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“Trattativa” Stato – mafia: i giovani vogliono sapere

Di Enrico Sbaffoni il . Toscana

«Chi ha detto la verità tra chi ha sciolto nell’acido il piccolo Di Matteo e gli investigatori che hanno indagato sulle morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino?». Con questo interrogativo rivolto alla platea dei giovani del raduno nazionale di Libera a Scandiccia, Maurizio Torrealta, giornalista di Rainews e autore de “Il quarto livello” ha aperto l’ultimo dibattito della Festa di Libera. All’incontro moderato da Andrea Zummo e con la partecipazione di Rita Brugnara vicepresidente di Giunti Progetti Educativi e Roberto Luciani, autore della pubblicazione “Dalla parte giusta”si è parlato di giustizia, di misteri di Stato e di come raccontare questa pagina recente della storia del nostro Paese ai giovani, agli studenti. La guida della Giunti, infatti, risponde a questo primo obiettivo: parlare di mafia ai ragazzi. La risposta alla domanda con cui si è aperto il dibattito non sarebbe neanche in discussione, infatti, se le cose fossero andate tutte nella direzione giusta. Oggi, invece, conosciamo solo alcune parti di quella verità:sappiamo che ci furono depistaggi e bugie. Nel mirino il gruppo di poliziotti guidati da Arnaldo La Barbera e gli interrogatori con il falso pentito Vincenzo Scarantino.

 Le prime verità che oggi conosciamo arrivano dalle rivelazioni, tutte puntualmente riscontrate, di Gaspare Spatuzza, colui che fisicamente imbottì d’esplosivo la 126 saltata in aria in via D’Amelio. Spatuzza è il boss che uccise il figlio di Santino Di Matteo. Il giornalista Maurizio Torrealta racconta queste e altre storie legate alla cosiddetta “trattativa”, quel dialogo fra lo Stato e la mafia, fatto a colpi di bombe ma anche – come sembra dalle ultime indagini – dall’inquinamento dell’inchiesta sulla strage di Via d’Amelio.  Di fronte ad una realtà che si presenta con questo volto, una verità limacciosa, fatta di sovrapposizioni di ruoli, di inconfessabili ed interessate complicità da parte di apparati deviati dello Stato, in cui non si riesce a localizzare nettamente la frontiera tra “bene” e “male”, è complesso il ruolo di chi deve immaginare  percorsi che formino alla cittadinanza le giovani generazioni. La sfida, in sostanza, si fa ancora più grande.

Come spiegare ad un giovane, senza ingenerare un senso di rassegnazione e sfiducia, che figure di altissimo livello all’interno delle istituzioni repubblicane abbiano sistematicamente operato per depistare la verità, per coprire e per creare sinergie con le organizzazioni criminali? Come spiegare il “Quarto livello”? Come spiegare che realtà di questo tipo hanno reso le mafie uno degli elementi costitutivi del potere, nel nostro Paese e non solo? Questa la scommessa lanciata sul palco di Scandicci, dal raduno dei giovani, e sulla quale ragioneranno quest’anno educatori e giornalisti. Una sfida delicata ma necessaria per sviluppare una coscienza civile e promuovere una conoscenza il più possibile approfondita e critica della realtà, nella sua complessità. Pensando ad una formazione delle giovani generazioni che sappia preparare un’antimafia sociale sempre più incisiva. 

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