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Nuclei operativi nelle Prefetture e sicurezza dei beni confiscati

Di Anna Foti* il . Calabria

Supporto all’Agenzia nazionale nella sua azione di restituzione, allo Stato ed alla comunità  degli onesti, del maltolto illecitamente accumulati dalla mafia. Lo ha annunciato a Reggio il numero uno del Viminale, Roberto Maroni, in Calabria dopo essere stato a Palermo per la celebrazione del diciannovesimo anniversario della strage di via d’Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. Una riunione operativa presso l’agenzia beni confiscati e sequestrati alla mafia, diretta da giugno dal prefetto Giuseppe Caruso, ha impegnato il ministro a Reggio per la definizione di un importante indirizzo che darà nuovo impulso alla fase successiva al sequestro dei beni e renderà più celere e snella la procedura per l’assegnazione e quindi il riutilizzo sociale.
Il tutto con le disponibilità dei sindaci e dei presidenti della Provincia, che con associazioni e cooperative parteciperanno alle attività  di questi nuclei speciali ad hoc. Si tratta di una circolare inviata a tutte le Prefetture, il cui ruolo di monitoraggio e affiancamento nella fase di gestione dei beni fino all’ uso sociale è  da sempre stato fondamentale. Esse sono state adesso chiamate ad istituire al loro interno un nucleo di supporto dedicato, come da previsione normativa (legge 50 del 2010) che istituì la stessa agenzia, affinchè i patrimoni illecitamente accumulati, 50 mila beni per un valore di 20 miliardi di euro negli ultimi tre anni, e in gestione allo Stato non vadano dispersi ma invece resi disponibili e liberi da criticità.
Si tratta di criticità di varia natura, derivanti dalla complessa esecuzione di decisioni giurisdizionali, dalla pendenza di un contenzioso, spesso imponente, promosso dai destinatari dei provvedimenti di prevenzione, o ancora da consistenti ipoteche, per le quali occorre esplorare la possibilità di arrivare, caso per caso, a forme di transazione con le banche concedenti finanziamenti, fermo restando l’accertamento preventivo della buona fede. E mentre le maglie della burocrazia imperano, lo stato di abbandono e di degrado si impossessa di questi immobili. In ragione di tutto ciò, appesantito e rallentato tutto il meccanismo, il rischio di dispersione e abbandono è al momento concreto e attuale nel nostro paese e specie nella nostra regione dove insistono oltre 1500 beni confiscati.
“Le risorse provenienti dal contrasto ai patrimoni mafiosi – ha spiegato il ministro dell’Interno Roberto Maroni – diventano essenziali per potenziare l’attività delle forze dell’ordine stesse e della magistratura e l’utilizzazione dei patrimoni medesimi per finalità  istituzionali e sociali costituisce un elemento anche fortemente simbolico della presenza dello Stato al fianco dei cittadini, al fine di garantire condizioni di sicurezza e di legalità”. Ribadita altresì  l’intenzione di istituire delle sedi secondarie dell’organismo nel territorio nazionale che, in virtù di questo nuclei di supporto, opereranno affiancate dalle prefetture al fine di individuare eventuali situazioni di degrado, di abbandono, di utilizzo distorto o comunque inadeguato dei beni medesimi, oltre che fenomeni intollerabili come il loro perdurante utilizzo, diretto o indiretto, da parte degli stessi soggetti criminali ai quali erano stati confiscati.
Di sette milioni di euro i beni confiscati tra Ricadi (VV) e Paola (CS) dalla Dia catanzarese e di cinque milioni di euro il valore dei beni sequestrati dai finanzieri del Comando provinciale di Vibo Valentia ad Ettore Tassi, 52 anni, di Ricadi, ritenuto un prestanome della cosca di ‘ndrangheta dei Pesce di Rosarno (Reggio Calabria). Questi gli ultimi provvedimenti eseguiti in Calabria, che danno la misura dell’incremento costante del numero dei beni. In particolare su disposizione della Procura di Vibo, le fiamme gialle hanno messo i sigilli ad un terreno edificabile situato a Mileto, appunto, nel vibonese e sottratto al prestanome Tassi. Il provvedimento, adottato in via d’urgenza, poiché Tassi, sorvegliato speciale di ps, avendo donato il terreno alla figlia, avrebbe secondo gli inquirenti posto in essere il tentativo di sottrarre fraudolentemente beni nella propria disponibilita’ ad eventuali provvedimenti di sequestro. I redditi di Tassi sono da tempo oggetto di indagini patrimoniali e già lo scorso aprile erano stati sequestrati beni per quattro milioni e mezzo di euro tra i quali un bar, una villa al mare ed un’automobile di lusso.
Cresce dunque il numero dei beni sequestrati e nella gestione dello Stato e la questione riutilizzo sociale cui vengono incontro i recenti nuclei di supporto annunciati da Maroni nei giorni scorsi, va di pari passo con quella relativa alla sicurezza dei beni cui Maroni in visita a Reggio non ha rilasciato dichiarazioni. Proprio Rosarno, nelle scorse settimane infatti è stata teatro di atti di danneggiamento che ignoti avrebbero posto in essere su due villette oggetto di confisca del clan Bellocco. Avrebbero dovuto tornare nella disponibilità dello Stato e invece sono misteriosamente divenute inservibili. Appartenute a due importanti esponenti della ‘ndrina rosarnese’, Giuseppe Bellocco condannato all’ergastolo con sentenza passata ormai in giudicato, e Carmelo, arrestato nell’operazione ‘Vento del Nord’, le due ville, site in via Matteotti, la strada del rione San Leonardo, posta sulla statale 18, hanno riportato ingenti danni. Non sono state risparmiate neanche le palme, letteralmente sradicate.
Le due villette erano state confiscate al clan dei Bellocco nel 2008 a seguito delle condanne definitive scaturite dall’operazione “Porto” con cui la Dda che portò alla luce la maxi tangente che le cosche del comprensorio avevano estorto a Mct per la movimentazione di ogni container all’interno dello scalo gioiese. Beni, dunque, definitivamente confiscati nel 2008 ma la cui decisione di sgombero è stata assunta il 6 giugno scorso quando l’agenzia per i beni confiscati di Reggio aveva dato il via libera per la ri – destinazione a fini sociali. Lo sgombero fu portato a termine ad opera del commissariato di Gioia Tauro, guidati dal dirigente Francesco Rattà, lo scorso 26 giugno, proprio qualche giorno prima rispetto al danneggiamento. Sul fatto è stata avviata un’inchiesta dalla procura reggina.
Intanto la questione sicurezza dei beni rimane e la circolare per l’istituzione nelle Prefetture dei nuclei di supporto all’Agenzia dei beni confiscati potrebbe costituire uno strumento per una adeguata risposta. 
* www.reggiotv.it

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