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Operazione Ortro, indagati 5 presunti prestanome dei Condello

Di Anna Foti* il . Calabria

Una serie di atti cessioni di attività commerciali finalizzati solo ad evadere il controllo della magistratura  – considerato lo stretto contatto con la famiglia Condello –  e dietro i quali in realtà il cedente rimaneva titolare a tutti gli effetti delle stesse attività, come emerso dalla intercettazioni. I cessionari, tutti dipendenti delle precedenti società poste in liquidazione. Sistematiche assunzioni di familiari del clan Condello. Il tutto in concomitanza con l’arresto di Luciano Lo Giudice e l’inizio della collaborazione di Antonino Lo Giudice iniziata nel 2010, e poi una crescita significativa negli anni della mole di affari dell’imprenditore reggino Santo Cuzzola, già titolare di Ottica Cuzzola e Ottica Cuzzola 2 srl di Reggio Calabria, poi ceduta, ma solo formalmente, ad ALSA srl e ad alla ditta individuale Morabito Antonino. 
Su questi elementi hanno lavorato in stretto clima di collaborazione il nucleo di polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Reggio sul fronte delle indagini patrimoniale ed il Ros dei Carabinieri sul fronte della attività investigativa sul territorio prima di giungere, grazie alle rivelazioni dello stesso pentito Antonino Lo Giudice, oggi alla notifica di cinque avvisi di garanzia per intestazione fittizia di beni ed al sequestro delle suddette società unitamente ad altre con beni immobili e conti correnti per un valore complessivo di 15 milioni e 800 mila euro. 
Si tratta dell’Operazione congiunta di Carabinieri e Guardia di Finanza, denominata “Ortro” resa nota questa mattina,  in conferenza stampa, presso il comando provinciale dei Carabinieri di Reggio, dal procuratore capo della Repubblica Giuseppe Pignatone, dal colonnello Aberto Reda, comandante della Guardia di Finanza di Reggio ed dal colonnello Pasquale Angelosanto, a capo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio. Accusati di essere prestanome della potente cosca facente capo al Supremo, Pasquale Condello, in carcere dal febbraio 2008 dopo 18 anni di latitanza, per le cinque persone per ora non figurano aggravanti mafiose sulla quali evidentemente la Procura reggina, con il supporto dell’attività investigative delle Forze dell’Ordine, si riserva di agire eventualmente in seguito. Intanto si attende adesso la convalida del sequestro dei beni.
Fare i furbi non paga, dunque. Questa la morale di una storia, che nulla ha a che fare con le favole, di avvicinamento di imprenditori reggini ad una delle ‘ndrine più potenti di Reggio e solo per accrescere un profitto, oggi posto sotto sequestro. Durante le attività investigative, svolte indagini anche su unità secondarie cedute a Milano e Bagnara Calabria nel reggino, su cui però, è stata accertata la cessione reale delle attività commerciale senza dunque l’integrazione dell’ipotesi di reato contestato.
* www.reggiotv.it

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