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In quali tasche il fisco mette le mani

Di Rocco Artifoni il . L'analisi

L’Agenzia delle Entrate ha recentemente pubblicato i dati sul prelievo IRPEF per l’anno 2009: il 93,71 % del gettito è prelevato dalle tasche dei lavoratori dipendenti e dei pensionati , mentre soltanto il restante 6,29% è versato dagli imprenditori, dai liberi professionisti, dagli autonomi e da altre categorie di lavoratori indipendenti. Tutti sappiamo che dipendenti e pensionati sono tassati alla fonte e di conseguenza lo spazio per evadere il fisco è limitato (anche se persistono episodi di doppio lavoro e prestazioni effettuate in nero). Di conseguenza è innegabile che il 6,29% di IRPEF pagata dai lavoratori autonomi (eppure siamo il Paese delle Partite IVA!) nasconde una enorme evasione fiscale.  Un dato emblematico, che dimostra le anomalie fiscali italiane, è la differenza tra redditi dichiarati e redditi effettivamente posseduti: l’Istat stima un’evasione fiscale pari al 17% del PIL.   
Marcello De Cecco, professore di Storia della Finanza e della Moneta presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, il 22 luglio scorso ha dichiarato che “in Italia, se gli evasori cominciassero anche gradualmente a pagare le tasse, i problemi di finanza pubblica diminuirebbero enormemente”.  Il 26 luglio i tassi di interesse sui titoli di Stato italiani hanno raggiunto il record negli ultimi 3 anni, il che significa che aumentano gli interessi da pagare sul debito pubblico. Nello stesso giorno dalla Spagna è arrivata la notizia che il gettito IRPEF nei primi 5 mesi del 2011 è stato di 14.477 milioni di euro, mentre nello stesso periodo gli interessi sul debito hanno raggiunto gli 8.757 milioni di euro. Cioè in Spagna il 60,6% delle tasse sulle persone servono a pagare gli interessi sul debito (resta poi sempre il debito da pagare …).
 I dati della Spagna dovrebbero far sobbalzare sulla sedia il Ministro dell’Economia, mentre scrive le manovre economiche sulla scrivania che fu di Quintino Sella. Tancredi Bianchi, presidente onorario dell’Associazione Bancaria Italiana, il 28 luglio ha scritto che le economie occidentali “sarebbero a rischio per la non sostenibilità, a lungo termine, dei debiti statali”. 
Robert Engle, Premio Nobel 2003 per l’Economia, ha recentemente dichiarato: “La speculazione si accanisce contro l’Italia perché il Debito è sproporzionalmente alto in rapporto all’abilità del Governo nel gestirlo e ridurlo, e questo va avanti da troppi anni. Occorrerebbe qualche misura contro l’evasione fiscale che abbia un effetto di risonanza internazionale”. 
Loretta Napoleoni, economista e saggista (collabora con The Guardian, Le Monde, El Pais e L’Unità), il 22 luglio ha scritto: “Se il governo non agisce subito, imponendo una tassa patrimoniale dalla seconda casa in poi, rischiamo di finire come i greci”.  
Sul Corriere della Sera del 27 luglio Giuliano Amato, intervistato da Aldo Cazzullo, dice: “se un’imposta sulla ricchezza una tantum può abbattere il nostro debito per qualche decina di punti e tranquillizzare i mercati, non possiamo sottrarci”.  In effetti, l’ha detto anche il Ministro Tremonti, che siamo “come sul Titanic”. L’iceberg si trova esattamente davanti alla nave Italia: è il debito pubblico accumulato negli ultimi decenni, in particolare alla fine degli anni ’80 e negli ultimi 3 anni. Dell’iceberg vediamo spuntare solo una minima parte, formata dagli interessi sul debito. E intanto l’iceberg continua a crescere, per l’accumulo di ghiaccio chiamato deficit annuale. I tassi di interesse stanno salendo e così la parte emergente dell’iceberg sta aumentando. Ciò dovrebbe rendere l’iceberg più visibile, anche a grande distanza.   
Purtroppo, invece, le vedette hanno lasciato i binocoli in cabina, il timoniere è distratto in una conversazione al cellulare e il comandante della nave è in sala da ballo ad intrattenere i passeggeri che giocano alla roulette … 

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