Codice antimafia, occasione mancata
Un intero testo, presentato dal Governo e in attesa di approvazione dovrebbe raccogliere, coordinare e armonizzare, la copiosa documentazione legata alla legislazione antimafia. I lavori per un testo che riunisca la materia sotto una unica voce sono in corso da anni. Eppure qualcosa non torna. Lo denunciano da settimane tante associazioni, magistrati e anche il procuratore nazionale Piero Grasso che ha consegnato una densa relazione per segnalare pericoli di omissioni o lacune. Molti i punti critici che il testo presenta, anche per la complessità della materia e la fretta con la quale si sta procedendo a chiedere l’approvazione. In piena estate, a metà agosto.
In tanti continuano a riperete che si tratta già di una “occasione mancata”. Come il magistrato Antonio Ingroia che durante la Festa di Libera a Firenze ha ribadito: «il codice antimafia non è di fatto un vero codice, non è neanche quello che chiedevamano, cioè un testo unico delle leggi antimafia. E’ un parziale assemblamento di alcune leggi in materia di leggi contro le mafie. Questo codice nasce già vecchio, poichè basato su studi che riguardano la mafia di molti anni fa, quando iniziò il dibattito poi arenato intorno a questo testo. Oggi la mafia è cambiata – ricorda Ingroia – mentre il testo non sta al passo con queste evoluzioni. Mancano gli strumenti per fronteggiare la mafia finanziaria e economica».
Anche la rete nazionale di Libera, 1600 realtà, chiede a gran voce di fermarsi e rivedere il testo prima dell’approvazione. Il presidente, Don Luigi Ciotti a Firenze ha ribadito: «Il nostro Paese sta rischiando, in questi giorni, di fare un improvviso e imprevisto passo indietro nella lotta alle mafie dopo gli importanti risultati raggiunti negli ultimi anni, la proposta di decreto legislativo attualmente all’esame del Parlamento, conosciuta come ‘Codice antimafia’, risulta non rispondere ai compiti affidati dal Parlamento stesso al Governo con la relativa legge delega approvata lo scorso anno». Manca una completa ricognizione e armonizzazione della normativa vigente in materia di contrasto della criminalità organizzata e poi ci sono vuoti che pesano nella quotidianità del lavoro antimafia. Soprattutto nei confronti delle vittime dei reati di stampo mafioso.
«Da questo testo – dichiara Enza Rando, responsabile ufficio legale di Libera – dal quale ci si aspetterebbe una completa ricognizione della materia, una attenta presa in considerazione non solo degli imputati del processo ma anche e soprattutto delle vittime dei reati, ci si aspettava una risultato diverso. Un documento che tenesse conto dei tanti lavori che in questi anni sono stati fatti per migliorare la situazione attuale, ad esempio, dei testimoni di giustizia, delle vittime del racket e dell’usura». Il cosiddetto codice antimafia, infatti, si dimentica di loro. «Questa era l’occasione – ribadisce la Rando – per ridurre o eliminare le lacune che continuano ad esserci nella legislazione attuale per i collaboratori di giustizia, per i quali vige il termine massimo dei 180 giorni (troppo poco per alcuni processi complessi) per i testimoni di giustizia, per i quali non è prevista quella assistenza e quell’accompagnamento da parte dello Stato che chiediamo da tempo. E poi ancora per le vittime dei reati di usura e racket per i quali ancora non è semplice la costituzione parte civile in un processo di tipo penale e la stessa cosa vale per le associazioni impegnate da anni su questo fronte».
Senza contare i familiari delle vittime della mafia. Anche per loro, da anni, si chiede una semplificazione dell’iter e maggiori garanzie e sostegni. C’è ancora molto da fare. L’appello di Libera, inoltre, punta il dito sul nodo centrale che impedisce una vera lotta alle mafie nel Paese. Le ambiguità del testo riguardano i rapporti mafia-politica. «Manca una rielaborazione di quell’ articolo 416 ter – scrive Libera – la cui formulazione attuale, scambio voto contro denaro, ha avuto pochissimi riscontri nella realtà delle relazioni tra mafia e politica».
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