Il nostro saluto all’avvocato Oreste Flamminii Minuto
Aveva telefonato con il consueto tono garbatissimo e aveva chiesto, quasi con imbarazzo: “Le dispiace se la riunione la facciamo nel mio studio? Sa com’è, con la cannula per l’ossigeno non sono del tutto libero di muovermi”. Così via Rodi, studio e abitazione di Oreste Flamminii Minuto, era diventata la base fissa del gruppo di lavoro sul tema delle querele per diffamazione e dei risarcimenti onerosi imposti ai giornalisti. Il tema lo aveva lanciato Roberto Morrione, che ne aveva testato la rilevanza in tanti incontri di Libera Informazione in giro per l’Italia: un’altra, insidiosa forma di bavaglio, tanto più grave perché messa in atto a danno di cronisti impegnati sul fronte del giornalismo antimafia, molto spesso precari e freelance.
E come per ogni sua proposta Roberto si era preoccupato di darle gambe e testa: coinvolgendo le rappresentanze dei giornalisti (Fnsi, Unione Cronisti, Ossigeno, Ordine) e gli esperti più prestigiosi (Domenico D’Amati, in rappresentanza di Articolo 21, e appunto Oreste Flamminii Minuto). Era capitato a me di invitarlo ad unirsi al nostro lavoro, in occasione della presentazione pubblica, a piazzale Clodio, del libro nel quale aveva ripercorso il filo di 50 anni e più di battaglie a difesa dell’informazione, contro ogni tipo di potere intimidatorio: “Troppi farabutti”, il titolo, dalla frase che poche settimane prima (alla fine dell’estate 2009, mentre noi stavamo preparando la grande manifestazione di piazza del Popolo) Berlusconi aveva scagliato contro i giornalisti italiani. L’avvocato che aveva difeso con successo, nelle aule di giustizia, centinaia di nostri colleghi e di editori, legando il suo nome ad alcune battaglie fondamentali per la difesa del diritto-dovere di informare, accettò con entusiasmo.
E così avevamo preso a vederci nel suo studio. Preparammo la prima uscita pubblica del gruppo, che ci fu l’anno scorso a Perugia al Festival di Giornalismo, in un dibattito con Gaetano Pecorella e Roberto Zaccaria che mise in evidenza i numerosi consensi bipartisan sui quali poteva contare il nostro pacchetto di proposte, e al quale Flamminii aveva dato un contributo decisivo: depenalizzazione della diffamazione, in linea con quanto avviene nelle democrazie più rispettose dell’informazione; annullamento delle forme attuali di risarcimento del danno, devastanti nel loro impatto; effettività vera della rettifica, perché la modifica della legge sulla diffamazione non può certo significare impunità per i giornalisti che sbagliano. Su queste proposte – riforme a costo zero, che il Parlamento potrebbe approvare in poche ore, se non ci fosse tanto astio verso l’informazione – eravamo tornati a novembre, in un convegno alla Fnsi con giuristi, esponenti di partito, giornalisti (tra le tante, aveva catturato l’attenzione la testimonianza di Milena Gabanelli, campionessa nazionale di querele e richieste di risarcimento ricevute e vinte, spiegando con grande efficacia il significato intimidatorio di queste procedure legali).
In quell’occasione, Flamminii aveva ingaggiato una delle sue consuete polemiche coi magistrati: gli piaceva farlo, si vedeva, e lo scambio con Luca Palamara, presidente dell’Anm, era stato assai vivace. Ma non solo di una riforma della legislazione ci eravamo preoccupati, nel gruppo. Roberto aveva premuto parecchio perché il nostro lavoro avesse anche una ricaduta più immediatamente pratica, più vicina alle richieste e alle preoccupazioni dei giovani cronisti che si erano imbattuti in richieste di risarcimento quasi sempre infondate ma comunque onerosissime. E’ nato così – anche grazie al coinvolgimento e al sostegno finanziario dell’Open Society Justice Initiative, uno dei progetti della Fondazione Soros – lo “sportello antiquerele”: aperto da qualche settimana all’Associazione Stampa Romana (e in procinto di partire, dopo l’estate, anche a Milano e Napoli) per aiutare i giornalisti che abbiano bisogno di una tutela, soprattutto i freelance privi di un editore solido a coprir loro le spalle. E il prestigioso avvocato, che ha difeso nella sua carriera i nomi più noti del giornalismo italiano, non ha esitato un attimo (così come non hanno esitato Domenico D’Amati ed altri più giovani professionisti) a mettere la sua competenza a disposizione.
Nel giro di soli tre mesi, due protagonisti di questa battaglia – Roberto Morrione e Oreste Flamminii Minuto – se ne sono andati. Nelle riunioni in via Rodi, entrambi portavano evidenti nel fisico i segni delle loro malattie. Ma li dimenticavano, e li facevano dimenticare a noi altri, in virtù di una straordinaria, contagiosa passione professionale e civile. Questo impegno continuerà anche nel loro ricordo.
* Presidente Fnsi
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