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Una “rete blindata” per evitare intercettazioni sul telefono del boss

Di Antonio Nicola Pezzuto il . Puglia

Non solo estorsioni e usura.  Le condanne sono arrivate anche a  Riccardo Buscicchio e Stefano Ciurlia di Lecce, rispettivamente a sette anni e nove mesi il primo e a quattro anni e otto mesi il secondo per aver procurato le schede telefoniche a Salvatore Caramuscio e ai suoi affiliati. L’obiettivo era stato creare una rete telefonica immune da intercettazioni. Entrambi sono considerati appartenenti al clan, con il compito di garantire una fornitura continua di sim-card intestandole a persone ignare. «Io ne consumo quattro-cinque in sette giorni», così si esprimeva Caramuscio al telefono non sospettando che i poliziotti della Squadra Mobile riuscissero a intercettarlo. 

Ci erano riusciti, gli investigatori, dopo aver ascoltato una conversazione telefonica tramite una microspia nascosta in una macchina. Scoprirono, così, l’esistenza di una rete blindata in quanto quei dialoghi non erano stati captati dagli uomini impegnati nelle sale ascolto della Procura.  E fu grazie al codice Imei del telefono cellulare di Simona Sallustio, la moglie di Salvatore Caramuscio, che la rete segreta venne violata. L’otto marzo di due anni fa “Scaramau” fu arrestato a Cassano Murge in seguito alle indagini tecniche effettuate per individuare dove si nascondeva il boss latitante. 

Durante le perquisizioni furono scoperti i due telefonini usati da Caramuscio e da Giosuè Primiceri solo per comunicare tra di loro.

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