  l’intera società italiana come quel “grande Fratello” dove, ha ricordato il presidente della FNSI Roberto Natale, è espressamente scritto nel regolamento di trasmissione, che non debbono entrare libri e giornali.

Una società ubbidiente perché ignorante: ed ignorante perché ubbidiente: non informata e quindi incapace di avere spirito critico, di  chiedere i propri diritti, di ribellarsi se necessario, di gridare la propria voglia di normalità e di  solidarietà.  Un pericolo che solo saldando l’opinione pubblica ed i movimenti con i giornalisti che vogliono fare fino il fondo il proprio lavoro onestamente, solo mettendo insieme scuole di  giornalismo,di vita e di legalità, possano far superare questa fase difficile ed oscura che l’Italia sta attraversando.

Contro assuefazione e inciviltà ci sono sicuramente energie in buona dose, almeno in quel 57% di italiani che hanno voluto affermare con i referendum del giugno scorso, la propria voglia di affermare diritti e la necessità di salvaguardare i “beni indivisibili”. Non solo l’acqua, ma la salute, nostra e dei nostri figli, i beni pubblici nel loro insieme. E tra questi anche e soprattutto l’informazione, tutta: ma soprattutto quella del servizio pubblico radiotelevisivo da salvaguardare e migliorare, inteso luogo da dove devono uscire i partiti ed entrare la bella politica. Lo si è detto in conclusione al dibattito di Modena; ma è il messaggio che vale per tutti, noi per primi, in questa ripresa di attività di fine estate ed autunnale.

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